Per fermare lo spopolamento la Regione deve avere una strategia. Che ancora non si vede

Risorse (uomini, conoscenze, valori) e territori (ambiente fisico, foreste, strade, paesi) sono variabili dinamiche. Cambiano continuamente. Le risorse e i territori dell’ottocento, per esempio, erano ben differenti da come sono oggi. In parte queste variabili cambiano perché c’è un processo evolutivo al proprio interno, in parte cambiano come feedback di qualche iniziativa dall’esterno o di una azione della classe politica.

Il compito della politica è fare in modo che esse si modifichino in positivo. Ci sono Regioni che sanno bene come intervenire, altre che non intervengono, altre ancora che non intervengono adeguatamente. Se la politica non è in grado di mantenere queste variabili al passo coi tempi, cioè, se non è capace di spingerle a fare i cambiamenti che altri hanno già fatto e, anzi, a precedere il corso degli eventi, risorse e territori affrontano il declino e arretrano rispetto agli altri. Oggi, gli “altri” non sono solo gli italiani del continente, non sono solo gli europei, ma, soprattutto con la globalizzazione, sono tutto il mondo.
Orbene, di fronte ai progressi degli altri, la Sardegna e in particolare i territori dell’interno perdono progressivamente posizioni e vedono allargarsi il divario, non solo in campo economico, ma anche in quello sociale e culturale.

Lo dimostrano i dati statistici che, per motivi di spazio, non si possono illustrare in questa sede, ma si possono consultare nel sito dell’Istat o della Svimez. Messo in altri termini, la Sardegna non è in grado di stare al passo con ciò che richiede il mercato, ad iniziare da quello internazionale.

Se i paesi dell’interno si spopolano, se le risorse, specialmente le conoscenze, si impoveriscono, ciò dipende in gran parte dall’ente pubblico che non interviene adeguatamente. Si pensi alla dispersione scolastica e alla qualificazione professionale, indipendentemente dal fatto che ci sia lavoro oppure no. Questi sono servizi essenziali. Si è detto che il cambiamento può avvenire dall’interno, ma può avvenire anche e soprattutto ad opera del settore pubblico. Questo può arrestare il declino, innanzitutto garantendo a quei territori la crescita delle risorse, per esempio, assicurando la scuola, la conoscenza, la sanità, poi fornendo condizioni economiche moderne e concorrenziali. Per esempio con le strade, con i collegamenti, con le reti immateriali al servizio della comunità e del tessuto imprenditoriale. Infatti, e ciò deve essere chiaro, l’ente pubblico deve sempre garantire le circostanze di uguaglianza per tutti.

Dal punto di vista economico, anche se non tutto ciò che si vorrebbe può essere fatto, ci sono beni pubblici che possono essere messi in moto e che favorirebbero le iniziative imprenditoriali. La domanda per un turismo sostenibile, per esempio, non può essere sollecitata dalla singola impresa (non ne ha la possibilità, è troppo piccola) ma deve essere promossa dell’ente pubblico con opportune campagne pubblicitarie. Altrettanto si può dire per quanto riguarda la qualificazione professionale, che non deve essere quella fatta nei corsi “regionali”, ma con apprendistato presso imprese affermate, anche se non sono sarde. Il mestiere si impara quando c’è un buon maestro.

Le stesse cose possono essere dette per quanto riguarda il settore della salute e dei beni materiali e immateriali. Non sono tanto i contributi finanziari dell’ente pubblico che favoriscono il sorgere delle imprese (come ci insegna la programmazione negoziata che ha dato risultati negativi), quanto le azioni di sistema che vengono fatte e la fiducia che l’ente pubblico riesce a creare nella popolazione. E la fiducia, sappiamo, è molto bassa, ed è andata abbassandosi sempre di più a partire degli esiti del Piano di Rinascita. Naturalmente non è semplice arrestare lo spopolamento quando ci sono alcune forze esterne, prevalentemente economiche e finanziarie, che spingono verso altre direzioni e sulle quali non è facile prevalere.

Se non proprio in un preciso paese, almeno in un territorio circostante, alcune misure di politica economica possono fare molto e da questo territorio lo sviluppo può diffondersi in altre aree. La Regione deve fare di più.

Antonio Sassu

(Professore ordinario di Politica economica europea all’Università di Cagliari)

 

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