Vittore Bocchetta: “Ma il fascismo del nepotismo e della corruzione non è stato sconfitto”

 

Oggi è il 70° anniversario della Liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo. Sardinia Post ha pensato di chiedere a Vittore Bocchetta – classe 1918 – di ricordare l’evento con un suo scritto. Ci ha inviato questo e, dopo averlo letto, abbiamo deciso di pubblicarlo nella posizione di maggior evidenza nella nostra homepage. Bocchetta infatti non “celebra”, non “rievoca”, anche se avrebbe moltissime cose da raccontare di quegli anni che visse in prima linea, affrontando le prove più dure, sopravvivendo al lager di Hersbruck. Bocchetta conserva, settant’anni dopo, lo spirito e anche la rabbia di quel giovane uomo che il 25 aprile del 1945 credette che davvero stesse cominciando una nuova fase della storia. E che, invece, ha via via scoperto che l’humus nel quale si era formato il fascismo non affatto scomparso con la sua sconfitta. Chi volesse saperne di più, può andare a leggere gli altri interventi che Vittore Bocchetta ha realizzato per Sardinia Post e pubblicato nella sua rubrica Testimone del nostro tempo. Intanto vale davvero la pena di leggere questo.

Dopo tanti anni festeggiare ancora il 25 aprile?  Più che una domanda retorica è una tesi storica, anzi è ancora meno: è la premessa di una discussione destinata a lasciare il tempo che trova. Gli obiettivi e gli ideali di quella Resistenza, la nostra Resistenza non solo non sono stati raggiunti e difesi, ma è anche rimasto un immenso spazio vuoto laddove un tempo c’erano le nostre speranze.  Noi, i ribelli, noi che affrontammo la tirannia fascista e il terrore nazista, non abbiamo potuto firmare un trattato di pace. Non ci è stato concesso.

Così ci sentiamo, dopo settant’anni, ancora in stato di tregua. Non solo non abbiamo mai veramente vinto ma siamo rimasti incerti e inermi a difendere barricate invisibili ed obsolete. E oggi è come se fossimo incapaci non solo di renderci conto che il tempo ci è passato sopra, ma che la vittoria sul fascismo è stata un’illusione. Non mi riferisco a quella sul fascismo della camicia nera,  dell’olio di ricino,  del manganello e del saluto romano. Il vero fascismo è stato ben altro. Il vero fascismo è quello che è rimasto tale e quale rispetto ad allora: il fascismo  del nepotismo, del peculato, della corruzione, del malcostume e quello, eterno, delle blandizie cortigiane.

Al calar del sole di quel 25 aprile, la specie dei rospi si unì con quella delle pantegane e ne uscì un ibrido virulento che riempie costantemente ogni vuoto e intasa tutte le condutture morali ed economiche della nostra vita. Ed è andata avanti così per settant’anni,: ogni 25 aprile ci è stato concesso di cantare Bella ciao e di ricordare, distrattamente, i nostri amici ribelli morti.

Allora? “Italia mia benché il parlar sia indarno …”, noi vogliamo, nonostante tutto, fare il meglio che possiamo per difendere questa nostra democrazia così come è diventata. Anche a costo –  visto che, come ho detto, ci consideriamo in uno stato di tregua – di abbassare un po’ la guardia. Infatti questa mia lamentela – che oggi può pretendere una risposta, che può essere discussa – prima di quel 25 aprile non solo sarebbe stata censurata, ma mi avrebbe portato al carcere e alla morte. E questo è moltissimo, è una differenza immensa. Conviviamo dunque, tolleranti, con quel che resta del fascismo. Tolleranti perché memori di quel longevissimo fascismo della nostra giovinezza,

Vittore Bocchetta

 

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