Francesca Barracciu, una complessa agenda di lavoro

Francesca Barracciu l’ha detto subito, a poche ore dall’ufficialità della vittoria: “Ora pancia a terra e lavoriamo per le regionali”. Una dichiarazione d’intenti che dimostra consapevolezza sui mesi difficili che attendono lei e il centrosinistra. Dopo i festeggiamenti per la vittoria alle primarie, infatti, restano tanti  problemi da affrontare e risolvere se si vuole battere il centrodestra alle elezioni regionali. Alcuni di questi problemi dovranno essere risolti proprio dalla Barracciu, se si dimostrerà abile nel ruolo di ricucitura delle alleanze necessarie per tornare competitivi.

Il primo strappo è tutto interno al Pd. La vittoria della Barracciu è stata netta, ma è evidente che la somma di quelli che non l’hanno votata e superiore a quanti l’hanno scelta. Occorrerà da subito trovare un accordo con Gianfranco Ganau, fondamentale a Sassari e nel nord Sardegna, ma anche con Andrea Murgia e i suoi sostenitori, che durante la campagna elettorale si sono dimostrati i più insofferenti verso gli attuali dirigenti Pd e la stessa Francesca Barracciu.
Senza contare che il risultato delle primarie apre in maniera evidente lo scontro sulla segreteria del partito in Sardegna. Il segretario Silvio Lai sosteneva il candidato che ha perso (Ganau) e soprattutto i molti supporter della Barracciu si aspettano un cambio alla guida del partito, prima della campagna elettorale per le regionali, e da una posizione di forza. Difficile immaginare che il Pd superi indenne una competizione interna prima delle elezioni, ma è altrettanto improbabile pensare di congelare l’attuale situazione per cinque mesi. Molto dipenderà da quello che succederà a Roma nelle prossime settimane e dal precipitare o meno della crisi di Governo.

Il secondo strappo da ricucire è con gli alleati. Nella conferenza stampa a caldo, Francesca Barracciu ha parlato di “gufi”, con riferimento ai partiti di centrosinistra che non hanno partecipato alle primarie e hanno quasi invitato al non voto. Battute a parte, sarà ora decisivo discutere nel tavolo del centrosinistra e anche capire chi si dovrà sedere a quel tavolo. Sel, Idv e Rossomori difficilmente potranno negare il valore di queste primarie, bollandole come “conta interna al Pd” e dovranno ora trattare anche con la Barracciu sul programma. Comprese le nuove possibili alleanze, che vanno dal Partito dei sardi di Paolo Maninchedda, ai centristi dell’Udc al Psd’Az. Su l’allargamento della coalizione a quanti nella attuale legislatura erano al governo con Cappellacci si sono già opposti in molti, Renato Soru su tutti, ma quei voti potrebbero rivelarsi decisivi in una sfida incerta come quella della prossima primavera. E rinunciarci a priori, potrebbe rivelarsi un errore tattico fatale.

Il terzo e più importante strappo è quello con gli elettori. L’affluenza finale delle primarie di domenica 29 settembre (52mila circa), ha fatto tirare un sospiro di sollievo a chi immagina una debacle, specie dopo il deserto ai seggi della prima parte di giornata. Il dato finale è accettabile, ma non si può non notare il disagio mostrato soprattutto a Cagliari, dove maggiore è il voto di opinione e dove hanno votato poco più di 3mila elettori. Certo mancava Sel, che in città è capace di una buona mobilitazione, ma su Cagliari e per la Barracciu hanno lavorato con forza tre consiglieri regionali come Giampaolo Diana, Chicco Porcu e Marco Espa, oltre al Pd cittadino. E anche Andrea Murgia puntava molto sul capoluogo, grazie al lavoro del Circolo Copernico. Il risultato invece è stato molto modesto e deve far scattare un allarme importante, perché le elezioni regionali si vincono soprattutto a Cagliari.

Alberto Urgu

 

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