Sblocca Italia, addio bonifiche

Più che in presenza di un dubbio, si è di fronte a una certezza: ogniqualvolta il governo affronta la questione bonifiche, è d’obbligo abbandonare ogni speranza che le aree contaminate vengano restituite a nuova vita. L’ultimo attacco alle procedure di ripristino ambientale, con ogni probabilità quello finale, arriva dallo Sblocca Italia, il decreto approvato a colpi di fiducia lo scorso 30 ottobre alla Camera che annulla definitivamente le bonifiche. Come? Semplificando fino quasi a far scomparire la procedura di caratterizzazione delle aree inquinate e allentando i requisiti delle imprese ammesse alle gare d’appalto per le bonifiche. Che d’ora in avanti potranno essere finanziate dagli enti territoriali – già duramente colpiti dall’ultima manovra – con le risorse svincolate dal patto di stabilità. E se, come conferma anche l’assessore regionale all’Ambiente Donatella Spano, “per trivelle e inceneritori il passaggio del decreto in Commissione ambiente ha posto un argine a difesa delle regioni a statuto speciale, per quanto riguarda veleni industriali e militari il testo di riferimento è il Titolo V della Parte quarta Codice dell’ambiente”. Per l’appunto il sistema di norme a cui lo Sblocca Italia dà il colpo di grazia. La Sardegna, con i suoi 445.000 ettari gravemente inquinati, è la regione italiana chiamata a pagare il dazio più elevato alle nuove norme approvate con il voto di tutti i parlamentari sardi di maggioranza.

Tempi ultra-ristretti

Innanzitutto, il testo di legge approvato a colpi di fiducia lo scorso 30 ottobre alla Camera riduce a 30 giorni (contro i 45 previsti in precedenza) il termine entro il quale l’Arpa è chiamata a convalidare la procedura di caratterizzazione delle aree inquinate presentate dallo stesso inquinatore (o da operatori terzi che si aggiudicano l’appalto). Insomma, chi ha causato il danno ambientale avrà gioco facile, dopo aver certificato di proprio pugno l’entità dell’inquinamento prodotto avrà dalla sua un prezioso alleato, il tempo, come già stabilito dal decreto “Ambiente protetto”. E non importa se la ricostruzione dei fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali è più o meno raffazzonata. Trascorsi trenta giorni, il silenzio è sovrano. “A queste condizioni, garantire la bontà delle operazioni di disinquinamento diventa una missione impossibile”, spiega Stefano Deliperi del Gruppo d’intervento giuridico. “Da parte sua, lo Stato continua ad abdicare dal ruolo di controllore della corretta programmazione degli interventi”, rincara la dose Vincenzo Migaleddu, presidente Isde-Medici per l’ambiente Sardegna. E aggiunge: “Venendo meno la certezza del passaggio ante -operam, si devono prendere per buoni gli effetti di interventi così realizzati”.

Chiunque potrà fare le bonifiche

Merita poi attenzione il fatto che d’ora in avanti potrà dedicarsi alle bonifiche anche chi non ha il proprio core-business nel risanamento ambientale. E’ quanto succede a Porto Torres, dove l’Astaldi, nota per la realizzazione di dighe, porti e strade, ha ricevuto dall’Eni l’incarico di disinquinare la collina di Minciaredda. O addirittura le operazioni di risanamento ambientale potranno essere affidate a chi non ha nessuna esperienza nel campo. A queste condizioni, per Stefano Deliperi, “è un po’ come quando negli appalti pubblici si privilegia il prezzo più basso”.“Se stringo i tempi e affido un appalto per le bonifiche a prezzi più bassi, non solo non risolvo i problemi ambientali, ma innesco contenziosi di carattere economico”, incalza il giurista riferendosi a quanto accaduto a La Maddalena, “dove la Marcegaglia ha chiesto i danni per un bene che non può utilizzare a causa di bonifiche mal effettuate. Difatti, l’arbitrato ha stabilito che le spettano 36 milioni di euro”.

Sì alla re-industrializzazione. Con le risorse svincolate dal patto di stabilità

Dulcis in fundo, il decreto introduce anche una nuova disciplina sul finanziamento delle operazioni di bonifica e delle opere necessarie per l’esercizio di impianti (anche nei siti d’interesse nazionale dove non risulta avviata alcuna procedura di bonifica). A ben vedere si tratta dell’attuazione di quanto disposto dal decreto Destinazione Italia, che appunto apriva alla re-industrializzazione delle aree contaminate previa stipula di accordi di programma. La novità è che oltre agli sgravi fiscali ottenuti tramite l’accesso al credito d’imposta, le società attive nelle bonifiche o nella reindustrializzazione dei siti contaminati potranno usufruire delle risorse degli enti territoriali bloccate in precedenza dal patto di stabilità. A queste condizioni, “’gravitare’ attorno alle aree contaminate oggi è conveniente, sia perché con le nuove procedure l’operazione di bonifica diventa meno onerosa, dal momento che gioco-forza i controlli lungo tutte le fasi dell’intervento saranno meno stringenti, sia perché in gioco c’è un piatto da centinaia milioni di euro”, conclude Migaleddu.

Piero Loi

Leggi anche: Cotti (M5S) contro lo Sblocca Italia: “In Sardegna trivellazioni selvagge”

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