Mandiamo via gli avvelenatori della vita pubblica e dell’ambiente

Mandiamoli via. E ognuno di noi (di quanti sanno che le istituzioni pubbliche e le loro scelte incidono sulla vita quotidiana e sul futuro dei figli) usi questa giornata non solo per votare, ma per convincere quante più persone a farlo.

Facciamo la fatica di spiegare che non è vero che “sono tutti uguali”. Non sempre è facile, perché c’è chi ha fatto il possibile per annullare le differenze. Ma, nonostante tutto, le differenze rimangono. E sono decisive.

Mandiamo via Ugo Cappellacci e il gruppo di potere che lo sostiene. In questo caso le ideologie, le posizioni politiche, sono quasi secondarie. C’è semplicemente da ripristinare le regole ordinarie della buona amministrazione. Togliere il denaro pubblico dalla mani di chi l’ha utilizzato soprattutto per consolidare il potere proprio e dei propri amici, che ha intrattenuto rapporti con personaggi quali Flavio Carboni, che ha nel suo passato ruoli dirigenti nell’azienda che ha avvelenato il territorio di Furtei, che ha chiuso la legislatura approvando il nuovo piano paesaggistico in assenza del parere degli esperti sugli effetti che esso avrà sull’ambiente.

E’ un problema che viene molto prima della politica. E che ha a che fare col decoro delle istituzioni. Non è un caso che un uomo delle istituzioni come il prefetto Antonio Pitea, eletto col centrodestra, sostenga oggi il centrosinistra. E che la presidente del consiglio regionale Claudia Lombardo, che è di Forza Italia, abbia annunciato che non voterà per Cappellacci.

La Sardegna non può essere governata per altri cinque anni da un gruppo di potere che ha annullato tutti i criteri di merito e di competenza. Da un uomo che è giunto a nominare un sodale politico privo di qualunque requisito alla guida della Carbosulcis – salvo poi fare marcia indietro davanti alle reazioni indignate della sua stessa parte politica – e che, nella speranza di rendersi visibile, si è fatto trattare come un burattino dal Silvio Berlusconi.

Il quale, nell’occasione, ha lanciato l’ennesima promessa: 20 milioni di turisti in arrivo. Cinque anni fa aveva fatto finta di telefonare a Vladimir Putin per risolvere la crisi dell’Euroallumina. Da allora la cassa integrazione in deroga è cresciuta del 500 per cento (il doppio che nel Mezzogiorno), i promessi 100.000 nuovi posti di lavoro sono diventati 80mila in meno e abbiamo raggiunto il record nazionale della dispersione scolastica.

Comprendiamo i dubbi e anche il disgusto di decine di migliaia di elettori sardi. La tentazione di restare a casa. Ma qua si tratta di ripristinare le regole della convivenza civile. Si tratta di fare in modo che i soldi pubblici non vengano buttati al vento per fare regali agli amici editori, agli amici assessori, o semplicemente agli amici.

Mandiamoli via. E convinciamo i delusi e gli scontenti a votare.

La cosa che più temono i detentori dei ‘pacchetti di voti’ è la partecipazione. Perché sanno che i loro sostenitori sicuramente voteranno. Li controllano uno per uno. E meno sono gli elettori, più quei voti comprati valgono.

Ci sarà tempo per regolare i conti con quanti hanno tradito il loro ruolo. Con quanti hanno finto di opporsi ma sono stati conniventi. Questa battaglia comincerà domani, comincerà subito. Ma la condizione perché possa cominciare è che intanto vada via chi ha minato le basi del sistema, le fondamenta della casa di noi tutti.

Mandiamoli via prima che siano loro a cacciar via tutti noi dalla speranza di una vita migliore.

Ci vuole l’impegno di tutti. Ognuno prenda per mano un amico o un parente e lo convinca a presentarsi alle urne. Lo scuota dalla rassegnazione e dalle frustrazione. La scelta non manca. Il voto disgiunto consente di determinare il cambiamento senza tradire le proprie convinzioni. Ci vuole lucidità e determinazione. Ogni voto è prezioso. Ognuno faccia la sua parte.

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