Verso il referendum del 17 aprile, politica sarda divisa

Il referendum sulle trivellazioni del 17 aprile non avrebbe potuto ricevere pubblicità più grande. Al netto degli spot Rai, considerati “tardivi e insufficienti” da Verdi e Radicali, il terremoto politico scatenato dall’inchiesta della procura di Potenza sul presunto malaffare che prolifera all’ombra di pozzi, oleodotti e raffinerie ha dato una chance in più a chi chiede il blocco delle concessioni off-shore situate entro le 12 miglia dalle coste. Ma il raggiungimento del quorum non è scontato.

Trivellopoli

Del resto, il vento che ha cominciato a spirare dalla Basilicata lo scorso 31 marzo ha già travolto Federica Guidi, ministro dello Sviluppo Economico e compagna di Gianluca Gemelli, l’imprenditore siciliano accusato di corruzione e traffico di influenze dai pm lucani in relazione alle pressioni esercitate per sbloccare il progetto Tempa Rossa della Total. Le intercettazioni finora pubblicate proiettano ombre anche sul ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e Claudio De Vincenti. “Cricche”, “clan” e “quartierini” a parte, ci sono poi gli illeciti commessi al Centro oli di Viggiano dell’Eni – dove le analisi sulle emissioni in atmosfera sarebbero state taroccate- e nel pozzo Costa Molina 2 – dove sarebbero state re-iniettate 850mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Se all’inquinamento dell’oro nero si aggiunge anche l’alta incidenza di gravi patologie riscontrata in Basilicata, si capisce perché la procura di Potenza abbia iniziato a indagare per disastro ambientale.

In Sardegna, il vento lucano non si è abbattuto con la stessa forza con cui ha sferzato Roma. Vuoi perché quello dell’impatto ambientale non è un argomento che la politica isolana mastica di buon grado. Oppure perché finora le indagini hanno solo lambito l’Isola: come riportato da Maria Francesca Chiappe dell’Unione Sarda, in un’intercettazione Gemelli ha manifestato l’intenzione di “fare una passeggiata in Sardegna”. In quella telefonata, l’ex compagno della Guidi parlava di Saipem, che nell’Isola assembla piattaforme petrolifere ad Arbatax.

Pigliaru, Soru e Ganau

Il referendum ha creato qualche imbarazzo all’interno del partito democratico sardo: prima la decisione anti-renziana di appoggiare i referendum assunta dal gruppo Pd del Consiglio regionale lo scorso settembre. Poi gli sfilacciamenti, le retromarce e le puntualizzazioni sul quesito del 17 aprile, che, nonostante riguardi solo alcune piattaforme petrolifere dell’Adriatico e dello Ionio (e si limiti a stabilire se quei giacimenti possano essere sfruttati o meno fino ad esaurimento), si è di fatto trasformato in una consultazione sulle trivelle. Insomma, all’interno del Pd sardo c’è stato dibattito, ma la discussione non è stata vivace. Né esaustiva. Tant’è vero che nessuno ha ricordato che, nell’Isola, sia sulla terraferma che in mare, centinaia di chilometri quadrati sono a rischio trivelle.

A pochi giorni dal voto è arrivato l’atteso messaggio del presidente Francesco Pigliaru, che con un post su Facebook si è schierato a favore della possibilità per gli impianti oggi attivi entro le 12 miglia dalle coste di continuare l’estrazione di gas e petrolio fino all’esaurimento dei giacimenti. Insomma, quello di Pigliaru o è un no al quesito posto dal referendum o è un indiretto invito all’astensione (parola che il presidente della regione, in ogni caso, non pronuncia). Oltre all’intenzione di avviare una transizione energetica , nel messaggio affidato ai social emerge un dato importante: Pigliaru, infatti, sostiene che la Sardegna sia al riparo dalle trivelle. A rassicurarlo sono le modifiche introdotte dal governo in tema di trivellazioni con la legge di Stabilità. E l’articolo “salva regioni a statuto speciale” dello Sblocca Italia. Nonostante sulle ricerche geofisiche che la Tgs Nopec vorrebbe effettuare a largo delle coste della Sardegna (primo passo verso lo sfruttamento di potenziali giacimenti) il governo non si sia ancora espresso. Se si parla di trivelle e idrocarburi, c’è anche da dire che il Piano energetico licenziato di recente dalla giunta considera il metano imprigionato nel sottosuolo sardo una potenziale risorsa endogena. Insomma, nonostante per Pigliaru il referendum  chiami la cittadinanza ad esprimersi su una “cosa piccola” come la progressiva chiusura delle piattaforme off shore entro le 12 miglia, “non è ragionevole abbandonare i combustibili fossili dall’oggi al domani”.

