Roma prende troppi soldi alla Sardegna, la giunta Pigliaru ricorre contro lo Stato

La giunta di Francesco Pigliaru ha deciso, tre settimane fa, di impugnare la Legge di stabilità 2018, cioè la Finanziaria nazionale firmata a fine anno dal governo di Paolo Gentiloni. Il motivo è legato al fatto che, malgrado la trattativa avviata, il documento contabile non ha previsto per l’Isola alcun taglio degli accantonamenti, cioè le risorse che lo Stato prende alle Regioni a copertura del debito pubblico. La Sardegna, attualmente, subisce un prelievo di 848,4 milioni, una somma considerata “eccessiva” dallo stesso Pigliaru e dall’assessore al Bilancio e alla Programmazione, Raffaele Paci. Che a Roma, in rappresentanza della Regione, ha trattato la riduzione dall’inizio del 2017, prima con il sottosegretario Gianclaudio Bresca (era marzo) e poi con la parigrado Maria Elena Boschi (vertice di aprile). Lo scorso novembre l’incontro con Gentiloni. Ma la riduzione auspicata non è mai arrivata.

A darne notizia dell’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale è stato il segretario del Partito dei Sardi, Paolo Maninchedda, durante il congresso degli indipendentisti in Ogliastra. “Il ricorso – ha detto – dimostra che con pazienza siamo riusciti a trasmettere all’Esecutivo regionale un sentimento nazionale sardo”.  Dopo l’intervento dell’ex assessore ai Lavori pubblici, Sardinia Post ha contattato Paci che ha spiegato al nostro giornale i termini del ricorso.

Intanto: l’impugnazione della Legge di stabilità è la terza di fila che presenta la Regione. Lo stesso è stato fatto con le Finanziarie nazionali del 2016 e del 2017. “E sempre per lo stesso motivo – chiarisce Paci -: la Sardegna paga una quota eccessiva di accantonamenti che negli anni è addirittura aumentata”. Solo tra 2017 e 2018 l’esborso chiesto dallo Stato all’Isola è passato da 781,7 milioni a 848,4. “In realtà – ha continuato l’assessore-vice presidente della Giunta – ne stiamo pagando solo 684, come nel 2016, perché non abbiamo dato l’intesa richiesta dalla legge per rendere validi gli ulteriori incrementi”. Ma dal 2012 il conto totale è salito a 3,3 miliardi di euro. Di fatto un terzo del valore complessivo della manovra contabile regionale.

Rispetto ai tre ricorsi, la Consulta si è finora pronunciata solo su quello del 2016. E ha ribadito un principio che la Giunta sta cercando di far valere nel confronto politico. “La Corte Costituzionale – spiega Paci – non ha certo la funzione di decidere quale sia l’ammontare corretto che spetta alla Sardegna e quindi fissare una norma di bilancio. Ma i giudici, come già scritto nella sentenza sull’impugnazione del 2016, hanno stabilito che gli accantonamenti non possono permanenti e la loro quantificazione va decisa, per le Regioni a statuto speciale come la nostra, da un’intesa con lo Stato”.

Paci chiarisce ancora: “Questa Giunta ha portato avanti la trattativa col Governo nazionale seguendo un comportamento di leale collaborazione. Ma è evidente che dall’altra parte sia mancata la volontà politica di ridurre gli accantonamenti per la Sardegna, nonostante le nostre ripetute richieste nei tavoli nazionali, peraltro supportate attraverso gli indicatori del ‘Dossier Sardegna'”.

Ci vorrà almeno un anno prima che la Consulta si pronunci sull’impugnazione del 2018. E la sentenza non dovrebbe discostarsi di molto da quanto stabilito dalla Corte Costituzionale per il 2016. Ossia fissare dei principi generali che dovranno essere poi trasformati in norme di bilancio da un accordo politico tra Stato e Regione. Serve quindi un Governo nazionale che finalmente accolga le rivendicazioni finanziarie della Sardegna in tema di accantonamenti.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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