Paci: “Vincoli di spesa cancellati e avanti con la Vertenza Entrate”

Raffaele Paci, l’assessore alla Programmazione, spiega diritti e doveri della Sardegna dopo la firma dell’accordo sul patto di stabilità.

«La Vertenza Entrate non c’entra nulla con la cancellazione dei vincoli di spesa ottenuta da questa Giunta attraverso l’accordo Stato-Regione. Non abbiamo certo ipotecato i nostri diritti, né quelli passati né i futuri, per poter spendere tutti i 6,8 miliardi del nostro bilancio regionale. E sarà così dal 1° gennaio 2015. Anzi: stiamo preparando un dossier per ottenere da Roma le quote tributarie che ancora non ci sono totalmente riconosciute». Raffaele Paci, l’assessore alla Programmazione, lo dice in premessa nel giorno in cui il presidente Francesco Pigliaru ha spiegato in Consiglio i dettagli dell’intesa siglata lunedì col ministro Pier Carlo Podoan.

Assessore, i sardi hanno una paura: temono di essere stati fregati da Roma ancora una volta.

«In questo accordo rischi non ce ne sono».

Come lo dimostra?

«Comincio dal primo risultato ottenuto: fino a oggi la Sardegna, come le altre regioni italiane, non può utilizzare tutte le proprie entrate. A fronte di un bilancio da 6,8 miliardi e al netto dei 3,2 che sono il costo della Sanità fuori dal Patto, noi siamo costretti a un risparmio forzato di 1,4 miliardi all’anno. Ma dal 2015 questo non succederà più. Dovremo rispettare il solo vincolo del pareggio, senza tetti di spesa».

Entro il 16 settembre prossimo vi siete impegnati a ritirare di tutti i contenziosi aperti con lo Stato in materia finanziaria. Che tipo di ricorsi sono?

«Si tratta di impugnazioni contro leggi nazionali relative agli anni 2011, 2012 e 2013».

La Vertenza Entrate rientra nella partita?

«Assolutamente no. Le maggiori quote di Iva e Irpef riconosciute alla Sardegna ai tempi della giunta Soru non si toccano, e nemmeno sono state prese in considerazione nell’accordo di lunedì. Fanno parte di uno spazio finanziario già acquisito. Questa Giunta, semmai, sta preparando un dossier per completare la Vertenza».

Di che somme stiamo parlando?

«Di altri 70 milioni. Lo Stato ce li deve per l’Ires, ovvero per la tassa pagata dalle imprese che hanno uno stabilimento nell’Isola, ma non la sede legale. La cifra è già messa a bilancio, tuttavia crediamo che vadano approfonditi i calcoli. L’importo comprende anche i “Giochi”, cioè la quota parte che spetta alla Sardegna per lotterie, slot machine e “Gratta&Vinci”».

Nell’accordo col governi Renzi cos’altro rientra?

«Gli accantonamenti».

Vuole spiegare cosa sono?

«Sono parte delle entrate che spetterebbero alla Sardegna, ma lo Stato trattiene, sempre in quota parte, per pagare il debito pubblico. Che, è bene ricordarlo, ammonta a oltre  2mila miliardi di euro. E siccome anche la nostra Isola ha usufruito di quelle spese per realizzare infrastrutture o finanziare la pubblica amministrazione, ecco la somma trattenuta ogni anno. Nel 2014, per esempio, è stata pari a 670 milioni. Nell’accordo di lunedì la Sardegna ha accettato di contribuire alla riduzione del debito pubblico con quegli importi».

C’erano alternative?

«No. Gli accantonamenti esistono da almeno quattro anni e sono dovuti da ogni Regione italiana. Con una differenza: in quelle a Statuto ordinario il prelievo avviene sotto forma di tagli, in quelle a Statuto speciale come la nostra si parla appunto di accantonamenti che fino a oggi si sono aggiunti ai vincoli di spesa. Dal 2015, invece, saremo padroni delle nostre risorse. Anche di eventuali maggiori entrate sulle quali non dovremo più barattare con Roma deroghe per poterle utilizzare».

Quanto è soddisfatto?

«Il risultato è certamente importante, direi storico, perché segna un cambio strutturale. Ma potrò dirmi contento solo quando l’accordo, che al momento è un nuovo strumento di programmazione, porterà i suoi effetti reali. Mi riferisco alla diminuzione della disoccupazione su tutto. Vogliamo vedere quei dati abbassarsi».

Con l’assessore Maninchedda vi siete chiariti?

«Da subito. L’assessore si è allarmato per un articolo del Sole 24 Ore riferito all’armonizzazione dei bilanci, un principio previsto dal decreto legislativo 118 del 2011 e al quale noi ci siamo uniformati addirittura due mesi fa».

Tecnicamente come si arriverà ad armonizzare i bilanci?

«Il dl 118 ha introdotto, a valere dal 1° gennaio 2015, una sorta di format, visto che fino a oggi ogni pubblica amministrazione segue regole diverse per stilare i bilanci, per esempio nei capitolati di spesa. Ciò permetterà una maggiore trasparenza dei bilanci e quindi la possibilità per i cittadini di esercitare un maggiore controllo».

Per il 2014 avete ottenuto l’ok a utilizzare 364 milioni in più rispetto al 2013. Per chiudere l’anno quanto avete in cassa?

«Abbiamo a disposizione 2 miliardi e 740 milioni, esclusi i fondi europei e le risorse della Sanità. Per questa ragione stiamo lavorando a una lista di priorità sugli investimenti da fare entro dicembre, consci del fatto che dobbiamo sopportare qualche sacrifico ancora solo per pochi mesi».

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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