Il post di Pigliaru ha innescato la reazione di diversi consiglieri regionali, all’interno della stessa maggioranza. Per Francesco Agus (Sel), che non condivide le parole del presidente, “il referendum ha un significato politico non eludibile, i cittadini sardi potranno dunque dare un segnale forte sulla politica energetica”. Antonio Solinas (Pd) annuncia invece che andrà a votare con convinzione “Sì”. Mentre per Pietro Cocco, capogruppo dem all’assemblea di via Roma, “la posizione di Pigliaru, che ha voluto fare informazione senza condizionare il voto, è chiara e netta”.

Seppure la linea dell’astensione non sia stata messa nero su bianco nel corso dell’ultima direzione del partito democratico sardo, il segretario Renato Soru si è dimostrato freddo rispetto al referendum del 17 aprile: “Il referendum è doppiamente inutile per la Sardegna, dove non ci sono piattaforme marine per la estrazione di petrolio e gas e perché non dice nulla sulle trivellazioni in terraferma, che il Pd ha già bocciato”. La bocciatura sarebbe quella contenuta nel documento Sardegna Carbon Free adottato dai democratici sardi a giugno del 2015 su proposta dello stesso Soru.

La controparte del segretario dem all’interno del primo partito in Sardegna è Gianfranco Ganau, presidente del consiglio regionale rimasto fedele alla linea stabilita dall’assemblea di via Roma. “Temo – ha scritto Ganau – che ancora una volta il segretario regionale abbia perso l’occasione per fare una sintesi corretta sulla Direzione, dove al contrario si è sviluppata una discussione ampia e rispettosa delle reciproche posizioni. Sulla sensibilità di Soru in tema di trivelle la dice lunga la convocazione dell’Assemblea regionale del Pd, fissata per il giorno precedente alla votazione referendaria”: questa la risposta di Ganau a Soru.

Il fronte del no alle trivelle

Al contrario del Pd, “Forza Italia è per il sì, senza se e senza ma”, ha dichiarato il capogruppo in Consiglio Regionale Pietro Pittalis, che ha attaccato il governatore in seguito alla sua presa di posizione.”Pigliaru tradisce la decisione presa dal Consiglio regionale, per questo chiederemo al presidente Ganau di convocare con urgenza il Consiglio in settimana”.

Il fronte del sì raggruppa, per il resto, la quasi totalità degli schieramenti politici: dal Movimento 5 stelle a Sel, passando per Sinistra Italiana, Partito dei sardi, Fratelli d’Italia e Partito sardo d’azione. Sostenitori del sì sono anche i tanti partiti e gruppi indipendentisti, i primi in Sardegna ad aver sviluppato una coscienza ambientalista attraverso l’elaborazione di una posizione critica verso l’industrializzazione della Sardegna e i suoi lasciti in termini di veleni e sottosviluppo indotto.

E naturalmente ci sono, poi, i tanti comitati che si oppongono alla speculazione energetica sbocciati negli ultimi, che già da tempo chiedono l’abbandono dei combustibili fossili a favore delle rinnovabili, che devono in ogni caso rispettare criteri di sostenibilità.

Piero Loi

@piero_loi on Twitter

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