Alcune domande preoccupate sull’acquisizione-sparizione della Banca di Sassari

In questo nuovo editoriale, il collettivo di economisti ed esperti di vicende bancarie che ha scelto di utilizzare lo pseudonimo di Amsicora, propone – sulla base di informazioni provenienti da fonti autorevoli – una ricostruzione dei passaggi che determineranno il controllo della Banca di Sassari da parte della Bper. Questo stesso spazio è a disposizione delle istituzioni e delle persone interpellate se, come speriamo, vorranno rispondere.

La “depredazione” degli assets più pregiati del Banco di Sardegna, da parte del gruppo modenese che lo controlla con il 51% del capitale, non conosce tregua alcuna. È questo il tema discusso ed analizzato fra noi di Amsicora, dopo aver conosciuto i termini con cui la Popolare d’Emilia Romagna (Bper) acquisirà nelle prossime settimane il controllo della Banca di Sassari, trasformandola in società-prodotto (per carte di credito e prestiti personali), e non più banca di raccolta e impieghi. In tal modo si priverebbe il sistema bancario dell’isola del suo più antico istituto. Con la sottrazione dal Banco di Sardegna, attualmente proprietario della partecipazione di maggioranza (attualmente detiene il 74,72% del capitale).

Si tratta di un’acquisizione-spoliazione che è passata nel più assoluto silenzio, sia politico che giornalistico, quasi che ci sia un assoluto divieto di “disturbare il manovratore modenese” nei suoi sempre più proficui e silenziosi raid sardi.
Per meglio intendere quel termine – depredare – qui utilizzato, occorre sottolineare come quel de- dinanzi suoni ancor più intensivo rispetto al semplice “predare”, fare preda. Proprio perché i termini dell’acquisizione parrebbero proprio (il condizionale è d’obbligo, visto che quel che avviene da quelle parti pare sempre molto misterioso) la replica di quel che è già accaduto con la Sardaleasing, avendone acquisito il controllo, come si ricorderà, senza tirare fuori un euro.

Vediamo un po’ di ricostruirne quindi i due passaggi fondamentali.

Il primo ha riguardato la determinazione del valore delle azioni della Banca di Sassari, oggetto – viene detto – di una valutazione effettuata congiuntamente da esperti terzi: sulla cui base è stato determinato l’importo che la Bper dovrà riconoscere al Banco di Sardegna per acquisire il numero di azioni necessario per averne il controllo. Con un comunicato ufficiale, le due banche ne hanno dato puntuale informazione, indicando nel 23 maggio il giorno in cui avverrebbe il pagamento (al termine la Bper passerebbe dall’attuale 18,2 all’80%, mentre il Banco di Sardegna retrocederebbe a circa il 20%).

Ma proprio quel 23 maggio, in piena consecutio temporum, avverrà, come spiega lo stesso comunicato, il secondo passaggio. La Bper, divenuta azionista di controllo della Banca di Sassari, cederebbe, contro pagamento, al Banco di Sardegna il “ramo d’azienda” formato dalla cinquantina di filiali presenti nel territorio isolano. Del valore di questa cessione non si fa cenno alcuno, lasciando quindi il dubbio se esso possa compensare o addirittura superare quanto stabilito per l’acquisto delle azioni.
In effetti può essere lecito presumere che, nel confronto fra quanto dovuto per acquisire la Banca di Sassari e quanto richiesto per cederne il ramo d’azienda, la Bper nella compensazione non debba tirare fuori neppure un euro.
Se così fosse, sembrerebbe proprio che si sia dinanzi ad una sorta di gioco delle “tre carte” – non dissimile da quello, così conosciuto, in cui vince sempre chi dà le carte – se non ci fosse da sdegnarsi e da protestare per l’ennesimo scippo ai danni dell’isola.

Viene quindi da domandarsi: ma i rappresentanti del 49% del capitale detenuto dalla Fondazione, che siedono nel consiglio del Banco di Sardegna, possono confermare o smentire questa nostra ricostruzione? Possono spiegare, all’opinione pubblica sarda, la vera “ratio” di un’operazione che a noi parrebbe così squilibrata, fra i vantaggi ai modenesi e gli svantaggi ai sardi?
Vorremmo che la risposta desse torto marcio a queste nostre illazioni, anche se, andreottianamente, riteniamo che attraverso di esse, più che far peccato, molto spesso ci s’azzecca.
Comunque, ed è questa l’amara conclusione, dalla Sardegna spariscono le insegne di una banca storica, con il suo passato tanto legato al nostro mondo locale ed ai ricordi di personaggi importanti che lo guidarono, fra i quali piace ricordare Gavino Alivia (era stata fondata quasi 130 anni fa, il 15 marzo del 1888, da un gruppo di commercianti sassaresi, assumendo poi, dal 1926 in avanti, la denominazione di Banca Popolare di Sassari, di cui l’attuale Banca di Sassari spa ne è, da una ventina d’anni, la continuazione).

L’occasione è comunque importante per sottolineare che alcuni di noi, fin da quel 1993, si mostrarono assai critici sull’operazione che portò il Banco di Sardegna ad incorporare l’allora Popolare di Sassari, posta da Bankitalia in regime commissariale, trasformandola da società cooperativa in società per azioni, con un investimento di oltre 170 miliardi lire.
Le critiche riguardarono allora, fra l’altro, la coincidenza delle due reti territoriali, con le perniciose duplicazioni di sportelli anche in piccoli centri dell’isola. Critiche che sarebbero ancor più valide oggi che il Banco di Sardegna va ad acquistare una rete di sportelli che, per quel che consta, andrà ad aggravare la già esuberante presenza di agenzie nel territorio dell’Isola.

A lato di quest’operazione ci sarebbe (anche in questo caso il condizionale è d’obbligo), quale convitato di pietra, la Fondazione, detentrice del 49% delle azioni del Banco di Sardegna. Ad essa, infatti, spetterebbe avallare l’operazione, anche perché è ben presente nel CdA del Banco di Sardegna ed ha poi un suo uomo autorevole alla presidenza.
Purtroppo, nonostante gli stakeholders della Fondazione si sia noi sardi, vige sempre, da quei luoghi, la regola del silenzio più assoluto. Eppure la Fondazione ha il compito, in legge e in statuto, di dover essere il “guardiano ed il custode” dell’integrità patrimoniale ed identitaria del Banco. E questo nell’interesse della comunità dei sardi.
Allora, domandiamo, è improprio chiedere che ad illustrare l’operazione, ed alle ragioni che l’hanno determinata, siano i responsabili della Fondazione o, ancor meglio, i tutori degli interessi di noi sardi, cioè gli uomini della Regione?

Amsicora

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