“Il meno peggio…”. I sardo-americani raccontano la sfida Clinton-Trump

“The lesser of two evils”, il meno peggio: le attesissime, temute elezioni americane in programma il prossimo 8 novembre daranno un nuovo presidente agli Stati Uniti d’America, ma molti di quanti andranno a votare sceglieranno tra Clinton e Trump senza essere del tutto convinti da nessuno dei due candidati. Questa previsione, accreditata da quasi tutti gli analisti,  trova riscontro in quanto ci hanno detto alcuni sardi che vivono in Stati americani  diversissimi tra loro: California, Pennsylvania, Washington, Alabama. Ecco i loro racconti.

Manuela Raffatellu, 40 anni, sassarese, da 12 vive in California: è professore associato di Microbiologia e Immunologia alla Facoltà di Medicina dell’Università della California, a Irvine (qui si racconta per la rubrica Sardi nel Mondo nell’intervista di Giovanni Runchina). Non ha ancora la cittadinanza e non potrà votare, ma è certa di cosa succederà nel suo stato: “La California è uno stato tradizionalmente ‘blu’, democratico’, e qui è data per certa la vittoria di Hillary. Da noi i candidati non vengono nemmeno a fare campagna elettorale, è una perdita di tempo. La battaglia per le elezioni si vince negli Swing States, gli stati altalena, tipo Ohio e Florida, e la campagna elettorale si concentra in questi luoghi chiave. Nel mio cerchio di conoscenze, che però, lo ammetto, è limitato a persone di una certa cultura, non conosco nessuno che voterà per Trump, e anche io se potessi voterei per la Clinton. Nota bene, il mio voto in California non è così importante, proprio perché si sa già che qui Hillary stravincerà. Purtroppo dobbiamo solo sperare che negli Swing States le persone ragionevoli superino i maschi bianchi senza cultura che voteranno per Trump. La mia impressione è che alcuni siano supporters di Hillary, ma molti stanno votando per quello che ritengono il meno peggio (the lesser of two evils)”.

In California lavora anche Roberto Zoncu, 41 anni di Riola Sardo, ricercatore e docente di biologia cellulare e molecolare a Berkeley (qui la sua storia): “Vivo a San Francisco, roccaforte democratica come l’intero Stato della California. Qui Trump è visto come un villano e l’ironia sul suo conto si spreca. L’atmosfera è generalmente ottimistica, dato che i sondaggi continuano a dare Hillary Clinton per favorita a dispetto della recente riapertura del caso delle email da parte dell’FBI. Va anche detto che la Clinton è molto criticata per le sue connessioni politiche e finanziarie, ma è vista come la scelta di gran lunga meno indigesta. Molte persone che hanno contatti in stati-chiave come la North Carolina o la Florida si sono mobilitate personalmente o hanno reclutato amici e familiari che vivono in quegli Stati per cercare di spostare l’ago della bilancia a favore di Hillary. Sicuramente martedi sarà una giornata ad alta tensione”.

Dalla California al lato opposto degli States, in Pennsylvania: Michele Sanna, sassarese di 41 anni, si è trasferito a Pittsburgh da poche settimane ma vive in America da tre anni. Ha lavorato nella ristorazione e ora è in cerca di nuova occupazione. “Non ho ancora il diritto di voto, ma mia moglie a nome di tutta la famiglia sceglierà Hillary Clinton, l’unica che, secondo noi, potrá continuare il lavoro iniziato da Obama. Siamo però sconcertati dalla mediocritá di entrambi i candidati: dimostrano gravi lacune e i dibattiti si sono posti su livelli molto bassi. Trump è un degno rappresentante dei poteri forti e delle lobby, una persona spregiudicata e arrogante, lontana dai veri problemi degli americani, ma rappresenta, pur sempre, l’unica alternativa per chi dal governo Obama si è sentito sfavorito. È, infatti, indubbio che il precedente governo abbia dato fastidio a molti, e per tutta risposta questi voteranno per Trump: lo voteranno non per le sue capacitá personali ma per quello che rappresenta. La Pennsylvania è uno Stato politicamente repubblicano, prima stavamo in New Jersey, stato democratico che però negli ultimi anni ha sperimentato, con esiti definiti disastrosi, un governo repubblicano, tanto che a queste presidenziali voterà Clinton. Abbiamo notato differenze enormi. Qui bollette e benzina decisamente piú alte, asili pubblici assenti, servizi inadeguati. Su tutti questi settori manca la concorrenza e quindi la scelta per il consumatore finale, i servizi pubblici primari sono affidati a compagnie private monopoliste che fanno il buono ed il cattivo tempo”. In generale, secondo Michele Sanna, l’America è un paese difficile: “Difficile perché è dura ritrovare gli stessi ideali di lealtá e bene sociale con i quali siamo cresciuti”.

Andando a sud c’è l’Alabama, dove vive Francesca Mereu, nuorese, giornalista freelance (ha collaborato, tra gli altri, con Radio Popolare, New York Times, International Herald Tribune, Manifesto, Diario, L’Unità e Il Fatto Quotidiano) che dopo un’esperienza decennale a Mosca si è trasferita a Birmingham (qui l’intervista a SardiniaPost). “La situazione in Alabama è questa: a Birmingham, la città più grande dell’Alabama, c’è molta simpatia per la Clinton, persino il giornale Birmingham news è uscito il 9 ottobre con un editorial intitolato: ‘Siamo con Hillary Clinton. Sinceramente, Donald Trump è troppo pericoloso’. Questa però è Birmingham, città universitaria. La provincia dell’Alabama è tutt’altra cosa: i bianchi, di solito molto conservatori, sono per Trump e i neri per Hillary. Insomma, lo Stato dell’Alabama voterà per Trump. La cosa peculiare di queste elezioni è che sia democratici e repubblicani non amano i due candidati, soprattutto tra i democratici c’è molto astio verso la Clinton e molti dicono che la voteranno solo perché tra i due mali lei è quello minore”.

“Questa è certamente una delle elezioni più bizzarre nella storia degli Stati Uniti” – sottolinea Andrea Piras, 35 anni, origini di Macomer e oggi manager della Microsoft a Seattle, nello stato di Washington – . Il malcontento per una fazione politica, o i politici in genere ci sarà sempre. Ma l’avvento di Trump e le conseguenti rotture interne dei Republicans erano incredibili fino all’anno scorso. I Democrats sono più uniti, ma la stessa Clinton non piace a molti. Quindi siamo rimasti con due candidati che non sono molto popolari al di fuori dei loro diretti sostenitori e sono stati coinvolti in una serie di scandali. Il nuovo presidente, molto probabilmente la Clinton, avrà molto lavoro da fare per unire la nazione, ma io credo che in ogni caso non sarà sicuramente al livello di Obama”.

Francesca Mulas

 

 

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