Lo sgomento di Cappellacci. E quello dei sardi

Il tempo (meteorologico) flagella la Sardegna lo stesso giorno in cui il tempo (cronologico) porta a compimento la fase istruttoria dell’inchiesta sulla P3 col rinvio a giudizio del governatore Cappellacci per la nomina, nel 2009, del nuovo direttore dell’Arpas, l’Agenzia regionale per l’ambiente. Una coincidenza simbolicamente agghiacciante.

Perché l’Arpas non è una qualunque agenzia della Regione. Ma è – come si legge nel suo sito istituzionale – “l’organo tecnico che supporta le autorità competenti in materia di programmazione, autorizzazione e sanzioni in campo ambientale, a tutti i livelli di governo del territorio”.

Il monitoraggio dell’assetto idrogeologico è tra i suoi compiti. E’ ancora in rete la brochure di uno dei tanti convegni sull’argomento ai quali l’Arpas ha portato il suo contributo. Si tenne il 3 e il 4 maggio dell’anno scorso a Gairo. Titolo generale: “L’avversità meteo-idrologica, riflessioni tra passato e presente”. Titolo dell’ultima sessione dei lavori: “Gli eventi alluvionali e le conseguenze sul territorio”.

Dunque nel 2009, la giunta guidata da Cappellacci nomina Ignazio Farris alla guida dell’Arpas. L’ipotesi della procura di Roma è che quella nomina fosse stata fatta perché era funzionale ai progetti di un gruppo politico-affaristico, la cosiddetta loggia P3, che aveva fiutato l’affare dell’eolico e delle bonifiche nel Sulcis. Era necessario non trovare ostacoli nella Regione ed ecco, secondo l’accusa, la nomina alla guida dell’Arpas di un uomo di fiducia di Flavio Carboni, il capo dell’organizzazione.

Farris restò in carica per circa un anno. L’incarico gli fu revocato nell’estate del 2010, dopo l’esplosione dello scandalo P3 e anche dopo la “svolta ambientalista” del governatore il quale, fin dal marzo del 2010, aveva emanato una delibera che bloccava del tutto i progetti di sviluppo delle energie alternative. Con lo scopo, secondo la procura di Roma, di prendere tardivamente le distanze dallo tsunami giudiziario che stava per scatenarsi.

Naturalmente non si vuole qua sostenere l’esistenza di una relazione diretta tra la tragedia in atto e la vicenda giudiziaria (che è ancora in corso potrebbe anche concludersi positivamente per Cappellacci). Ma solo rilevare che questa casuale combinazione tra tempo-clima e tempo-giustizia sottolinea la distanza siderale tra la gravità dei problemi e la qualità di chi ci governa. Che sia stata o meno “abuso d’ufficio”, quella nomina fu determinata dalle pressioni di Carboni (che, infatti, Farris ringraziò caldamente in una telefonata intercettata) e non da ponderate valutazioni attorno al ruolo e ai compiti dell’Arpas. Come se uno scegliesse l’estintore da tenere in azienda non sulla base della sua efficienza perché è di un colore gradito alla fidanzata. Succede molto spesso nelle nomine regionali.  Basti ricordare la designazione (anch’essa poi  revocata sull’onda dell’indignazione) di un giovane totalmente incompetente, ma compagno di partito e di corrente, alla guida della Carbosulcis.

L’emergenza è doppia. Ambientale e di governo. Diciamo non a caso “di governo” anziché “politica”. Perché il problema viene molto prima delle divisioni tra partiti e coalizioni, tra centrodestra e centrosinistra. Qua siamo davanti a un caso gravissimo di inadeguatezza tecnica. E anche umana. Come si può utilizzare a fini (quantomeno) clientelari un’agenzia strategica per la difesa del territorio e poi andare a piangere le vittime di un disastro del territorio? Come si può fare un gesto del genere senza provare vergogna?Cappellacci deve andarsene, per il bene di tutti. Anche del suo partito, comunque esso oggi si chiami.

G.M.B.

 

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