Il Banco di Sardegna oggi può tornare ai sardi. Ma il silenzio non aiuta…

Secondo notizie circolate in questi ultimi giorni, un gruppo di investitori, guidati dal chairman italiano della banca d’affari statunitense Merrill Lynch, Marco Morelli, starebbe esaminando attentamente il dossier della Banca Popolare dell’Emilia Romagna di Modena. Lo scopo sarebbe quello di valutare l’acquisto di nuove quote azionarie (in modo da raggiungere il 5 per cento), in vista di imminenti decisioni in ordine alla sua trasformazione in Apa ed alla probabile sua aggregazione con altre Popolari.

Secondo le stesse fonti, la banca modenese si sarebbe affidata a Massimo Della Ragione, uno degli uomini di punta della Goldman Sachs Bank in Italia, come consulente dell’operazione.
Uno dei temi affrontati, e su cui si è incentrata l’attenzione della Merril Lynch, avrebbe riguardato il polo bancario sardo, formato dal Banco di Sardegna e dalla Banca di Sassari, che nel dossier risulterebbe scorporabile. Cioè, in vista di una possibile o probabile fusione con altre Popolari (i pour-parler informali avrebbero riguardato principalmente Milano e/o Sondrio), quei due istituti bancari sardi risulterebbero “estranei ed anomali” al progetto finale.

Per questo si starebbero valutando delle opzioni che comporterebbero il distacco del Banco di Sardegna dal gruppo Bper e la sua eventuale ricollocazione come autonomo istituto di credito regionale. Supportandolo con un investimento da parte della Black Rock Corporate, che diverrebbe il nuovo azionista di maggioranza.Le ragioni di quest’ipotesi risiede nel fatto che, per gli analisti bancari, si è di fronte ad un “ritorno” alle banche locali, dopo le tante, ed anche dissennate fusioni degli scorsi decenni.

Così come più volte si è avuto modo di sottolineare, fonti vicine ai vertici italiani della Merrill Lynch avrebbero confermato che dell’interesse sul polo bancario sardo ne sarebbe stato tenuto al corrente Antonello Cabras, il presidente della Fondazione Banco di Sardegna che nella spa bancaria detiene tuttora il 49 per cento delle azioni.

Ora, poiché gli amministratori della Bper hanno indicato nel 2016 l’anno conclusivo delle operazioni di trasformazione in Spa e di fusione con altri istituti similari, si può affermare come l’operazione sia attualmente in una fase preliminare di studio, anche se nelle idee dello stesso Ceo della banca modenese, Alessandro Vandelli, la separazione del polo bancario sardo era già nella sua agenda.

Non a caso sono circolate di recente delle voci sull’effettivo valore del capitale del Banco di Sardegna, oggi nominalmente pari a euro 155.247.762,00. In effetti, secondo stime ufficiose di fonte modenese, il valore rettificato sarebbe pari a 1,3 miliardi di euro (circa 8 volte tanto), per cui il 49 per cento detenuto dalla Fondazione varrebbe, più o meno, 580 milioni.

Per quel che risulta ancora in quegli stessi ambienti milanesi, rimane da chiarire l’atteggiamento della Fondazione sarda, poiché la sua stretta concordanza con gli interessi ed i voleri dei banchieri modenesi, finora verificatasi come una costante, potrebbe divenire un ostacolo al piano del dottor Morelli (in effetti un’intesa dei nuovi investitori con la Fondazione, al di fuori della Bper, faciliterebbe di molto il buon fine del piano).

Per questo, desta molto stupore il silenzio che avvolge quest’operazione sul versante sardo. Infatti, mentre a Milano e nei diversi fogli finanziari (oltre che sul web) continuano a circolare notizie su quel che sta avvenendo nel mondo della Popolari, non esclusa la Bper (si è letta in proposito una dichiarazione del banchiere Roberto Mazzotta che, a riguardo dei piani espansionistici di Vandelli, ha affermato che egli se ne dovrebbe stare buono buono a Modena…), da noi tutto tace. Non si sa bene se per timore di qualcuno o di qualcosa, o perché la trasparenza negli affari pubblici è ancora, qui da noi, merce rara. O perché s’intende stare alla finestra, aspettando che altri decidano…

Parrebbe infatti a noi di Amsicora che questa sarebbe l’occasione giusta, oltre che favorevole, per riportare la banca sarda nell’alveo della nostra economia e degli interessi della clientela isolana, tagliando di netto quel cordone ombelicale che oggi l’ha resa Bperdipendente. S’intravvedono ora molte possibilità ed anche delle vie, e degli interlocutori, da poter seguire. Ma i silenzi sono divenuti sempre più asfissianti ed è difficile capire se, sotto sotto, si stia “tramando” qualcosa.

