Il Papa in Sardegna e la barzelletta di ziu Chicchinu

L’associazione tra le due parole “Sardegna” e “Papa” fa venire in mente ziu Chicchinu. Non è una battuta irriverente verso il Santo Padre. E’ davvero un’associazione automatica, involontaria, che deriva esclusivamente dalla memoria di una barzelletta dell’infanzia: la barzelletta di ziu Chicchinu a Roma.

In molti tra i meno giovani se la ricorderanno, è stata in gran voga. Comincia con ziu Chicchinu che parte per Roma e non dà più alcuna notizia di sé. Passano mesi e anni. I familiari, preoccupati, si rivolgono a un compaesano emigrato nella Capitale. Il compaesano batte a tappeto agenzie di collocamento, circoli dei sardi, cantieri, ogni luogo dove ziu Chicchinu potrebbe essere approdato. Niente da fare. E’ domenica ed esausto finisce in piazza San Pietro durante l’Angelus. Si ferma ad ascoltare. Accanto a lui c’è un turista tedesco che, immobile, osserva il balcone con un binocolo. Incuriosito, gli domanda cosa vede. “Io vedere ziu Chicchinu – è la risposta – Vicino a lui io vedere uomo tutto vestito di bianco”.

Col passare degli anni non mi ha fatto più ridere. E non solo perché le barzellette quasi sempre fanno ridere solo una volta. Non mi ha fatto più ridere perché nel tempo ha cominciato a suonare come una parabola autolesionistica del nostro essere ai margini dei margini. Un’autocalunnia dell’insularità. La confessione della nostra fragilità e del nostro disperato bisogno d’essere riconosciuti dal mondo “grande e terribile”. Quello stato d’animo collettivo che è anche alla base del nostro cosiddetto “senso dell’ospitalità”, a volte così asfissiante.

Nella barzelletta, il Papa è il mondo. E ziu Chicchinu è la Sardegna piccola piccola che, per qualche misteriosa combinazione, riesce ad affermarsi nel mondo. Come non si sa. E’ una Sardegna mister Magoo che senza vedere niente riesce miracolosamente a imboccare la strada giusta. Ma in modo arruffato e grottesco, alla trallallera. Come se la possibilità per un sardo d’affermarsi, di essere un uomo del mondo, fosse affidata al caso, alla fortuna. Alla benevolenza di un viceré o di un miliardario.

Col passare del tempo mi sono fatto l’idea che quello col binocolo non fosse un turista tedesco, ma un imprenditore brianzolo che, avendo inquadrato il compaesano di ziu Chicchinu, aveva pensato di prenderlo per i fondelli. Ma gratificandolo. Che poi, a pensarci bene, è stato il meccanismo d’insediamento delle grandi industrie al tempo del Piano di Rinascita.

Questo per dire che ci sono due modi di vedere la visita di Papa Francesco in Sardegna. Si può pensare che l’illustre ospite resterà ammirato dalle nostre bellezze, abbagliato dallo skyline di Cagliari che vedrà dall’aereo nei minuti precedenti l’atterraggio, estasiato dalla festosa accoglienza della popolazione, incantato dal prezioso aroma del Cannonau, commosso dai racconti dei cassintegrati e dei giovani, etc etc. E che, rispetto al mondo, la presenza del Papa funzionerà come una gigantesca lente d’ingrandimento che obbligherà, anche se solo per poche ore, tutti i popoli della Terra a rivolgere lo sguardo verso la nostra fantastica isoletta. E chissà che qualcuno – l’emiro del Qatar o una multinazionale americana – non la tenga in maggior considerazione.

Oppure si può pensare che il Papa – e questo vale per i credenti come per i non credenti – è venuto a ricordarci che siamo una parte del mondo. Un mondo sempre più piccolo, dove esistono altri paesaggi meravigliosi, altri vini squisiti, altri giovani festosi. Altri problemi drammatici. Dei quali siamo responsabili e dai quali dobbiamo liberarci con le nostre forze. Così come sono obbligati a fare tutti i popoli del mondo. E che l’unico miracolo alla portata degli uomini è sentirsi nello stesso tempo parte di una comunità e responsabili delle proprie azioni. Non è forse a qualcosa di simile che Papa Francesco si riferisce quando esorta tutti ad ascoltare la propria coscienza e a non tradirla?

Un’occasione, dunque, non per sentirci al centro del mondo. Ma per aver il mondo al centro. Certo, se a rappresentare il governo ci fosse stata Cecile Kyenge avremmo avuto un aiuto in più per entrare in quest’ordine di idee.

G.M.B,

 

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