La tragedia di un’Isola e il silenzio della politica

La Sardegna vive una crisi drammatica, una crisi strutturale, una crisi di sistema. Una crisi che produce una povertà diffusa, figlia di istituzioni deboli, di una politica debole. La Sardegna è oggi un insieme di disoccupazione, specie giovanile; bassi tassi di scolarizzazione e alti indici di dispersione scolastica; una spesa per ricerca ed innovazione irrisoria.

La Sardegna è oramai un deserto produttivo che lascia dietro di sé il mondo delle campagne desolatamente vuoto, vecchi impianti industriali arrugginiti che presto diventeranno oggetti di archeologia industriale. La Sardegna è oggi un impasto di terra, acqua e aria, avvelenato dalla stupidità dell’uomo e dal ricatto che, per decenni, ha contrapposto il diritto al lavoro, al diritto alla salute e ad un ambiente salubre: posti di lavoro in cambio della libertà di inquinare.

La Sardegna è oggi spopolamento, bassa natalità, elevata incidenza della popolazione anziana: un’isola di vecchi. Un luogo che rischia di diventare una sorta di Florida mediterranea: dove sempre più gli anziani di mezza Europa verranno a svernare. La Sardegna è oggi una regione che vive di spesa pubblica, sopratutto di parte corrente. Una Regione appesantita da una Pubblica amministrazione costosa, pletorica, inefficiente, dove non si sa come vengono spesi i soldi pubblici, perché non si è mai dotata di uno strumento indispensabile: la “clausola valutativa”, che costringe a misurare gli effetti delle politiche pubbliche e ad evidenziare la spesa improduttiva e clientelare.

La Sardegna è oggi una Regione che ha una bassa “qualità istituzionale”: un indice che misura il livello di corruzione, l’efficacia e l’affidabilità del governo, l’efficienza e l’economicità della Pubblica amministrazione. La Sardegna vive una crisi etica e morale: la gran parte dei gruppi consiliari presenti nell’Assemblea regionale sono indagati per peculato, il Presidente della Regione indagato per abuso d’ufficio, l’assessore regionale dell’Ambiente condannato in primo grado a due anni di reclusione, l’assessore regionale degli Affari generali e quello dell’Agricoltura rinviati a giudizio per peculato, amministratori comunali, sindaci, Presidenti di Provincia indagati o condannati, direttori generali di Asl che pur rinviati a giudizio continuano a fare bottega per conto del proprio padrino politico. Un degrado dell’etica pubblica che denota un inaccettabile disprezzo delle istituzioni.

Quello che sconcerta, di fronte a tutto questo è il silenzio della Politica. La Politica intesa come strumento per interpretare i bisogni e le aspirazioni dei cittadini e di tradurli in azioni concrete; come mezzo per capire i processi politici e culturali che si agitano all’interno della società sarda, di coglierne le novità. La Politica concepita come capacità di scegliere tra opzioni e progetti diversi, come mezzo per mediare tra interessi contrastanti, come strumento per armonizzare l’elaborazione teorica con l’attuazione pratica.

E’ imbarazzante, quando mancano poco meno di cinque mesi all’appuntamento con le elezioni regionali, fare un raffronto con lo stesso periodo che precedette quelle del 2004. Il Progetto di Renato Soru, la figura stessa del candidato alla Presidenza della Regione – estranea al paludato mondo dei partiti – interpretavano una diffusa voglia di cambiamento, un’aspirazione profonda di larghi strati della società sarda a modificare in profondità la realtà politica, economica, sociale, culturale ed istituzionale della Sardegna.

Quel Progetto, quell’idea precisa di Sardegna, aveva suscitato entusiasmo, aspettative, speranze, era riuscito a coinvolgere tanti giovani. Quella proposta aveva innescato un confronto serrato che aveva coinvolto il mondo della cultura, gli stessi recalcitranti partiti della sinistra. La Politica scese in campo e fece sentire la sua voce.

Oggi, nel mezzo della campagna elettorale per le primarie del centro sinistra, è difficile percepire lo stesso entusiasmo, le stesse aspettative, le stesse speranze. Forse, più che il silenzio della Politica, a destare sconcerto è l’afasia della Politica, la sua incapacità a proferire parola: il sospetto è che, questa politica, non abbia niente da dire.

Massimo Dadea

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