Dieci anni senza Luigi Pintor. Un suo corsivo profetico

Esattamente dieci anni fa moriva Luigi Pintor, uno dei più grandi giornalisti italiani, oltre che politico coraggioso e scrittore intensissimo. Lo ricordiamo ripubblicando questo suo corsivo. Apparve il 21 marzo del 1973 sul Manifesto col titolo “Nella stessa barca di soldi”. Quarant’anni fa. Val la pena di rileggerlo. E’ straordinariamente attuale.

 Se il compagno Cossutta fosse un predicatore, avrebbe indotto al peccato anche Maria Goretti. I suoi argomenti raggiungono infatti un risultato diametralmente opposto a quello sperato.

Ieri, invadendo tre colonne di giornale per spiegare la bontà del finanziamento statale dei partiti, è riuscito a disegnare un quadro brillantissimo del “patto scellerato” e della distorsione politica e ideale che è alla base di questa operazione storico-monetaria voluta da Fanfani, fondata da Piccoli, gradita ad Almirante.

Per Cossutta il Pci, essendo notoriamente autofinanziato, potrebbe anche fare a meno dei miliardi della banca d’Italia. Ma poiché ha a cuore le sorti della democrazia, non può disinteressarsi della sorte dura degli altri partiti e sente il dovere di aiutarli, al di là della loro fisionomia ideale e politica, perché servano meglio la costituzione. Dal che si deduce che il senatore del Pci è convinto che la Dc e gli altri partiti borghesi, se sono un po’ reazionari, non è perché sono appunto borghesi e servono certi interessi, ma perché sono poveri e perché devono – loro malgrado – accordarsi con i petrolieri. Ora che saranno ricchi, diventeranno buoni e progressisti.

Per Cossutta, un buon partito è quello che ha un rapporto diretto e profondo con i propri iscritti, un rapporto continuato e non occasionale con gli elettori, buone scuole per allevare quadri. Questo presuppone che si abbiano sedi, giornali e altri mezzi. La mancanza di tutte queste cose ha portato molti partiti a trasformarsi in sporche clientele, mentre i soldi dello stato consentiranno un generale risanamento. Da questo catechismo del buon partito, borghese o proletario non importa, si deduce che il senatore del Pci ha come modello non precisamente i soviet ma la parrocchia.

Il mondo è una grande famiglia, gli iscritti e gli elettori sono i piccoli di casa, e il partito è il buon padre che, sollevato dalle preoccupazioni finanziarie e dalle cattive compagnie, può amorevolmente accudirvi. De Mita non avrà più clientele, né Almirante sbirri. Per Cossutta, il Pci è già un buon partito e potrebbe perciò, anche sotto questo aspetto, fare a meno del finanziamento statale. Ma sarebbe una esagerazione, i soldi non sono mai troppi, e basterà quindi che il Pci consideri questo finanziamento statale non “sostitutivo” bensì “aggiuntivo” al finanziamento popolare, cioè ai molti miliardi che provengono dal sacrificio economico e dal lavoro volontario di tanti compagni. Il supplemento bancario servirà solo a colmare qualche lacuna, qualche pagina di giornale in più, a qualche sede nel mezzogiorno.

Dal che si deduce che il senatore del Pci, oltre a peccare di una certa ingordigia, pecca anche di ottimismo. Alla lunga, è umano che diventi “aggiuntivo” il finanziamento popolare rispetto a quello “sostitutivo” della banca d’Italia. Sotto questo aspetto, il Pci non sarà affatto “diverso” dalla Dc: non sarà neppure “uguale” ma sarà, per così dire, “simile”. Accanto alle nuove sedi del Pci nel mezzogiorno sorgeranno con gli stessi soldi anche sedi democristiane e missine, e su tutte potrebbe campeggiare – come usa fare la Cassa del Mezzogiorno – una scritto di stato: Dipofis (Dialettica politica finanziata dallo stato: zona riservata).

Per Cossutta infine, che conosce il mondo, è ben vero che i finanziamenti di stato si sommeranno a quelli privati ed occulti, e che una simile operazione fatta in questo momento può essere interpretata come “sanatoria” degli scandali. Ma almeno, osserva, non ci saranno più “alibi” per giustificare il ladrocinio privato. E quanto agli scandali, assicura, nessuno si illuda di poterci mettere una pietra sopra.

Dal che si deduce che il senatore del Pci crede davvero che la corruzione venuta in luce non sia connaturata al sistema di potere democristiano, ma sia un incidente dovuto alla povertà, e che la povertà sia una giustificazione (detta anche alibi). Quanto alla sanatoria per gli scandali c’è già stata in parlamento con l’archiviazione; il finanziamento statale è molto di più, è un premio ai partiti ladri, nel segno di una universale omertà. Al senatore del Pci non resta infine che una preoccupazione: non quella che la democrazia italiana diventi d’ora in poi una ” democrazia pagata “, una forma come un’altra di democrazia protetta e di trasformazione dei partiti in corporazioni statali; né quella di una decisione simile in clima di austerità; né quella di un partito operaio che vende la primogenitura di una lunga tradizione per molti miliardi di lenticchie; bensì quella di eventuali controlli statali sui bilanci. Ma è il solo punto su cui può invece star tranquillo: in Italia non si controlla nulla, neppure gli stipendi dell’on. De Mita.

Luigi Pintor

 

 

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