Noi comunque non interromperemo il nostro dovere di informare l’opinione pubblica. Ci interessa infatti dover richiedere conferme o smentite su quel che andiamo raccogliendo, ufficiosamente, dalle nostre fonti. Vorremmo quindi che il Presidente della Regione chiarisca il pensiero della Giunta in proposito, precisando quali sono, o potrebbero essere, le indicazioni politiche su quel che sta maturando attorno al Banco di Sardegna e, più in generale, sull’assetto bancario dell’isola, oggi fortemente penalizzato dalla mancanza di banchieri che parlino la stessa lingua delle imprese, e di quanti cercano nel credito l’ossigeno per la propria sopravvivenza. Si vorrebbe anche sapere se la Fondazione – che è chiamata a gestire un bene originario di tutti i sardi – si stia muovendo, o meno, in linea ed in sintonia con gli interessi generali dell’economia dell’isola.

Noi rimaniamo ancora ben vigili ed attenti nel captare ogni notizia utile, perché non vorremmo che come accadde nel tardo autunno del 2000, il Banco di Sardegna divenga – con operazioni underground – merce di scambio (sic!) per interessi e proponimenti del tutto estranei all’Isola, alla sua economia, alle sue imprese ed alla sua gente. Cioè a tutti noi. E questo allora avvenne, ricordiamolo, grazie ai nostri silenzi, al disinteresse di molti di noi, ad una diffusa connivenza con i poteri “altri”.

Perché questo non avvenga anche stavolta, vorremmo riproporre ancora una volta il quesito che da svariati mesi continuiamo a presentare alla classe politica regionale: non credete che si abbia il diritto, come sardi, di dover essere informati su quel che sta avvenendo nel settore bancario isolano, e su quali iniziative, e con quali strumenti, s’intenda tutelare l’autonomia ed il futuro di un bene importante come il Banco di Sardegna, che è stato voluto, creato, difeso e potenziato dal lavoro, dall’intelligenza e dal volere di tanti nostri fratelli?

Amsicora
Secondo notizie circolate in questi ultimi giorni, un gruppo di investitori, guidati dal chairman italiano della banca d’affari statunitense Merrill Lynch, dottor Morelli, starebbe esaminando attentamente il dossier della Banca Bper di Modena. Lo scopo sarebbe quello di valutare l’acquisto di nuove quote azionarie (in modo da raggiungere il 5 per cento), in vista di imminenti decisioni in ordine alla sua trasformazione in spa ed alla probabile sua aggregazione con altre Popolari. Secondo le stesse fonti, la banca modenese si sarebbe affidata a Massimo Della Ragione, uno degli uomini di punta della Goldman Sachs Bank in Italia, come consulente dell’operazione.

Uno dei temi affrontati, e su cui si è incentrata l’attenzione della Merril Lynch, avrebbe riguardato il polo bancario sardo, formato dal Banco di Sardegna e dalla Banca di Sassari, che nel dossier risulterebbe scorporabile. Cioè, in vista di una possibile o probabile fusione con altre Popolari (i pour-parler informali avrebbero riguardato principalmente Milano e/o Sondrio), quei due istituti bancari sardi risulterebbero “estranei ed anomali” al progetto finale.

Per questo si starebbero valutando delle opzioni che comporterebbero il distacco del Banco di Sardegna dalgruppo Bper e la sua eventuale ricollocazione come autonomo istituto di credito regionale. Supportandolo con un investimento da parte della Black Rock Corporate, che diverrebbe il nuovo azionista di maggioranza. Le ragioni di quest’ipotesi risiede nel fatto che, per gli analisti bancari, si è di fronte ad un “ritorno” alle banche locali, dopo le tante, ed anche dissennate fusioni degli scorsi decenni.

Così come più volte si è avuto modo di sottolineare, fonti vicine ai vertici italiani della Merrill Lynchavrebbero confermato che dell’interesse sul polo bancario sardo ne sarebbe stato tenuto al corrente il presidente della Fondazione Banco di Sardegna, Antonello Cabras, che nella spa bancaria detiene tuttora il 49 per cento delle azioni.

