Rossomori, un modello per il Partito democratico sardo

Più idee, meno cemento e più partecipazione.

Queste, in estrema sintesi le proposte del Partito dei Rossomori, esposte in un convegno a La Maddalena, all’hotel Excelsior, sabato scorso

Bisogna avere il coraggio di ammettere che un modello di turismo fatto di seconde case non esiste più, dice Gesuino Muledda, presidente dei Rossomori, e che le strutture del G8 non hanno un futuro. Bisogna puntare alla riqualificazione dei borghi, alla destagionalizzazione e alla formazione per creare economia.

Non solo sono completamente d’accordo sui contenuti, ma credo che nella forma il messaggio indipendentista e sovranista rossomoro sia salvifico, se declinato alla dimensione della mia isola, bella e dannata. Lei, condannata dalla sua stessa bellezza ad essere da sempre “isola degli altri” e noi isolani sempre più abituati a farci scegliere, di volta in volta da stelle e strisce o da imprenditori 5stelle, e sempre più disabituati a scegliere.

Un modello di sviluppo siffatto è poi doppiamente utile, sul piano economico, e anche politico-sociale, perché pretende dalla politica aggregazione, partecipazione, quella “raccolta di idee” che i Rossomori vanno promuovendo per la Sardegna in incontri aperti, come sabato a La Maddalena, l’indomani a S. Teresa, un mese fa ad Arzachena e prima ancora a Nuoro, dove la voglia dei cittadini di partecipare è stata resa evidente dalla difficoltà a concludere gli incontri nei tempi previsti.

E questo è invece l’aspetto in cui più si avverte l’apnea politica dei grandi partiti. Se è chiaro a tutti che passerelle di politici e incontri aggreganti in cui si ascolta e si fa sintesi sono due cose completamente diverse. I secondi sono utili alle comunità, le prime solo ai primi. I secondi sono difficili da gestire, le prime facilissime, basta un microfono e qualche politico in campagna elettorale.

Ecco, forse serve alla sinistra sarda un partito che smetta di fare politica contro qualcuno, ma per un progetto davvero condiviso, in cui si discuta di più e si spartisca meno. Di tutto, delle provinciali e amministrative, della questione morale, dell’ambiente, di Sardegna e del terzo mondo, della scuola, di aborto, di eutanasia. In ogni città, non per un solo giorno, ma per mesi, dei forum aperti ai cittadini su questi temi. La gente verrà. Prima di duellare col nemico, e ce ne sarà l’occasione, bisogna ricominciare a essere vicini e lavorare insieme, non basta più commentare insieme la televisione e i giornali il giorno dopo.

E serve un partito unito. Ma a differenza di molti, non ritengo che l’unità si raggiunga con gli accordi negli “alibi”, con le spartizioni, piuttosto che la si costruisca con il lavoro comune, insomma le vicinanze si creano, non sono fusioni a freddo, quelli sono matrimoni d’interesse destinati a diventare divorzi alla prima difficoltà.

Rossomori forse può assumersi questo compito, di agevolare cioè la nascita di un partito della sinistra sarda e anche la nascita, finalmente, del Partito democratico. E’ ora più che mai necessario costruire le basi, seppur in ritardo rispetto alla Storia, perché in Sardegna si celebri una fase costituente che ponga al centro della questione la nascita del Partito Sardo della Sinistra.

Perciò non solo non è giusto, ma non è neanche più tempo, di politiche opportunistiche, che, se persevereranno, ci condanneranno ad un’eterna sudditanza come quella che ha consentito al Partito sardo d’azione di governare fino a ieri con il Pdl di Cappellacci.

Sembra a prima vista un gioco dal sapore dionisiaco quello di trovare fuori dal Partito democratico lo spirito più autentico dello stesso, ma per molti aspetti Rossomori incarna ciò che molti democratici vorrebbero, cioè un partito autonomista di sinistra.

Insomma, con plagio palese, che in politica è sintomo di intesa, farei del progetto dei Rossomori una mozione congressuale del Pd.

Marina Spinetti

 

 

 

 

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