Usi civici, il Governo impugna la legge regionale approvata due mesi fa

Il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale sugli usi civici, approvata dall’Aula lo scorso agosto, per “lesione delle competenze legislative statali in materia di tutela dell’ambiente”. Sarà la Corte costituzionale, ora, a doversi pronunciare. La decisione assunta dal governo Letta arriva anche a seguito della segnalazione arrivata il 12 agosto scorso dalle associazioni ambientaliste Gruppo di intervento giuridico, Amici della terra e Lega per l’abolizione della caccia.

“Si tratta di un nuovo editto delle chiudende – commenta in una nota Stefano Deliperi, del Grig – il sacco dei demani civici e la speculazione immobiliare sulle sponde delle zone umide in Sardegna. Pesanti le motivazioni del ricorso, anche a difesa delle competenze statali in materia di pianificazione paesaggistica. Bisogna poi sottolineare che almeno una trentina fra comitati popolari e singoli cittadini hanno inoltrato analoghe istanze al governo affinché difendesse davanti alla Corte costituzionale i demani civici sardi”.

Nell’istanza ecologista “sono state ampiamente motivate le violazioni delle competenze legislative statali costituzionalmente garantite in materia di tutela del paesaggio. Infatti, con l’art. 1 della legge i Comuni sono delegati – si legge in una nota – ‘alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio’, mandando a quel paese anni di difficile lavoro e milioni di euro spesi dalla Regione autonoma della Sardegna per le operazioni che hanno portato all’inventario generale delle terre civiche previsto dalla legge. ”

Una “ricognizione” che, nella realtà, costituirebbe la base soprattutto per sclassificazioni – termine orrido e inesistente, sarebbero sdemanializzazioni – in particolare per i “i terreni sottoposti ad uso civico – aggiunge Deliperi – che abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile né documentabile la originaria sussistenza del vincolo demaniale civico”, cioè in tutti quei casi in cui vi siano state occupazioni abusive, abusi edilizi, destinazioni agricole ovvero i diritti di uso civico siano stati accertati per presunzione in quanto già terreni feudali (la gran parte dei demani civici). Insomma, ancora una penosa, raffazzonata, squallida operazione che punta a un nuovo editto delle chiudende, come ormai il Consiglio regionale sardo sta offrendo da tempo alla ribalta. Spesso e volentieri per interessi particolari ben identificabili. I diritti di uso civico e i demani civici sono una realtà importantissima per l’Isola (quasi un quinto del territorio) e costituiscono una cassaforte di ambiente e di risorse territoriali, economiche e sociali per le collettività locali”.

Inoltre, secondo le associazioni ambientaliste “l’articolo 2 della proposta di legge cerca di rimescolare in un calderone giuridico di dubbia fattura la legge regionale n. 20/2012, nota come legge scempia-stagni, finalizzata a legittimare le opere edilizie realizzate nelle fasce spondali delle zone umide sarde alla faccia delle normative di tutela e, in primo luogo, del piano paesaggistico regionale. La folle disposizione, nata sull’onda del noto caso del palazzo realizzato presso le Saline di Molentargius, quasi legge ad palazzum, è stata giustamente impugnata dal Governo (delibera del Consiglio dei Ministri del 6 dicembre 2012) davanti alla Corte costituzionale, dietro segnalazione delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra”.

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