Sblocca-Italia, sblocca trivelle. Ecco cosa prevede il decreto del governo Renzi

Da Renzi via libera alle attività di ricerca e estrazione di idrocarburi. Tra i beneficiari, in Sardegna: Saras e Schulemberg. Ambientalisti sulle barricate.

Con il decreto “Sblocca-Italia” arriva anche il via libera per le attività di ricerca e estrazione di idrocarburi, a mare e sulla terraferma. In Sardegna, il decreto sblocca le trivelle della Saras ad Arborea e della Schulemberg su 21 mila km² al largo di Stintino, Alghero e poi giù fino a Oristano: in pratica, tutta la costa nord-occidentale dell’isola. Da oggi, infatti, lo sfruttamento degli idrocarburi riveste “un’importanza strategica”, recita il testo del decreto discusso in Consiglio dei ministri. Stesso discorso per gasdotti, rigassificatori e depositi di stoccaggio del gas naturale (compresi quelli sotterranei). Insomma, il nuovo dl punta forte sui combustibili fossili. Nonostante le fonti rinnovabili coprano una quota sempre maggiore del fabbisogno energetico della penisola: secondo i dati de Il sole 24 ore, il 54% del totale nel mese di luglio. E non finisce qui. Non mancano, infatti, provvedimenti sulle rocce da scavo, che cessano di essere considerate rifiuti. “In barba alla normativa europea, che equipara le rocce movimentate dall’attività di estrazione di gas e petrolio a rifiuti radioattivi”, spiega il presidente dell’Isde – Medici per l’ambiente Sardegna Vincenzo Migaleddu. Lo Sblocca-Italia continua poi l’operazione di drastica semplificazione degli interventi di bonifica all’interno dei siti industriali contaminati.
Ma andiamo con ordine.

Aperta la caccia a gas e greggio

A tutto gas (e petrolio), si può sintetizzare così l’orientamento del governo in campo energetico. Sì, dunque, alla realizzazione di gasdotti, rigassificatori e siti di stoccaggio. Il provvedimento riguarda da vicino anche l’isola, dove la giunta Pigliaru ha di recente rilanciato l’ipotesi di realizzare uno o più rigassificatori. Al momento, non si può neanche escludere la posa di un gasdotto, di collegamento con il continente o per uso interno. Di sicuro c’è che d’ora in avanti la ricerca e l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi saranno considerate “attività di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. Lo stabilisce l’articolo 45 del nuovo decreto, che prevede, inoltre, il trasferimento dei procedimenti di valutazione ambientale dalle regioni al Ministero dell’Ambiente, in linea con la riforma del titolo V della Costituzione su cui si dovrà esprimere il parlamento alla ripresa dei lavori. Sarà invece il Ministero dello Sviluppo economico a rilasciare il titolo concessorio alle società che ne fanno richiesta, “una volta sentita la regione o la provincia autonoma di Trento e di Bolzano territorialmente interessata”. Procedure accorciate anche per il rilascio del permesso di perforazione e della realizzazione dei connessi impianti di sviluppo.

“Nel nuovo decreto, viene meno anche il principio di precauzione – sottolinea il presidente di Isde – Medici per l’ambiente Sardegna Vincenzo Migaleddu – tant’è che la coltivazione e l’estrazione di idrocarburi verrà interrotta solo dopo il verificarsi di terremoti o di un mutamento dell’ecosistema e degli insediamenti antropici che ospitano le attività estrattive”. Insomma, prima si inquina, poi si vede, casomai si innalzano le soglie d’inquinamento.

Dura la reazione di Legambiente Sardegna, che sostiene sia “ora di dire basta ad una inutile corsa al petrolio: le quantità stimate sotto il mare italiano sono di appena 10 milioni di tonnellate e stando ai consumi attuali, si esaurirebbero in soli due mesi. L’apertura alle compagnie petrolifere nella zona compresa tra la Sardegna e le Baleari è il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico. Piuttosto incrementa i rischi e i danni per il mare e l’ambiente”. Dello stesso avviso Stefano Deliperi dell’associazione ambientalista “Gruppo d’intervento giuridico”, per il quale  si favoriscono le grandi speculazioni energetiche e si aumentano i rischi per l’ambiente e i contesti economico-sociali locali. Inevitabili, per Deliperi, ulteriori scempi e l’apertura di nuovi contenziosi ambientali.

Ombre su terre e rocce da scavo

Come anticipato, le rocce da scavo non vengono più considerate rifiuti. A tal proposito, la nota stampa diffusa dal Consiglio dei Ministri parla di “adeguamento alle direttive europee”. Ma come denuncia il Grig, “per quanto concerne le nuove norme su terre e rocce da scavo le ombre sono numerose”. Soprattutto, per il dottor Migaleddu, “i nuovi provvedimenti vanno contro la direttiva europera Euratom 96/29, chiara nel definire materiale radioattivo le rocce da scavo provenienti dall’estrazione di gas e petrolio”. “Anche il materiale proveniente dalla produzione di alluminio da bauxite è tale”, aggiunge Migaleddu. Questo sarebbe dunque il caso dell’Alcoa. “Il colmo – continua il medico radiologo – è che con la legge 241 del 2000 lo Stato italiano ha già recepito la direttiva Euratom”. Si tratterebbe dunque di un clamoroso passo indietro che può valere l’apertura di un procedimento per infrazione da parte delle autorità europee.

Bonifiche, un altro colpo di spugna?

Tempi ultra-ristretti per l’iter procedurale che porta agli interventi di bonifica dei siti contaminati. E’ questo l’altro ‘ingrediente’ previsto nello Sblocca-Italia. Se il precedente decreto “Ambiente protetto”, ora convertito in legge, aveva concesso 45 giorni di tempo all’Arpas per verificare l’operazione di bonifica effettuata e introdotto il principio del silenzio-assenso senza alcuna forma di trasparenza e partecipazione per i cittadini, le nuove norme concedono alle agenzie regionali appena 30 giorni per validare i risultati del processo di caratterizzazione. Laddove, invece, le caratterizzazioni sono già state effettuate o sono stati eseguiti i primi interventi, per avviare la bonifica basterà invece una comunicazione con 15 giorni di preavviso all’Arpa competente.
Infine, in linea con quanto già predisposto dal decreto Destinazione Italia, che apriva alla reindustrializzazione dei siti contaminati, le nuove norme agevolano la realizzazione in questi stessi siti di nuovi interventi o opere necessarie per l’esercizio di impianti già presenti. Vale a dire, per queste aree, non vige più nessuna legislazione particolare, nonostante gli elevati tassi d’inquinamento. In Sardegna, il dissequestro del bacino dei fanghi rossi di Portovesme potrebbe allora essere alle porte.

Nello Sblocca-Italia anche nuovi inceneritori

Il governo sta poi valutando l’inserimento nel decreto di nuove norme destinate a potenziare il parco inceneritori per rifiuti urbani e speciali della penisola. Contrariamente alla Direttiva quadro 2008/98 dell’Unione Europea, che stabilisce le priorità secondo cui deve essere gestita qualsiasi frazione merceologica dei rifiuti, relegando alle ultime posizioni il recupero di energia e lo smaltimento tramite incenerimento o discarica. Anche in questo caso, la direttiva europea è già stata recepita con in Italia con il decreto legislativo 205/2010. Insomma, largo alla combustione dei rifiuti per la produzione di energia, nonostante si tratti di una pratica inquinante, a scapito della prevenzione, del riutilizzo e del riciclaggio.

Piero Loi

Leggi anche: LA STORIA. Il gioielliere toscano che vuole trivellare mezza Sardegna

 

 

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