La Giornata della memoria, gli errori del passato, le meschinità del presente

Sono passati 71 anni dal 27 gennaio del 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il lager di Auschwitz. La Giornata della memoria – che si celebra oggi in tutto il mondo – ricorda quella data. Fu scelta (nel 2005 dall’Assemblea generale dell’Onu) perché Auschwitz – dove erano state uccise un milione e 100mila persone – era diventato il luogo-simbolo dello sterminio e la sua liberazione ne rappresentò non solo la fine, ma anche la “scoperta”. I nazisti, quando capirono di aver perso, tentarono infatti di nascondere le prove della Shoah. Non ci riuscirono, ma il solo fatto che abbiano potuto sperarci chiarisce bene quanto era stata vasta la rete di complicità e di silenzi su sui avevano potuto contare.

Nella retorica delle celebrazioni, una delle frasi più usate attribuisce alla memoria il compito di evitare che certi orrori possano ripetersi. Questa giornata, dunque, dovrebbe servire non solo a ricordare ciò che avvenne nei lager, ma anche e soprattutto quel che accadde attorno ai lager. Attorno alla Germania nazista negli anni che precedettero l’avvio della “soluzione finale”. Sono anni che somigliano in modo inquietante al tempo presente.

Perché ci fu un momento in cui si capì quello stava per succedere. Lo ha ricordato di recente Gad Lerner che ha riproposto una vignetta satirica apparsa sul New York Times il 31 luglio del 1938. La pubblichiamo qua, perché ci pare la miglior sintesi del significato attuale di questa giornata.

La vignetta sintetizza con amara ironia il fallimento della conferenza che si tenne a Evian, in Francia, per affrontare la questione dei rifugiati ebrei. Il problema era analogo a quello che l’Europa affronta oggi a proposito delle persone che premono sulle sue frontiere. Si trattava di stabilire delle quote per l’accoglienza e anche di organizzare dei canali sicuri per l’espatrio (quelli che oggi chiamiamo ‘corridoi umanitari). Non se ne fece nulla. E non perché i Paesi partecipanti non riconoscessero l’esistenza del problema degli ebrei nella Germania nazista. Ci furono, anzi, numerose dichiarazioni di solidarietà. Solo che – esattamente come oggi – sugli aspetti umanitari prevalsero considerazioni di politica interna. La Francia, per esempio, fece notare di aver ormai raggiunto il massimo punto di saturazione nell’accoglienza dei rifugiati.

Ecco, se la Giornata della memoria serve a evitare che si ripetano gli orrori del passato, è importante far funzionare la memoria fino in fondo. E ricordare gli errori (le meschinità, le astuzie, gli egoismi) che li precedettero. Ricordarli, soprattutto, nei vertici tra i leader attuali dell’Unione europea.

 

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