sulcis

Alcoa, una bomba sociale innescata nel Sulcis

Le trattative per la cessione dello stabilimento di alluminio di Portovesme di proprietà Alcoa si sono arenate. O, per essere più precisi, i vertici della multinazionale americana “considerano conclusi negativamente i negoziati con la multinazionale svizzera Klesch”. La ragione di questo ennesimo fallimento sarebbe il mancato accordo sulle clausole che regolano gli aspetti finanziari della cessione, col conseguente giudizio di “inaffidabilità” formulato da Alcoa sul gruppo Klesch. Da qui lo stop a questa trattativa, ma non alla volontà di vendere lo stabilimento.

Sono passati circa sette mesi (era, per una casualità sinistramente evocativa, il 2 novembre del 2012) da quando le ultime celle elettrolitiche sono state spente nel grande impianto di Portovesme. Erano 320 i forni elettrolitici che producevano 150 mila tonnellate l’anno di quello che si riteneva un metallo prezioso e strategico per l’economia italiana. Forni che, uno a uno, gli stessi operai hanno “dovuto” spegnere secondo un calendario tecnico controllato e programmato per un successivo riavvio.

L’annuncio di Alcoa di sospendere la produzione di alluminio era arrivato tre anni prima, nell’autunno del 2009. Decisione assunta, si disse, nell’ambito di un progetto internazionale di riassetto delle produzioni, in realtà perché erano in scadenza le agevolazioni sui costi energetici e anche in conseguenza della procedura d’infrazione aperta dalla Unione Europea per i cosiddetti “aiuti di Stato” che poi si è conclusa con l’intimazione ad Alcoa di restituire circa trecento milioni di euro per le agevolazioni non dovute. Agevolazioni ricevute dal 1996 al 2011 e stimate (secondo fonti interne alla Cassa conguaglio per il settore elettrico), in circa un miliardo e mezzo di euro (di soldi pubblici).

Il governo dell’epoca, col ministro Claudio Scajola allo Sviluppo Economico, fece un nuovo accordo sulla tariffazione elettrica agevolata prorogando, di fatto, le condizioni di favore sull’energia fino a dicembre 2012: il cosiddetto “decreto salva Alcoa”, una soluzione tampone in attesa di creare quelle soluzioni “strutturali” al problema energia da tutti auspicate. Evidentemente questo sconto, stimato dalla Cassa conguaglio, che dipende dall’Authority per l’energia elettrica e il gas e dal MiSE, in cento milioni l’anno, non è stato sufficiente a convincere l’Alcoa a non lasciare l’Italia.

Al problema del costo dell’energia si è poi aggiunto il calo della domanda di alluminio e così del suo prezzo. Inoltre le produzioni asiatiche del metallo, soprattutto quelle cinesi, stanno mettendo in seria difficoltà quelle occidentali per la grossa disparità dei costi di produzione, energia e mano d’opera.

La multinazionale americana (e anche i sindacati) ha più volte sollecitato il governo a trovare una soluzione strutturale al problema dell’alto costo dell’energia, come si è fatto in altri paesi europei. Sono state anche ipotizzate varie soluzioni tecniche. Ma tutto è rimasto sulla carta.

Intanto il tempo è passato. I fondi per la cassa integrazione termineranno a dicembre con la possibilità di una prorogo di un altro anno. Poi il Sulcis e per i lavoratori dell’Alcoa sarà il tracollo. E non arriverà un acquirente si apriranno le porte della disoccupazione.

Ecco perché negli ambienti sindacali e fra gli operai l’attesa inizia a diventare impaziente e la preoccupazione di un domani sempre più incerto sta facendo maturare la consapevolezza che una nuova stagione di lotte operaie sarà ineludibile. E presto i caschetti colorati degli operai dell’Alcoa potrebbero, di nuovo, far risuonare il loro sinistro rumore sui marciapiedi romani. Con sviluppi che nessuno può prevedere.

Carlo Martinelli

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share