L’utilizzo dell’Inno nazionale nella manifestazione a sostegno di Silvio Berlusconi e della sua pretesa di sottrarsi al principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è il corollario vergognoso di una storia cominciata vent’anni fa con l’usurpazione a fini privati del grido che fino ad allora aveva accompagnato le imprese della nazionale di calcio.
Da “Forza Italia” all’Inno d’Italia. Nel mezzo, un Paese bloccato dagli interessi (e dai vizi) privati di un imprenditore senza scrupoli. E dalla cecità di quanti – ignorando l’allarme lanciato immediatamente da personalità come Norberto Bobbio – non fecero niente, quando ancora si era in tempo, per fermare un conflitto d’interessi unico nel mondo occidentale.
Berlusconi – come prevede la legge – se ne va dal Senato. I danni che ha prodotto restano tutti. Ci vorranno molti anni per ripararli. Oggi non c’è da far festa, ma da rimboccarsi le maniche e soprattutto mantenere la calma. Le macerie sono attorno a noi e l’uomo – disperato e ferito – è in grado di produrne molte altre ancora.