Sanjust al funzionario che ha ‘parlato’: «Sei una m…»

Il panico. Che fa commettere errori, mosse false, imprudenze. Mario Diana e Carlo Sanjust – che hanno trascorso la loro prima notte in cella – non sono stati arrestati per le “spese pazze”, per i libri antichi e le Montblanc il primo, per il matrimonio a spese pubbliche il secondo. Né per le consulenze e i convegni inventati a posteriori con lo scopo di giustificare le uscite di denaro dai fondi del gruppo consiliare. Per queste vicende avevano già ricevuto un avviso di garanzia per peculato e, se fossero rimasti fermi e calmi, avrebbero atteso il processo in stato di libertà.

I due esponenti del Pdl sono stati arrestati per i comportamenti che hanno messo in atto nelle ultime settimane e negli ultimi mesi. In un Palazzo dove, scrive il gip nella sua ordinanza, il clima si era fatto “molto pesante”.

In una stanza degli uffici del Pdl c’è una sorta di “monumento” a questo clima di paura. E’ un enorme televisore che è riapparso nella stanza dell’onorevole Petrini. Ne ha parlato a metà estate, quando il panico aveva cominciato a diffondersi, Antonio Cocco, uno dei dipendenti del gruppo: “Da qualche settimana, due o tre settimane fa, ho visto che nella stanza assegnata all’onorevole Petrini c’è un enorme televisore appoggiato su un mobile. La scorsa settimana sono venuti due tecnici del Consiglio regionale per fare un lavoro sui collegamenti per il funzionamento di quel televisore. Non so dire chi abbia pagato il predetto televisore. La stanza dell’onorevole Petrini è grande circa 10 metri quadri. Normalmente i televisori vengono utilizzati per la visione dei lavori in aula quando il consigliere non può essere presente ai lavori stessi. Non ho mai visto fino a oggi il televisore accesso nella stanza dell’onorevole Petrini”.

Un monumento, quell’enorme televisore, alla paura. Al tentativo di ‘rimettere le cose a posto’. Di far tornare in ambito pubblico oggetti che, secondo la ricostruzione dei magistrati, erano stati acquistati per fini privati. Qualcosa di simile è accaduto con le Mont Blanc e con i libri pregiati dell’onorevole Mario Diana.

Ma questa attività era visibile. Non passava inosservata. I dipendenti regionali la notavano. Alcuni di loro ne hanno parlato con gli inquirenti fornendo elementi decisivi per la conclusione formulata nell’ordinanza e dunque per la decisione di procedere agli arresti: “Gli indagati hanno già intrapreso, e sicuramente proseguirebbero, addirittura intensificandola, un’intensa attività di inquinamento probatorio, con riguardo ai documenti e alla fonti testimoniali”.

Un altro di loro, Alessandro Pusceddu, ha raccontato che dopo essere stato sentito dagli inquirenti fu avvicinato da Mario Diana e Carlo Sanjust “che gli chiedevano, non senza apprensione, se gli investigatori avessero chiesto notizie sulle loro persone, lasciandogli intendere che erano a conoscenza di quelle che erano state le sue rivelazioni”. Sanjust sapeva persino che nel corso dell’interrogatorio quel funzionario onesto e spaventato “si era messo a piangere”. Ma a “sapere tutto”, secondo l’allarmato Sanjust, erano gli inquirenti: sapevano il nome della moglie, sapevano che una sua cugina, Alessandra Gasbarri, aveva avuto dal gruppo consiliare una consulenza.

A settembre la paura cresce. Il 30 di quel mese Diana, appena si è conclusa la perquisizione nella sua casa e nel suo ufficio, chiama Pusceddu sul cellulare privato e gli chiede notizie se conservava ancora le fatture che aveva fotocopiato. Il funzionario chiede spiegazioni sulle ragioni della domanda. Diana gli risponde seccamente che l’avrebbe capito presto e chiuse la conversazione.

Riaggiustare le cose, rimetterle a posto. Diana è ossessionato dalle Mont Blanc. Pusceddu era stato incaricato di consegnarle a tutti i componenti del gruppo. Ma uno di loro, proprio il capogruppo Pietro Pittalis, non ha accettato l’omaggio. Diana non ci crede. Si dice convinto che in realtà Pittalis l’aveva accettato, ma l’ha restituito solo dopo aver avuto notizia della perquisizione.

Riaggiustare le cose significa anche fare in modo che gli altri condividano il tentativo. Alessandro Pusceddu racconta ancora che Diana, a proposito della perquisizione subita, gli disse, “quasi a giustificarsi” che sì quei libri pregiati li custodiva lui, ma erano del gruppo. In proposito il funzionario dice agli inquirenti di aver pensato: “Sì, sono del gruppo. Però erano casa tua”.

Nel Palazzo è diventato chiaro che tra i dipendenti c’è chi “ha parlato”. Pusceddu comincia ad avvertire attorno a sé un clima ostile e diffidente. Carlo Sanjust – racconta ancora  – addirittura lo apostrofa definendolo “una merda”. E anche un altro onorevole, Sisinnio Piras, ha nei suoi confronti un atteggiamento che a Cocco pare di “disapprovazione”.

E, in questo contesto, il giudice riporta nell’ordinanza una circostanza all’apparenza banale che, però, viene definita (senza altre spiegazioni) “di particolare rilievo”. Questa: “Altro particolare messo in rilievo dal Pusceddu è la circostanza in cui notava il Diana Mario con Antioco Porcu noto Chicco (esponente del Pd che figura nella lista degli indagati, ndr) confabulare nei giorni immediatamente successivi all’attività di perquisizione messa in atto nei confronti del Diana Mario, all’interno del Consiglio regionale, senza però intendere l’oggetto della loro conversazione”.

Tutto questo il funzionario lo racconta, nel corso di un colloquio investigativo, lo scorso 10 ottobre. Tre settimane dopo, cioè ieri mattina, gli arresti.

N.B.

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