Quando Cossiga spiegò perché il deposito delle scorie in Sardegna è una follia

Suggeriamo caldamente al premier Matteo Renzi e al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti la visione di questo breve video dove nel 2003 Francesco Cossiga commentava l’ipotesi della collocazione in Sardegna del deposito nazionale delle scorie nucleari e si diceva pronto a impugnare le armi per impedire una simile sciagura.

Certo, Cossiga amava le battute a effetto. Ma era anche un un vero esperto, di intelligence e di ordine pubblico. E spesso usava il paradosso per dire cose tremendamente serie. Che si fondavano, oltre che sulla sua scienza personale, anche sul costante rapporto con i servizi di informazione e di sicurezza, il fil rouge di tutta la sua lunghissima storia politica. Da quando, nemmeno trentenne, ebbe l’incarico di apporre i famosi omissis nei documenti del Piano Solo, agli anni di piombo che visse da ministro dell’Interno, al sequestro Moro, al caso Gladio.

Un vero peccato che Cossiga non ci sia più. Perché troverebbe le parole migliori per spiegare il motivo fondamentale per cui ubicare in Sardegna il deposito delle scorie nucleari è impossibile. Un motivo che prescinde dalle argomentazioni tecniche e scientifiche: le precede e le rende per certi aspetti superflue. La ragione è semplicemente che una scelta del genere provocherebbe conseguenze gravissime, fino a mettere in discussione l’unità del Paese.

In assenza di Cossiga, guardiamo questo video. Lo facciano Renzi e Galletti. Lo faccia il sottosegretario Marco Minniti, ci ragionino attentamente i responsabili dei Servizi e in particolare il direttore dell’Aisi, generale Arturo Esposito. Chieda agli uffici i dossier sulla Sardegna (ce n’è una vagonata) e in particolare quelli relativi alle svariate “minacce indipendentiste” che si sono accumulati fin dagli anni Sessanta, in una serie di interessate forzature e di autentici abbagli  che però si fondavano su un dato reale e strutturale: l’isolamento, la presenza di una cultura autonoma fortemente connotata, la costante presenza nel dibattito politico dell’idea indipendentista, un sentimento di diffuso risentimento verso lo Stato centrale. Tutto questo aggravato – in varie fasi storiche, e nell’attuale in modo particolare – da un quadro economico drammatico.

Per farsi un’idea, in attesa della selezione dei dossier, il premier e i suoi collaboratori possono fare una semplice ricerca su Google usando come chiavi di ricerca le parole: “Sardegna – spazzatura – assalto”. Troveranno decine di articoli che raccontano quel che accadde nel gennaio del 2008 quando fu presa d’assalto l’abitazione privata dell’allora governatore Renato Soru colpevole di aver dato la disponibilità a bruciare in Sardegna una piccola quantità di rifiuti per dare una mano alla città di Napoli che ne era sommersa. Quella vicenda va studiata con attenzione perché dimostra la potente “forza mobilitante” del tema. Si trattava di spazzatura ordinaria, non di scorie nucleari, da portare da noi per essere incenerita in pochissimo tempo. Eppure su quella vicenda banale il centrodestra, col potente aiuto del quotidiano locale che diffuse dati falsi ingigantendo la quantità di rifiuti, fu in grado di coinvolgere decine di scalmanati che, per una notte, passarono dalle file degli ultras del Cagliari a quelle del fascio-ambientalismo violento.

In questo caso non si è davanti a un po’ di spazzatura e all’irresponsabilità di un gruppetto di esponenti politici, ma davanti a una parola – “nucleare” – che evoca scenari sinistri. E a un’intera classe politica – destra, centro e sinistra – che si schiererebbe compatta per il no. Ne sarebbe obbligata.

Non sappiamo se in queste settimane e in questi mesi il governo abbia tentato qualche approccio con la giunta o con singoli esponenti politici per sondare il terreno. E magari per spiegare che l’eventuale deposito sardo non solo sarebbe sicuro al cento per cento ma, attraverso un sistema di indennizzi, porterebbe risorse aggiuntive alle popolazioni più direttamente interessate. Ma se questo è avvenuto siamo certi che la risposta è stata chiara. Perché non ce n’è altra. Qua il problema non è la sicurezza, ci mancherebbe altro. Il problema è che se anche qualche esponente politico si convincesse che tutto sommato si può dire sì al deposito delle scorie, quel convincimento non potrebbe che restare nella sua sfera interiore. Perché è un argomento improponibile. Una proposta ingestibile. Farla propria determinerebbe la fine istantanea di intere carriere politiche e anche di interi partiti. E comunque il deposito, alla fine, non potrebbe essere realizzato. A meno di non utilizzare la forza militare. E cioè innescare un conflitto violento tra la popolazione sarda e lo Stato italiano, con le prevedibili conseguenze sull’assetto istituzionale. Che poi è esattamente quanto Cossiga, col suo fare scherzoso, diceva nel 2003.

G.M.B.

(Video realizzato da Vincenzo Rodi. Intervista di Antonello Lai)

 

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