Il Questore indagato. Ecco come si alimenta l’antipolitica

1) Il collegio dei questori cura il buon andamento dell’amministrazione del Consiglio. 2) I questori, secondo le direttive del Presidente, emanate in base agli indirizzi dell’Ufficio di presidenza di cui all’articolo 11, provvedono alla gestione dei fondi a disposizione del Consiglio, sovrintendono alla polizia interna e al cerimoniale, predispongono il progetto di bilancio e il conto consuntivo delle entrate e delle spese e ne sono relatori in Consiglio”.

Sono i primi due commi dell’articolo 9 del regolamento del Consiglio regionale sardo. E descrivono alcuni dei poteri che la minoranza di centrodestra (con l’apporto di tre consiglieri del centrosinistra) ha conferito a Giorgio Oppi, uno tra i più autorevoli tra gli innumerevoli indagati per peculato nell’inchiesta sui fondi ai gruppi.

Una vicenda tristissima la sua elezione a questore. Un atto che – dopo l’elezione di un altro indagato, Gianfranco Ganau, alla presidenza del Consiglio regionale – riconferma il totale distacco del Palazzo dalla sensibilità dei cittadini.

Oppi nella sua lunghissima carriera politica (è nel consiglio regionale sardo da 27 anni, lo stesso tempo che il ben più meritevole Nelson Mandela ha trascorso in galera) ha ricoperto cariche di prestigio, ricevuto – in legittime indennità da consigliere o assessore – una somma che avrebbe consentito a una decina di famiglie di vivere agiatamente. Ha avuto moltissimo.

E davvero è incomprensibile il motivo per cui ha deciso, alla faccia dei due procedimenti penali in corso, di farsi avanti per la carica di questore. Cioè – proprio lui, indagato per l’uso illegittimo che è stato fatto dei soldi del Consiglio –  di controllore dell’uso corretto dei fondi consiliari. Sono cose da matti. Ben oltre il limite del grottesco. Che espongono il protagonista e beneficiario della carica al ridicolo. Non se ne rende conto il questore Oppi? O invece se ne rende conto ma, semplicemente, non gliene frega niente?

Sì, lo sappiamo benissimo: vige la presunzione di innocenza. Che, al contrario delle altre sconce forme di presunzione che hanno ridotto la politica in queste condizioni, è riconosciuta dalla Costituzione. Ma non è questo il punto. Ed è incredibile doverlo spiegare. Oppi, infatti, – e gli auguriamo sinceramente che la magistratura lo confermi – può essere del tutto innocente. Ma attualmente è sospettato di un reato gravissimo e ciò mette in discussione la sua idoneità a coprire il ruolo che gli è stato appena affidato. Ogni suo atto, finché la vicenda giudiziaria non si chiuderà, sarò guardato con sospetto. Per non parlare di quel che accadrebbe – perché anche la condanna rientra nelle possibilità – se l’indagine dovrebbe chiudersi negativamente per lui.

Sono cose di evidenza solare. Cose che capisce anche un bambino. E che vengono regolarmente ignorate da un ceto politico che ha poi la faccia tosta di accusare la libera informazione di “alimentare l’antipolitica”. In base a questa teoria, ad alimentare l’antipolitica non è il malcostume politico, ma chi lo denuncia.

Politica è spirito di servizio e sacrificio. E’ disinteresse personale. Dovrebbe esserlo a maggior ragione oggi, dopo che quasi metà degli elettori sardi ha deciso di disertare le urne.  Compiere atti che confermano nei cittadini il disgusto verso la politica – l’idea che essa sia il luogo della tutela delle ambizioni personali di chi la pratica –  è dare un contributo rilevante alla destabilizzazione delle istituzioni democratiche. Questo in Sardegna. Nel trentesimo anniversario della morte di Enrico Berlinguer.

G.M.B.

 

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