Ora, poiché gli amministratori della Bper hanno indicato nel 2016 l’anno conclusivo delle operazioni di trasformazione in spa e di fusione con altri istituti similari, si può affermare come l’operazione sia attualmente in una fase preliminare di studio, anche se nelle idee dello stesso Ceo della banca modenese, Alessandro Vandelli, la separazione del polo bancario sardo era già nella sua agenda.

Non a caso sono circolate di recente delle voci sull’effettivo valore del capitale del Banco di Sardegna, oggi nominalmente pari a euro 155.247.762,00. In effetti, secondo stime ufficiose di fonte modenese, il valore rettificato sarebbe pari a 1,3 miliardi di euro (circa 8 volte tanto), per cui il 49 per cento detenuto dalla Fondazione varrebbe, più o meno, 580 milioni.

Per quel che risulta ancora in quegli stessi ambienti milanesi, rimane da chiarire l’atteggiamento della Fondazione sarda, poiché la sua stretta concordanza con gli interessi ed i voleri dei banchieri modenesi, finora verificatasi come una costante, potrebbe divenire un ostacolo al piano del dottor Morelli (in effetti un’intesa dei nuovi investitori con la Fondazione, al di fuori della Bper, faciliterebbe di molto il buon fine del piano).

Per questo, desta molto stupore il silenzio che avvolge quest’operazione sul versante sardo. Infatti, mentre a Milano e nei diversi fogli finanziari (oltre che sul web) continuano a circolare notizie su quel che sta avvenendo nel mondo della Popolari, non esclusa la Bper (si è letta in proposito una dichiarazione del banchiere Roberto Mazzotta che, a riguardo dei piani espansionistici di Vandelli, ha affermato che egli se ne dovrebbe stare buono buono a Modena…), da noi tutto tace. Non si sa bene se per timore di qualcuno o di qualcosa, o perché la trasparenza negli affari pubblici è ancora, qui da noi, merce rara. O perché s’intende stare alla finestra, aspettando che altri decidano…

Parrebbe infatti a noi di Amsicora che questa sarebbe l’occasione giusta, oltre che favorevole, per riportare la banca sarda nell’alveo della nostra economia e degli interessi della clientela isolana, tagliando di netto quel cordone ombelicale che oggi l’ha resa Bperdipendente. S’intravvedono ora molte possibilità ed anche delle vie, e degli interlocutori, da poter seguire. Ma i silenzi sono divenuti sempre più asfissianti ed è difficile capire se, sotto sotto, si stia “tramando” qualcosa.

Noi comunque non interromperemo il nostro dovere di informare l’opinione pubblica. Ci interessa infatti dover richiedere conferme o smentite su quel che andiamo raccogliendo, ufficiosamente, dalle nostre fonti. Vorremmo quindi che il Presidente della Regione chiarisca il pensiero della Giunta in proposito, precisando quali sono, o potrebbero essere, le indicazioni politiche su quel che sta maturando attorno al Banco di Sardegna e, più in generale, sull’assetto bancario dell’isola, oggi fortemente penalizzato dalla mancanza di banchieri che parlino la stessa lingua delle imprese, e di quanti cercano nel credito l’ossigeno per la propria sopravvivenza. Si vorrebbe anche sapere se la Fondazione – che è chiamata a gestire un bene originario di tutti i sardi – si stia muovendo, o meno, in linea ed in sintonia con gli interessi generali dell’economia dell’isola.

Noi rimaniamo ancora ben vigili ed attenti nel captare ogni notizia utile, perché non vorremmo che come accadde nel tardo autunno del 2000, il Banco di Sardegna divenga – con operazioni underground – merce di scambio (sic!) per interessi e proponimenti del tutto estranei all’isola, alla sua economia, alle sue imprese ed alla sua gente. Cioè a tutti noi. E questo allora avvenne, ricordiamolo, grazie ai nostri silenzi, al disinteresse di molti di noi, ad una diffusa connivenza con i poteri “altri”.

Perché questo non avvenga anche stavolta, vorremmo riproporre ancora una volta il quesito che da svariati mesi continuiamo a presentare alla classe politica regionale: non credete che si abbia il diritto, come sardi, di dover essere informati su quel che sta avvenendo nel settore bancario isolano, e su quali iniziative, e con quali strumenti, s’intenda tutelare l’autonomia ed il futuro di un bene importante come il Banco di Sardegna, che è stato voluto, creato, difeso e potenziato dal lavoro, dall’intelligenza e dal volere di tanti nostri fratelli?

 

AMSICORA

 

 

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