Fondazione e Bper, tregua per una nomina. Ma il futuro del Banco di Sardegna è sempre nella nebbia

Pubblichiamo un nuovo articolato intervento del “Gruppo Amsicora” – che mette assieme un pool di economisti e osservatori competenti di cui la direzione di questa testata garantisce l’affidabilità – sulle vicende del Banco di Sardegna. Come sempre, lo mettiamo a disposizione delle istituzioni e delle persone interpellate. Che, se vorranno rispondere, avranno tutto lo spazio necessario.

Può rispondere al vero – ci si chiede – se l’armistizio (o la tregua?) stabilitasi fra la Banca Popolare dell’Emilia Romagna (BPER) e la Fondazione di Sardegna abbia come nome quello di Giacomo Spissu? Può essere credibile che la nomina a presidente della Sardaleasing dell’esponente politico dei Dem, molto vicino al presidente della Fondazione, Antonello Cabras, abbia determinato il riavvicinamento, definitivo o occasionale, tra i due azionisti del Banco di Sardegna? Su queste due domande ci si è interrogati, mettendo a confronto quanto circolato qui nell’Isola con le notizie riportate dalla stampa nazionale.

Certo è che all’assemblea modenese della BPER, l’8 aprile scorso, la Fondazione sarda – presente con circa il 5 per cento delle azioni –  nonostante le posizioni negative espresse in precedenza, ha votato, insieme ai soci storici della banca modenese e all’Unipol, a favore della conferma del management guidato da Alessandro Vandelli. Modificando così un atteggiamento che aveva fatto molto discutere, e di cui se ne erano riportati i riscontri anche su Sardinia Post, unico fra i media isolani (ma i grandi giornali nazionali, da Milano Finanza a Il Messaggero, ne avevano dato notizia).

Ora, che la presidenza a Spissu sia stata, o meno, il prezzo dell’armistizio non è certo, anche perché l’ingegner Cabras, in un’intervista concessa in questi giorni ad un giornalista del quotidiano cagliaritano, ha dichiarato testualmente che “la nomina di Spissu, decisa autonomamente dalla BPER nella sua qualità di azionista di maggioranza della Sardaleasing, è stato soltanto un gesto di attenzione verso la Sardegna”. Eppure, andreottianamente, la coincidenza temporale dei due dati – la nomina e il voto favorevole in assemblea – qualche dubbio lo potrebbero giustificare. E forse, come afferma chi è ben addentro alle vicende della cose sarde, “ci s’azzecca, o quasi”.

Di certo quanto accaduto nell’assemblea modenese merita una riflessione. Che va avviata ricordando in premessa due questioni che la Fondazione, come importante azionista del Banco, è sempre chiamata a tenere presenti. Il primo riguarda l’esigenza di ridare all’istituto creditizio regionale l’autonomia e la capacità d’essere il sovventore strategicamente più importante dell’economia sarda, in modo che possa parlare “in sardo” con la sua clientela;  il secondo, conseguentemente, attiene all’esigenza di fare finalmente chiarezza, con trasparenza di informazioni, sui rapporti con l’attuale vertice BPER, in modo che i sardi – che sono poi i suoi azionisti e controllori – abbiano la certezza che le decisioni che di volta in volta vengono assunte dalla Fondazione abbiano alla loro base la volontà di tutelare i loro interessi collettivi.

Quanto alle vicende BPER-Fondazione e alla nomina di Spissu, circolano interpretazioni diverse. Secondo una nota di cronaca apparsa su un foglio emiliano, il voto favorevole espresso dalla Fondazione di Sardegna alla gestione di Alessandro Vandelli va interpretato come una chiara smentita alle tante voci di controversie  circolate in questi mesi e come una conferma del fatto che il Banco di Sardegna continua a essere una delle colonne portanti del gruppo BPER. E l’alleanza con la Fondazione assolutamente strategica. All’opposto, una nota apparsa in un importante quotidiano finanziario lombardo parla apertamente di una tregua. Infatti tra un anno, l’assemblea degli azionisti dovrà rinnovare l’intero Consiglio di amministrazione, decidere il futuro del Banco di Sardegna (integrazione o cessione?) e definire le alleanze e le fusioni necessarie per stabilizzare patrimonialmente la banca modenese. In quell’occasione molti dei nodi, ora solo rimandati, verranno al pettine. Anche perché è ben noto negli ambienti finaziari che la Fondazione ha allo studio la possibilità di cedere ad altri (in particolare, si dice, a degli investitori sardo-americani, rappresentati da un importante Fondo) il suo 49 per cento del capitale del Banco di Sardegna, mettendo così una zeppa particolarmente fastidiosa sui piani futuri della banca modenese.

Tornando a noi, dobbiamo affermare francamente che l’ipotesi che siamo in presenza di una “tregua”, o di un “armistizio”, pare  la più credibile, dato che non si ha alcuna notizia di decisioni tali da rimuovere le ragioni del “malumore” della Fondazione per come la BPER va gestendo il Banco di Sardegna, del quale rivendicherebbe una maggiore autonomia operativa al servizio e nell’interesse dell’economia dell’Isola.

Nei prossimi mesi si vedrà se quanto è avvenuto, che sia o non sia una tregua, avrà un suo riscontro sul ruolo futuro del Banco di Sardegna, sempre più mortificato dalle ingerenze e anche dalle spoliazioni di competenze da parte della BPER. Una banca che ha l’impellente necessità di disegnarsi un differente futuro, visto che la sua capitalizzazione è in continua discesa (oggi tocca appena i 2 miliardi di euro) e il suo titolo, che valeva a piazza Affari otto anni fa 37 euro, ora è attorno ai 4 euro, nonostante sia stata immessa, tra conversione di obbligazioni ed aumenti di capitale, una cifra molto vicina al miliardo.

Ciò che in definitiva deve essere chiarito è se la Fondazione abbia nel suo orizzonte il Banco di Sardegna, per riprendersene il controllo anche attraverso adeguate alleanze, o ritenga che il modo più efficace per perseguire gli interessi dei sardi sia diventare un azionista importante della BPER.  Certo è che il silenzio assordante che ha accompagnato e accompagna queste vicende non è d’aiuto perché – come abbiamo visto – alimenta anche sulla stampa nazionale il dubbio che, alla fine, le minacce di “divorzi” siano solo  funzionali a ottenere qualche carica, più o meno importante, ad amici di area. Ipotesi, peraltro, che la storia politica di un personaggio autorevole come Antonello Cabras ci porta a escludere decisamente.

Amsicora

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