La Bper si allontana dal Banco. E in Sardegna tutto tace. Perché?

Il collettivo Amsicora ci invia questa nuova riflessione (aggiornata) su quanto si muove attorno al Banco di Sardegna. Assieme ad alcune domande. Lo spazio di Sardinia Post è a disposizione di quanti vorranno rispondere

Le dichiarazioni rese dal dottor Alessandro Vandelli, numero uno operativo della Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), alla recente assemblea generale dei soci, hanno fatto intuire, pur nella loro prudente ermeticità, quali potrebbero essere le mosse dell’istituto modenese, allorquando, nel tardo autunno, verrà trasformato in “SpA” e dovrà chiarire quali saranno le alleanze o le aggregazioni possibili.
Nei corridoi si è quindi molto parlato – o, meglio, sussurrato – sugli scenari possibili o probabili che, a parere di alcuni bene informati, tenderebbero verso queste ipotesi: (a) un rafforzamento della presenza della banca nella sua regione d’elezione, attraverso la fusione con la bolognese Unipol banca e l’acquisizione da Bankitalia della Cassa di risparmio di Ferrara; (b) il varo di un congruo aumento di capitale e la possibile cessione a terzi (molto probabilmente ad un Fondo estero) delle partecipazioni sarde, ritenute incongrue ai progetti futuri, ora che è tramontato definitivamente il progetto di Guido Leoni della cosiddetta Banca federale.

Ci sarebbero poi dei segnali che possono essere interpretati a conferma di quest’ultimo punto: (c) la mancata riconferma dell’avvocato Antonello Arru nel CdA della Bper e (d) il regime di prorogatio in cui si trova l’attuale direttore generale del Banco di Sardegna, rag. Cuccurese (quasi a dover permettere ad un futuro “padrone” d’inserire un manager di propria fiducia).

Vi sarebbero ancora – sempre nell’orbita di queste supposizioni – delle parziali ammissioni del rappresentante di un importante Fondo, circa l’apertura (già avvenuta o in fieri) di una “diligence” sulla banca sarda, che, nel linguaggio finanziario, indica l’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’effettivo valore di una società in vista di una sua possibile acquisizione.

Se queste notizie pervengono da Modena, da Sassari – ove è la sede della Fondazione, l’altro azionista del Banco – il mutismo (che può essere una forma deteriore di riservatezza) appare assoluto. Eppure vi sarebbero delle evidenti urgenze per poter capire quale potrebbe essere la strategia da mettere in campo, in quanto si è obbligati a dover “rivedere” la partecipazione nel capitale del Banco, ora al 49%. Infatti, per le direttive del Ministero dell’Economia, alle Fondazioni ex bancarie non viene consentito di detenere partecipazioni in istituti di credito eccedenti il 30% del totale patrimoniale: fatti quattro calcoli, la Fondazione, presieduta da Antonello Cabras, dovrebbe cedere a terzi quasi il 20% della sua attuale partecipazione al capitale del Banco (indicata in poco più di 350 milioni di euro), in modo da poter rientrare nei vincoli dettati dalla vigilanza ministeriale.

Vi è dunque molta curiosità per sapere quali saranno le mosse della Fondazione, atteso che sembrerebbe da escludere un interesse della Bper ad utilizzare il diritto di prelazione. Questo perché le informazioni modenesi indurrebbero a ritenere che il Banco di Sardegna sia ormai del tutto fuori dai suoi progetti di sviluppo futuro e, per altro verso, risulti di molto interesse ad alcuni Fondi (fra essi, come si è detto più volte, vi sarebbero gli americani della Merril Lynch).

Di fronte ad una situazione siffatta, si è cercato di capire (o di immaginare) quali potrebbero essere gli sviluppi futuri. Lo si è fatto anche confrontando le nostre valutazioni con le informazioni ottenute tramite alcuni amici, molto esperti sul risiko bancario in atto.

Alla base di tutto questo, vi è il giudizio, espresso da un analista di una delle più prestigiose società di consulenza, che riterrebbe il “Sardegna” la banca regionale “italiana” meglio attrezzata per poter ottenere (se riportata ad una autonoma e corretta condizione gestionale), non solo interessanti spazi di crescita quantitativa, ma soprattutto possibili miglioramenti nei profitti. Eguale giudizio sembrerebbe essere stato espresso dagli esperti di alcuni Fondi USA: da qui sortirebbe l’interesse ad acquisirne il controllo.

L’eventuale soluzione di tutti questi movimenti, potrebbe essere calendarizzata nel tardo autunno di questo 2016 per concretizzarsi poi nei primi tre, quattro mesi dell’anno successivo. Lo snodo, come è facile comprendere, sta nelle decisioni che assumerà la Bper e, per altro verso, negli intendimenti-orientamenti che metterà in atto la Fondazione come azionista della banca sarda. Ora, se l’istituto modenese ha lasciato intendere, attraverso le mezze parole di Vandelli, che la Sardegna può non essere più interessante per il loro futuro di crescita come SpA, nell’isola non si è fatta alcuna asserzione sugli sviluppi, possibili o probabili, della partecipazione bancaria.

Al riguardo ci sarebbe soltanto da rimarcare il mancato rinnovo del “patto parasociale” con la Bper, scaduto ormai da più di un anno e, se le nostre non siano solo delle supposizioni ma delle certezze, la firma di Cabras su di un conseguente accordo collaborativo con uno dei Fondi dell’orbita BlackRock, il gruppo che va acquisendo, a colpi di 5-6%, un’infinità di posizioni di controllo nel sistema bancario nazionale (sarebbero poi queste partecipazioni, per quel che è trapelato a Modena, a determinare la sorte futura della Bper).

Se è vero infine, che per parlare di banche – e di banche sarde – qui nell’isola si fa peccato o si rischiano guai, ci sarebbe una riflessione finale che noi di Amsicora intendiamo porre all’attenzione dei lettori di Sardinia Post. Nei diversi organi d’informazione in questi ultimi mesi si è letto, di tutto ed anche di più, non solo sulla vicenda, peraltro poco chiara, del padre di una ministra, ma anche su quale dovrà essere la sorte di Veneto Banca, della Popolare di Vicenza, di MPS o della Carige, mettendo in luce accordi, intese (possibili o probabili) per mantenerne o per annullarne l’autonomia, individuandone salvatori od affossatori ed evidenziando soprattutto il ruolo decisamente interventista della politica locale (in indifferenza di partito), a favore o contro determinate soluzioni. Perché la banca locale, nella sua autonomia, viene da tutti intesa – e per questo va difesa a spada tratta – come parte integrante, e determinante, dell’assetto strumentale d’un territorio che intenda uscire dalla crisi per andare verso lo sviluppo. Da noi nell’Isola accade tutto il contrario: ci possono impunemente scippare Cis, Sardaleasing, Banca di Sassari e Banco di Sardegna senza che da viale Trento, da via Mameli o da villa Devoto nessuno dica niente. Domandiamo: tutto questo è giusto? Lo si deve accettare sempre in silenzio per sudditanza, per timore o per convenienza?

Amsicora

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