Rete ospedaliera, la strada resta in salita: spunta la guerra del Sulcis

Spunta la guerra del Sulcis nel faticoso cammino della rete ospedaliera, ovvero il ddl che la Giunta di Francesco Pigliaru ha approvato due anni fa su proposta dell’assessore alla Sanità, Luigi Arru. Fino a dieci giorni fa la linea del centrosinistra era quella di procedere con la conversione in legge prima di Ferragosto. Invece la tensione è salita, spingendo la maggioranza a far slittare l’esame della riforma al 5 settembre. E tuttavia resta una strada in salita il tentativo di fare sintesi sui diversi interessi dei territori.

Il caso di Carbonia-Iglesias ha il sapore di una barricata bipartisan che sembra unire il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, l’Mdp Luca Pizzuto e gli Udc Giorgio Oppi e Gianluigi Rubiu. Non che esista un accordo. Ma i tre, i sulcitani dell’Aula, si stanno muovendo nella stessa direzione per rendere intoccabile la sanità della provincia che, come nel resto della Sardegna, è da sempre un enorme bacino elettorale.

LEGGI: Rete ospedaliera, gli otto nodi del centrosinistra: ecco come può finire

Attualmente il Sulcis ha 2,51 posti letto ogni mille abitanti. Troppi per gli standard nazionali in rapporto alla popolazione: il Sulcis deve scendere al 2,31, con una perdita di 26 posti da 323 a 297. Ma Cocco, Pizzuto, Oppi e Rubiu non ci stanno e, per evitare il taglio, stanno studiando un’accorpamento tra il Cto di Iglesias e il Sirai di Carbonia. Col primo che è classificato come presidio di base, mentre il secondo è un ospedale di primo livello. Unire le due strutture sotto un unico ombrello amministrativo, utilizzando uno stratagemma normativo, permetterebbe di lasciare inalterato il numero di posti letto.

Si tratta, ovviamente, di una soluzione che non può avallare la task force istituita la scorsa settimana nel tentativo di sciogliere i nodi: dire sì all’accorpamento equivarrebbe ad assecondare le spinte campaniliste che in questi due anni hanno impedito la conversione in legge del ddl. Sul caso Sulcis, con molta probabilità, ci sarà il voto segreto: significa accordi fuori sacco e trasversali agli schieramenti, quegli stessi che mettono a rischio la legislatura (leggi qui).

A luglio 2015, all’indomani dell’approvazione del disegno di legge da parte dell’Esecutivo regionale, proprio Oppi non era stato morbido. Il leader sardo dell’Udc, in un post su Facebook, aveva bollato il provvedimento come “una porcata“. Oppi non deve aver cambiato idea, soprattutto pensando alla ‘sua’ Iglesias, dove in questi anni ha chiuso l’ospedale Fratelli Crobu mentre il Cto, rispetto alla classificazione nazionale, si è ritrovato con un livello più basso rispetto al Sirai.

Al momento l’unica intesa che ha messo d’accordo tutti è stata quella degli ospedali di zona disagiata a Bosa, Isili, Muravera, Sorgono e Tempio: qui, a differenza di quanto stabilito nel ddl, verrà mantenuta la chirurgia, con un proprio organico. Nel disegno di legge, invece, sarebbe stata accorpata alla medicina generale, pari a un risparmio di otto milioni che, d’accordo con l’assessore Arru, non ci sarà più.

Alla soluzione sugli ospedali di zona disagiata ha lavorato anche Gigi Ruggeri, il consigliere regionale del Pd che sul tortuoso percorso del ddl dice: “Lo sforzo comune mi pare sotto gli occhi tutti. Stiamo lavorando per arrivare a una razionalizzazione condivisa in cui rete ospedaliera di assistenza non significa che tutti fanno tutto. È necessario un bilanciamento dei servizi in base alla prossimità e alla specializzazione. Ogni struttura sanitaria deve garantire le prestazioni che servono”.

Il ddl della Giunta prevedeva risparmi per 134 milioni di euro (leggi qui): il rischio delle troppe modifiche è rendere vano l’obiettivo della riduzione dei costi che è una tappa obbligata per rimettere a posto di conti della sanità isolana. Il disavanzo è di 750 milioni.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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