Otto mesi di notizie senza censure. Ecco come

Sardinia Post in pochi mesi (siamo on line dal primo ottobre del 2012) ha conquistato un posto di rilievo nell’informazione isolana. E’ venuto il momento dei ringraziamenti a quanti hanno reso possibile l’avvio di questa impresa editoriale in una situazione molto difficile, una situazione di sostanziale duopolio – anche e soprattutto nella spartizione della pubblicità istituzionale – che condiziona, fino alla paralisi, il mondo politico ed economico isolano.

Qualunque iniziativa, anche editoriale, richiede risorse economiche. E, nel campo dell’on line, esse arrivano in modo pressoché esclusivo della pubblicità, Così, quando abbiamo pensato di realizzare un quotidiano regionale, abbiamo bussato a molte porte del mondo imprenditoriale sardo. Cercavamo contratti pubblicitari che ci consentissero di partire con tranquillità e di avere davanti a noi il tempo necessario per il consolidamento. Abbiamo trovato tutte le porte chiuse. Constatando che non c’è sostegno se non c’è ‘appartenenza’ e cioè la possibilità di garantire un ritorno di protezione politica.

E’ una regola generale, ma nell’Isola funziona in modo così ferreo che fai fatica ad distinguere la maggioranza e l’opposizione. La politica sembra riuscire a concepire solo il giornalismo asservito e il mondo imprenditoriale si adegua. Eravamo sul punto di rinunciare all’impresa quando, fuori dalla Sardegna, abbiamo incontrato un interlocutore che ci ha ascoltato: si chiama Vincenzo Onorato ed è una personalità nota anche nell’Isola perché è il proprietario della Moby ed è azionista di maggioranza della Tirrenia.

Naturalmente ci siamo posti il problema di avere un editore che gestisce un settore fondamentale per l’economia sarda. Un settore al centro di polemiche continue per via dell’alto costo dei trasporti che incide pesantemente su altri settori economici importanti, quali il turismo.

Abbiamo avuto una lunga interlocuzione che si è conclusa positivamente con questo messaggio di Vincenzo Onorato: “Desidero sostenere una voce alternativa in Sardegna. Senza chiedere nulla, senza porre condizioni. Se non questa: il direttore e la redazione devono essere totalmente liberi. Devono affrontare senza censure alcun argomento nel rispetto della verità sostanziale dei fatti. Devono poter esercitare il diritto di cronaca e di critica e devono poter anche “parlare male” di chiunque, quando ritengono che sia il caso. Quando dico “chiunque” mi riferisco anche al sottoscritto”.

Non crediamo che molte altre testate possano rendere pubblico un impegno di questo genere. Impegno che noi in questi mesi abbiamo rispettato pubblicando sistematicamente, senza edulcoramenti o censure, tutte le notizie relative a Tirrenia e a Moby, ovviamente compresi gli attacchi più duri provenienti da esponenti politici isolani.

In Italia sono pochissime le testate giornalistiche di proprietà di ‘editori puri’, che cioè non hanno interessi in settori economici diversi dall’editoria. In Sardegna i due quotidiani non fanno eccezione, quindi siamo in buona e vasta compagnia. L’autonomia delle testate è garantita dai giornalisti, dalla loro storia professionale. Dalla capacità di decidere, se la loro autonomia viene compressa, di prenderne atto e, senza piegarsi, abbandonare il campo spiegando ai lettori le ragioni del gesto. O, a volte, anche di farsi carico personalmente – con rinunce e rischi economici enormi – dell’impresa editoriale. Magari fidandosi, fino all’ingenuità, della parola ricevuta. L’unico patrimonio di un giornalista è la credibilità personale.

Un giornalista è prima di tutto un uomo, un cittadino, che più di altri – perché le parole sono la sua materia prima – ha il dovere di mantenere la parola data. Chi scrive due anni fa ha preso l’impegno di contribuire a dare alla Sardegna una voce nuova e libera. Altri non hanno rispettato la parola. Se ne sono assunti la responsabilità politica e morale. I conti alla fine tornano sempre.

Riteniamo che aver trovato sostegno in un imprenditore non sardo, anche se legato alla Sardegna da una lunga storia familiare e imprenditoriale, sintetizzi bene la situazione della nostra Regione. Una voce libera, estranea agli schieramenti politici, capace di segnalare sia gli sprechi del governo regionale di centrodestra, sia quelli di amministrazioni provinciali di centrosinistra, e le inchieste giudiziarie a carico di chiunque ricopra una carica pubblica, non è gradita.

Come abbiamo più volte segnalato invano, da anni si susseguono le proposte di regolamentazione della pubblicità istituzionale. Da oltre un anno giace, negli uffici della Regione, un disegno di legge che – senza alcun onere aggiuntivo, ma semplicemente riordinando le risorse esistenti – consentirebbe l’avvio di nuove iniziative editoriali. Senza obbligare i giornalisti a lavorare in uno stato perenne di precarietà. Una situazione che colpisce in modo crescente il mondo dell’informazione, anche le testate storiche.

Ma perché un imprenditore può decidere di sostenere una iniziativa editoriale senza porre alcuna condizione? Per un’operazione di immagine? Sappiamo che questa sarà la prima obiezione. Bene, siamo convinti che se le ‘operazioni di immagine’ fossero tutte di questa natura, l’informazione sarebbe più ricca e libera. Ma a noi, che abbiamo conosciuto l’uomo, piace pensare che le motivazioni siano anche altre. Semplici. Il desiderio, avendone le possibilità, di dare un contributo al pluralismo, facendosi carico anche dei rischi che questo comporta. I principali organi d’informazione d’altra parte sono nati da questo: dall’incontro tra i professionisti dell’informazione e il mondo imprenditoriale. Da patti chiari e rispetto reciproco.

Sono nati anche dalla capacità di procedere a piccoli passi. E’ quanto ha fatto Sardinia Post, contenendo le retribuzioni, destinando le risorse alla promozione e all’innovazione. Un piccolo budget gestito in modo virtuoso è una ulteriore garanzia di autonomia. Che sta cominciando a dare i primi risultati. Perché qualcosa, nell’imprenditoria isolana, si sta muovendo. E cominciamo ad arrivare nuove risorse.

Sono passati otto mesi. La presenza dell’editore è stata esplicita fin dal principio, se non altro per i banner pubblicitari presenti nel sito, ed è nota ai nostri principali collaboratori. Siamo orgogliosi di poter dire che in questi otto mesi non ci è stato rivolto dai lettori alcun rilievo sul trattamento delle notizie relative alla questione dei trasporti. E di non aver ricevuto alcuna richiesta dall’editore.

Le cose rare a volte succedono. Ma è venuto il momento dei ringraziamenti, dicevamo all’inizio. Grazie dunque a tutti i collaboratori che in questi mesi hanno arricchito le nostre pagine con le loro analisi e i loro interventi. Anche loro spesso sottraendosi alle pressioni, se non ai ricatti, di chi ancora ritiene che l’intellettuale debba essere il ‘pifferario della rivoluzione’. Tra l’altro senza nemmeno farla, la rivoluzione.

Grazie, infine, a tutti voi lettori. Lo diciamo senza retorica: siete voi i nostri unici e veri controllori. Non dateci tregua. Non consentici di rilassarci. Non vi tradiremo. E se ci renderemo conto che qualcosa metterà a rischio la nostra autonomia, sapremo andarcene.

Giovanni Maria Bellu

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