Il “Caso Milia”, la Fondazione e la malattia della politica

La notizia è nota ed è anche semplice: Graziano Milia, già presidente della Provincia di Cagliari per il Partito democratico (poi decaduto in seguito a una condanna per abuso d’ufficio), è il nuovo coordinatore della comunicazione della Fondazione del Banco di Sardegna, presieduta da Antonello Cabras, Partito democratico, già senatore della Repubblica, presidente della Regione, assessore.

Negli ambienti politici e giornalistici – come chiunque può confermare – il fatto che Graziano Milia avrebbe assunto questo ruolo era dato praticamente per scontato da pochi giorni dopo la pubblicazione del bando. Suggerivano l’ipotesi – rivelatasi fondata – il fatto stesso che si fosse proposto (assieme a un altro centinaio di persone) e anche il carattere generico dei requisiti. Milia è un giornalista pubblicista – non un professionista – e ha svolto esperienze nel campo della comunicazione mentre, contemporaneamente, ricopriva ruoli politici. E’ stato l’addetto alla comunicazione di sé stesso, in pratica.  Come egli stesso ha onestamente dichiarato rendendo pubblico il suo curriculum attraverso Facebook.

Diciamo subito che riteniamo il “caso Milia” uno di quei casi che, ripetendosi in varie salse nel tempo, hanno dato un grande contributo al distacco dei cittadini dalla politica. Cioè all’astensionismo, alla disaffezione verso le istituzioni e all’idea che la politica non sia uno strumento per migliorare le condizioni di tutti, ma per salvaguardare gli interessi di pochi.

Chi scrive, fa questa considerazione – del tutto ovvia – con molto rammarico. La Sardegna è “piccola” e ci si conosce tutti. Questo determina frequentemente antipatiche commistioni tra il piano pubblico e il piano privato. Commistioni che purtroppo nella maggior parte dei casi vengono risolte con l’instaurarsi di una sorta di ‘omertà relazionale‘. E succede che chi si sottrae a questo meccanismo malato venga accusato di agire ‘per fatto personale’. La domanda ricorrente che ci si sente rivolgere è: “Ce l’hai con me?” Segue, spesso, una controffensiva che si sostanzia nello sviamento dal merito e nella diffamazione.

Dinamica nota a tutti e di grande potenza intimidatoria. Segnaliamo in proposito che abbiamo ricevuto da più parti – anche da autorevoli esponenti del Partito democratico – sollecitazioni a occuparci della vicenda. Ma quando abbiamo invitato i “sollecitatori” a rendere pubblico il loro pensiero, non abbiamo avuto più alcuna risposta.

Chi scrive “non ce l’ha” con Graziano Milia che conosce fin dai tempi della scuola e a cui è legato anche da una rete di amicizie comuni. Circostanza che rende ancor più doloroso dover fare queste considerazioni. Per alcuni aspetti analoghe a quelle fatte in occasione della nomina di Antonello Soro, dermatologo, già capogruppo del Partito democratico alla Camera, a Garante della privacy.

La gravità di queste pratiche, non è attenuata dal fatto che il nominato di turno svolga in modo buono o addirittura eccellente il compito che gli è affidato. Volendo azzardare una previsione, è molto probabile che Graziano Milia diventi un ottimo responsabile della comunicazione. Il problema è un altro. La politica non può essere mai – e oggi nemmeno apparire – il luogo dei privilegi. Ogni atto che va in questa direzione dà un nuovo contributo allo sgretolamento della relazione tra i cittadini e le istituzioni.

Siamo quasi certi che questo articolo non provocherà reazioni. Speriamo di essere smentiti, ma l’esperienza di questi ultimi anni ci fa ritenere che il silenzio sarà la reazione più probabile. A maggior ragione perché la vicenda riguarda la Fondazione del Banco di Sardegna, cioè una delle poche istituzioni che, nella Sardegna della crisi, ancora finanziano iniziative culturali, festival, mostre e ricerche e che, per questa ragione, è dotata di un potere ricattuale immanente, anche nei confronti del mondo culturale, che non ha bisogno di esplicitarsi. D’altra parte nei luoghi della ‘omerta relazionale’ il mantenere buone relazioni (cioè adeguarsi) è una delle regole principali tra le regole non scritte che governano le società chiuse. Fatto, questo, che rende ancora più gravi comportamenti e scelte di questo genere. Perché si avverte, oltre a un’idea ‘castale’ della politica, anche una buona dose di slealtà e di prepotenza.

G.M.B:

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