Riforme, Demuro: “Semplificazione amministrativa con taglio di 300 leggi”

Con Gianmario Demuro proseguono le interviste di Sardinia Post agli esponenti della Giunta regionale tra bilancio di legislatura e nuova programmazione.

Il ddl sulla semplificazione amministrativa è scritto. Porta anche la firma di Gianmario Demuro, l’assessore alle Riforme, agli Affari generali e al Personale. Sarà taglio di trecento leggi. “Sono norme – spiega l’esponente della Giunta – approvate tra il ’48 e il ’70. Di fatto ancora vigenti, ma inapplicate da tempo. Ce n’è una, per esempio, che assegna a Esecutivo e Consiglio regionali il compito di istituire nuove cattedre universitarie”. Con Demuro continuano le interviste di Sardinia Post agli esponenti della Giunta per fare il punto sull’attività di governo, tra bilancio di legislatura e nuova programmazione.

La legge sulla semplificazione amministrativa è già nell’agenda della Giunta?

Più precisamente è nel programma elettorale, è un obiettivo di legislatura, come il riordino delle Province e la riforma sanitaria. Stiamo cambiando la geografia della Regione, la sua organizzazione, le sue procedure. E lo stiamo facendo per i cittadini e per le imprese. Tanto che il processo di sburocratizzazione è un lavoro in tandem con l’assessorato all’Industria.

Facciamo un esempio di semplificazione amministrativa?

Posso fare l’esempio di una procedura già attiva e introdotta alla fine del 2015: nella nostra Regione si lavora ormai con la determina elettronica contabile. I pagamenti avvengono davvero con un click che ha unificato i procedimenti amministrativi di tre diversi uffici: controllo di gestione, direzione Finanza-Programmazione e Affari generali. Non usiamo più la carta e la spesa è più facilmente tracciabile. Solo con supporto informatico lavora anche l’Esecutivo attraverso un’applicazione chiamata ‘Borsa di Giunta digitale‘, dove confluiscono tutti i documenti: dalle proposte di delibera agli ordini del giorno delle sedute e relative convocazioni. Ma pensiamo anche al Suap, lo sportello unico delle attività produttive che andremo a potenziare. La Sardegna fu la prima regione italiana a sperimentarlo. Il ddl sulla semplificazione taglia trecento leggi: è un repulisti dell’ordinamento regionale, dal quale si capisce la storia della nostra Isola. Una storia fatta anche di competenze sovrapposte e uffici-doppione. Il ritardo nello sviluppo ha sempre un fondamento giuridico-istituzionale.

Esattamente un anno fa, a Sanluri, il presidente Pigliaru annunciava la riforma della Regione con la riorganizzazione degli assessorati. A che punto è quella riforma?

Il testo è pronto da tempo, ma c’era la necessità di approvare prima il nuovo sistema delle autonomie locali da cui passano anche la Asl unica e la razionalizzazione della rete ospedaliera. Il ddl sulla Regione, a sua volta, si accompagna con il taglio di enti e partecipate, come sollecitato in più di un’occasione dalla Corte dei Conti.

Dalla riforma della Regione dipende il rimpasto della Giunta, per ammissione dello stesso governatore. Se ci dice come verranno accorpati gli uffici, si può capire quali assessori salteranno per primi.

Il ddl prevede molto altro e verrà reso pubblico dopo il confronto in maggioranza. Ma ancora non è deciso se riorganizzare la Regione con legge ordinaria o inglobare la riforma nella nuova Statutaria.

Lei cosa preferirebbe?

Personalmente credo che la soluzione migliore sia approvare prima la Statutaria, compito che spetta al Consiglio regionale.

Un’Assemblea che si sta distinguendo per lentezza.

Il Consiglio regionale ha approvato una legge molto innovativa, sugli Enti locali, il cui punto di forza è la spinta aggregatrice tra i territori e la valorizzazione stessa del percorso. Il Governo, attraverso il ministero della Funzione pubblica, ha citato la norma sarda come l’unica che in Italia dà reale attuazione alla riforma Delrio. Di alto profilo è anche il riordino delle Asl, visto che una regione ha prima di tutto il compito di garantire la tutela della salute.

Due anni e mezzo di legislatura, due grandi riforme approvate. È questo il ritmo?

Con i 307 milioni dell’Agenda digitale stiamo mettendo la banda larga e ultra larga (bul) in tutta la Sardegna. A me pare una grandissima rivoluzione. Le risorse, gestite da questo assessorato, rientrano nella programmazione europea 2014-2020 e abbiamo già completato tutti gli impegni di spesa. Siamo partiti da Sant’Andrea Frius, dove lo scorso 8 luglio abbiamo inaugurato il primo cantiere per lo sviluppo della fibra ottica. Il solo progetto della bul, da 103 milioni, riguarda oltre trecento Comuni delle aree rurali: è una straordinaria opportunità di crescita, perché l’accesso a Internet è ugualmente un diritto. Non a caso la rete sarà pubblica, l’infrastrutturazione diventerà una proprietà della Regione. Imminente è l’apertura dei cantieri ad Ardauli, Banari, Baressa, Benetutti, Bonnanaro, Esterzili, Goni, Gonnoscodina, Guasila, Mogorella, Montresta, Ortacesus, Nuraminis, Silius, Triei, Ussana e Ussassai.

Referendum costituzionale, lei è uno degli entusiasti della riforma Renzi-Boschi. Lo scorso aprile ha detto che il testo normativo non svilisce l’autonomia regionale ma la rafforza”. Lo pensa ancora?

Assolutamente sì. Ne sono profondamente convinto. La riforma prevede la revisione degli statuti speciali e questo andrà fatto d’intesa tra Stato e Regioni. È prevista insomma la bilateralità del rapporto. Di più: si dà attuazione pratica a un testo fondante. Anche il professor Onida, a favore del No, sostiene che il regionalismo speciale è il solo a non essere intaccato dalla revisione costituzionale.

In sessantasette anni la Sardegna non è riuscita dare attuazione al proprio autonomismo. Per le sole quote di Iva e Irpef c’è stato bisogno di aprire una vertenza, quella sulle Entrate, conclusa dopo dieci anni. Per quale motivo, proprio ora che lo Stato ha meno risorse, la Regione avrebbe da guadagnarci con la ricontrattazione dei poteri?

La revisione dello statuto sardo è, al contrario, un’occasione per ridiscutere di diritti e di risorse. L’intesa Stato-Regione, lo ripeto, a me sembra un ottimo punto di partenza.

Le piace anche il Senato di nominati?

Perché nominati? I rappresentanti del Senato saranno eletti dai Consigli regionali, scegliendoli tra le stesse Assemblee e nei Comuni.

La politica sceglie se stessa. E uno spazio di democrazia rappresentativa viene tagliato.

A me pare il massimo della rappresentatività.

Ritornano allo Stato alcune competenze come energia e infrastrutture strategiche. In buona sostanza, Roma deciderà al posto delle Regioni.

Le funzioni che tornano allo Stato sono quelle che rappresentano il 50 per cento di contenzioni con le Regioni stesse. Ecco la ragione del nuovo paletto fissato sulle competenze esclusive, come contenuto nella legge di revisione costituzionale. E, correttamente, il punto di equilibro sull’efficacia delle politiche pubbliche sarà garantito dal nuovo Senato e non più da un giudice costituzionale.

È vero che i suoi rapporti con Soru sono ormai deteriorati?

No.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

 

Foto Roberto Pili

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