Quel 25 aprile di 73 anni fa. Quando la Storia ricominciò da zero

Sono tanti gli anni trascorsi da quel 25 aprile. Sono tanti davvero se il tempo trascorso da allora appare lunghissimo persino a uno come me, nato nel 1918. Questo solo dovrebbe essere sufficiente a chiarire il mio punto di vista: sono un vecchio sardo quasi centenario – il mio compleanno è il 15 novembre – che non ha mai smesso di riflettere su quel che ha visto quando era un giovane uomo. E non ha mai smesso di ricordare.

Quel 25 aprile di 73 anni fa avevo 26 anni. All’inizio del mese, in seguito all’avanzata degli angloamericani, i tedeschi avevano evacuato il campo di Hersbruck dove ero recluso dal settembre dell’anno prima, e ci avevano fatto marciare verso la Baviera meridionale. Le chiamavano “marce della morte”. Ero riuscito a fuggire assieme a un deportato francese e avevo continuato a marciare fino a Hohenfels. Là le forze mi avevano abbandonato davanti al recinto di un altro campo lasciato incustodito dai tedeschi. Ero stato curato e nutrito dai prigionieri e avevo avuto salva la vita.

Questa era la mia condizione quel 25 aprile: recluso a Regensburg (Ratisbona per noi italiani) per il periodo di quarantena che gli americani avevano ‘prescritto’ per tutti gli ex deportati. Tutto era cambiato all’improvviso: gli alleati erano diventati i nostri padroni e dovevo ancora restare in Germania ad attendere il rimpatrio. Era una condizione dolorosa, benché fossi quasi assuefatto alle umiliazioni teutoniche.
Condividevo l’attesa con una ventina di altri ex prigionieri italiani, tutti ex militari, mentre io ero considerato “speciale” perché non ero finito nelle mani dei tedeschi come prigioniero di guerra, ma come deportato per motivi politici. Ci arrangiavamo come potevamo. Il nostro luogo d’incontro era attorno a una radio dalla quale ogni giorno apprendevamo nuove notizie su quel che stava succedendo in Italia. Ci commovemmo quando, esattamente 73 anni fa, ci raggiunse la notizia della Liberazione. Ci parve di sognare quando, tre giorni dopo, venimmo a sapere di quei corpi appesi a Piazzale Loreto e della fine dei nostri aguzzini della Repubblica di Salò.

Ma fu un sogno senza gioia. Il sogno vero era essere diversi da loro, essere giusti, distinguerci da quelli che ci avevano umiliato e torturato. Ma anziché giustizia si era fatta vendetta. Non era quello che volevo. Volevo un risarcimento, questo sì, ma fondato sull’affermazione dei valori ai quali avevo sempre creduto.

Però era quella la storia che ci era toccata. E la storia non coincide quasi mai con i sogni di quanti la vivono: la storia è storia, il passato è passato. Lo sarà sempre. E dopo tanti anni resta una domanda senza risposta: qual è la storia “vera”, quella che abbiamo vissuto o quella che avremmo desiderato?

Vittore Bocchetta

(Nella foto un gruppo di ex deportati a Regensburg. Vittore Bocchettaè il giovane con gli occhiali al centro)

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share