Le nomine degli staff: la trasparenza è un obbligo di legge

Da qualche giorno Sardinia Post ospita un appello di un esponente politico, il quale richiede che il Presidente Pigliaru “renda pubblici i criteri e i curricula” relativi alle nomine dello staff della Giunta. Ci si appella alla “giusta trasparenza di cui si giova ogni sana amministrazione”, e si sottolinea come sul sito della Regione non si trovi indicazione né della composizione, né dei curricula relativi ai componenti lo staff stesso. E il testo si conclude appunto con la richiesta di rendere palesi le nomine fatte, mediante pubblicazione sul sito.

Questa richiesta, però, non sembra tenere conto del fatto che l’indicazione delle nomine, la pubblicazione dei curricula, e le somme percepite sia, da poco più di un anno, un obbligo di legge, addirittura (per i consulenti esterni) condizione di efficacia della nomina.
Esiste infatti il “Decreto trasparenza” (d.lgs 33/2013), del quale mi ero già occupato anche per Sardinia Post, quando avevo parlato dell’istituto dell’accesso civico .

La norma prevede che i siti delle pubbliche amministrazioni abbiano una sezione “amministrazione trasparente” (questa ovviamente, presente sul sito della Regione), in cui vanno indicate, tra l’altro, una serie di informazioni dettagliate in ordine ai titolari di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti, nonché di collaborazione o consulenza (ipotesi nella quale rientrano la grande maggioranza dei contratti relativi allo staff della giunta, di nomina “politica”).

In particolare, vanno pubblicati gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il curriculum vitae, i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali e i compensi, comunque denominati. Tale pubblicazione va fatta entro tre mesi dal conferimento dell’incarico ed per i successivi tre anni.

Addirittura, nel caso di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, o di collaborazione o di consulenza, la pubblicazione nella sezione amministrazione trasparente è condizione per l’efficacia dell’atto e per la liquidazione dei compensi. Non solo: se i compensi dovessero essere liquidati senza pubblicazione, il pagamento del corrispettivo è fonte di responsabilità per il dirigente che l’ha disposto, e comporta anche una sanzione pari alla somma corrisposta.

Non basta: altre norme prevedono la pubblicazione dei dati relativi al personale con rapporto di lavoro non a tempo indeterminato ivi compreso il personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico e, infine, l’elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti pubblici.

Insomma, non si tratta di una benevola concessione, ma di un vero e proprio obbligo, il cui inadempimento -soprattutto per quanto riguarda incarichi dirigenziali e consulenti esterni – ha pesanti conseguenze. E, tra l’altro, proprio per “costringere” le pubbliche amministrazioni a effettuare le pubblicazioni obbligatorie, sempre il decreto trasparenza ha introdotto il nuovo istituto dell’accesso civico, di cui ho parlato anche recentemente assieme al collega Francesco Paolo Micozzi in Sardegna, per il Cagliari Open data Day, e a Firenze, in occasione delle due ultime edizioni di “Eprivacy”, punto di riferimento italiano in tema di privacy e nuove tecnologie. L’accesso civico consiste nella possibilità di chiunque (senza dover essere portatore di interesse) di richiedere la pubblicazione dei documenti dati e informazioni “mancanti” dai siti delle Pubbliche Amministrazioni, quando appunto la pubblicazione sia obbligatoria.

L’istanza di accesso civico è gratuita, e non deve neanche essere motivata: è uno strumento potentissimo per pretendere e ottenere trasparenza non nel senso tradizionale, ma nella nuova accezione di “accessibilità totale” delle informazioni. Non basta: i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria (o pubblicati a seguito delle istanze di accesso civico) sono liberamente riutilizzabili (con alcuni limiti), devono essere pubblicati in un formato aperto, e devono essere anche indicizzabili dai comuni motori di ricerca come Google.

La trasparenza non è quindi un optional, o una benevola concessione, ma un vero e proprio obbligo, e chiunque può pretendere e ottenere la pubblicazione dei contenuti previsti appunto dal “decreto trasparenza”.

Giovanni Battista Gallus

(Presidente del Circolo dei giuristi telematici)

@gbgallus on Twitter

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