Regione, le liquidazioni d’oro

I DOCUMENTI / Per i consiglieri un Tfr ‘miracoloso’. Con un caso-limite: gli accantonamenti triplicati. A spese dei contribuenti

Mandato di pagamento n. 60. Totale: 409.438 euro. Beneficiario: Mario Floris. È la liquidazione di uno dei decani del consiglio regionale, che l’Aula di via Roma l’ha varcata per la prima volta nel lontano 1974. Da quel dì, l’onorevole Floris ha accantonato pian piano una parte della sua indennità, versandola come prassi prevede nel “Fondo di solidarietà fra i consiglieri” (si chiama proprio così) fino ad arrivare alla cifra di quasi 410mila euro. Di questi, 363mila euro sono stati già incassati in anticipo, nel corso delle varie legislature, contro il pagamento di un tasso di interesse di circa il 5%. Il problema è che l’onorevole Floris – così come tutti i suoi colleghi, sia chiaro – al Fondo ne ha versato a occhio e croce 270mila. C’è indubbiamente da considerare un margine di errore, visto che si parla di cifre soggette a rivalutazione e meccanismi di calcolo abbastanza complicati. Ma il dato, incrociando accantonamenti e liquidazione finale, è assolutamente attendibile.

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Ma come si arriva ad uno scostamento così abissale? In sintesi, fino al 2012 ogni consigliere girava al Fondo 627 euro al mese, pari al 6,7% dell’indennità, ovvero circa 9.350 euro l’anno. Calcolatrice alla mano, per ogni legislatura i consiglieri accantonavano più o meno 37.600 euro. Ma in cambio ottenevano un assegno di fine mandato pari a cinque indennità, ovvero quasi 47mila euro, ‘guadagnando’ quindi un po’ più di 10mila euro.

Questo dato però, da solo non basta a giustificare una simile differenza. E infatti intorno al Duemila  le cose cambiarono radicalmente. E cambiarono radicalmente perché durante una seduta notturna del consiglio regionale – legislatura numero 12 – spuntò un emendamento che l’Aula approvò con ‘inconsueta’ agilità. Il perché è comprensibile: in poche righe, gli onorevoli consiglieri decisero che a fine legislatura avrebbero incassato non più cinque mensilità, ma dodici. Le casse del Consiglio tremarono e quando si andò a elezioni furono spolpate. Per intendersi: a fronte di un accantonamento dei soliti 37.600 euro, nel 2004 gli onorevoli ne incassarono 112.000. La differenza, quasi 75mila euro, fu liquidata a valere sul bilancio del Consiglio. Ovvero dei contribuenti. A spanne, moltiplicando per gli 80 consiglieri che sedevano in via Roma, si parla di 6 milioni di euro di saldo negativo. E in definitiva, a fronte di versamenti complessivi per 3 milioni di euro, gli onorevoli ne hanno incassato 9, di milioni.

Una norma abominevole cancellata durante la legislatura successiva (2004/2009), quando gli onorevoli ritornano alle cinque indennità. E in definitiva, anziché 75mila euro se ne accreditano circa 10mila in più. Per arrivare al pareggio tra quote accantonate e denari effettivamente incassati si deve aspettare il 2012, quando la presidente del Consiglio Claudia Lombardo innalza l’aliquota dal 6,7% al 10. Fino alle elezioni del 16 febbraio scorso dunque, gli onorevoli hanno versato al Fondo 926 euro al mese, per un totale di circa 44.800 euro, incassandone grosso modo altrettanti a fine mandato.

È utile ribadire che Mario Floris e tutti gli onorevoli passati per l’aula di via Roma hanno chiaramente rispettato le norme. Quelle che essi stessi – è utile ribadire anche questo – hanno stabilito. A riprova: Giorgio Oppi e Felicetto Contu, per sei legislature (compresa la 12ma), hanno accumulato un assegno di fine mandato di circa 345mila euro dietro versamenti per circa 233mila euro. Non si sa se anch’essi abbiano goduto delle anticipazioni al 5%. Di certo però, a questa infinita mole di denaro si sommano anche i vitalizi e i ‘Tfr’ maturati grazie ai trascorsi parlamentari. Gli altri consiglieri seguono a ruota. I lavoratori a busta paga, no.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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