Garante della privacy. Il tempo non cancella l’errore

Quando nel giugno del 2012 Antonello Soro, stimato esponente politico del Pd, si dimise da parlamentare per diventare direttore dell’ufficio del Garante della privacy, si scatenarono molte polemiche. Non si capiva per quale motivo a una carica tanto delicata – che richiede conoscenze giuridiche approfondite e sofisticate – fosse stato nominato un dermatologo, qual è appunto Antonello Soro.

Si trattò dell’applicazione delle logiche di spartizione di posti tra i partiti e tra le loro correnti interne. Uno dei sistemi che danno i migliori argomenti ai sostenitori della cosiddetta “antipolitica”. Ma non solo. Perché uno dei giudizi più duri fu quello di Romano Prodi: “La spinta al suicidio in questo partito – disse – non ha limiti”.

E Matteo Orfini, responsabile Cultura del Pd: “Abbiamo fatto una figuraccia per assecondare un capriccio di corrente, ma se un bambino fa i capricci lo si mette in castigo. Noi gli abbiamo comprato il gelato. Quello che abbiamo fatto allontata il Paese da noi, avere accettato quel meccanismo è stata una solenne sciocchezza”.

Alla fine intervenne Pier Luigi Bersani, che riconobbe la validità delle critiche, ma aggiunse una considerazione dal tono quasi rassegnato: “Abbiamo una storia alle spalle su tutti questi temi e non c’è nessun innocente”.

In effetti la storia delle lottizzazioni, delle scelte fatte mettendo da parte qualunque criterio di competenza, è una storia lunghissima. Il Paese ci è abituato. Infatti, trascorsi quei giorni, le polemiche si attenuarono fino a spegnersi del tutto in poco tempo.

Solo che l’oblio non cancella i problemi, li nasconde per qualche tempo. Ma se sono problemi veri, fatalmente riemergono. E siamo a oggi. Una pioggia di esposti contro le lettere-truffa di Silvio Berlusconi che, in piena campagna elettorale, si riversa su un garante della privacy che fino a poco più di un anno fa era il leader, in Parlamento, del principale gruppo di opposizione allo stesso Berlusconi. Il quale, davanti a una sanzione, per quanto giusta e sacrosanta, potrà dire che il suo ‘giudice’ non era imparziale. E non sarà semplice controbattere.

G.M.B.

 

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