Rete ospedaliera, la ‘lobby’ politica del posto letto: alleanza trasversale in Aula

Spunta una nuova alleanza trasversale in Consiglio regionale, una ‘lobby’ politica per la sanità, adesso che in Aula si sta discutendo la riforma della rete ospedaliera con la quale a ogni struttura verrà assegnata una classificazione corrispondente a una griglia di reparti e a un preciso numero di posti letto. La categoria massima è l’hub, poi ci sono il Dea 2° livello, il Dea 1° livello, il nodo della rete ospedaliera, l’ospedale di zona disagiata, lo stabilimento Cet, quello complementare e l’ospedale di zona disagiata.

Ad agosto sembrava che la maggioranza avesse trovato l’accordo ritoccando, dopo due anni di dibattito, il ddl della Giunta approvato a luglio 2015. Invece l’intesa è saltata. L’11 ottobre gli strappi sono stati in parte ricuciti (leggi qui), ma restano i nodi del San Francesco di Nuoro e del Nostra Signora della Mercede a Lanusei che al momento sono rispettivamente Dea di primo livello e nodo della rete ospedaliera. Ma nel capoluogo della Barbagia e a Tortolì-Lanusei vogliono la promozione – l’uno a Dea di secondo livello, l’altro a Dea di primo livello – proprio per avere più reparti e posti letto.

Per raggiungere il doppio obiettivo si stanno unendo i consiglieri eletti (o originari) dei territori di riferimento. La battaglia per Nuoro è sostenuta innanzitutto da Emilio Usula (RossoMori) che ha presentato gli emendamenti e del San Francesco è un medico. Fanno sponda Anna Maria Busia (Campo Progressista-Cd, il cui leader è il deputato nuorese Roberto Capelli) e il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis. Seppure non schierati apertamente ma sensibili al tema anche i barbaricini del Pd, Roberto Deriu e Daniela Forma. In quota Ogliastra guida la rivendicazione un altro dem, Franco Sabatini. Il gruppo sta cercando voti sia in maggioranza (tra gli scontenti), sia nella minoranza di centrodestra.

Le richieste avanzate per gli ospedali di Nuoro e Lanusei non sono state assecondate per ragioni finanziarie: la riforma, tra le altre cose, punta a un risparmio di 134 milioni in tre anni tagliando doppioni e sovrapposizioni di servizi attraverso l’impostazione della zona omogenea. Che equivale a garantire le prestazioni sanitarie su base territoriale e non locale. La promozione del San Francesco di Nuoro costerebbe otto milioni annui, mentre quella della Nostra Mercede di Lanusei 1,6 milioni.

Di qui il tentativo di mediazione: per Nuoro la proposta alternativa alla richiesta della ‘lobby’ politica è assegnare un primo livello Dea rinforzato, con l’apertura di una Breast unit (centro multidisciplinare di senologia) e di una Stroke unit (centro urgenza ictus); su Lanusei si ipotizza di mantenere la classificazione di nodo della rete ospedaliera, ma riconoscendo le funzioni di Dea sulle emergenze/urgenze. Questo non appena decollerà l’Areus, la nuova azienda sanitaria del 118 che avrà gli uffici amministrativi a Nuoro in base a un altro accordo trasversale del Consiglio, avvenuto il 27 luglio 2016 e col quale l’Aula scelse anche Sassari come sede della Asl unica.

È stata invece trovata la quadratura sul Marino e sul San Giovanni di Dio a Cagliari: la rivendicazione la stava sostenendo l’esponente del Campo Progressista, Francesco Agus, su indicazione del sindaco Massimo Zedda che nelle scorse settimana ha partecipato a una riunione di maggioranza: il Marino non sarà più classificato come struttura dedicata alla riabilitazione. Potrà avere anche un’altra destinazione urbanistica, non sanitaria ma turistica, come vuole il Comune di Cagliari che per il palazzone del Poetto pensa a una conversione in hotel. Nell’emendamento alla riforma è scritto che la destinazione finale la deciderà la Città metropolitana. Per quanto riguarda il San Giovanni di Dio si è ugualmente optato per lasciare libera la possibilità di trasformazione sia in struttura sanitaria che museale, sempre su richiesta dell’amministrazione di Cagliari.

Dallo scorso 11 ottobre sono chiuse le partite di Alghero e Ozieri che andranno a formare un unico polo con la promozione di entrambi: il primo da nodo della rete ospedaliera passerà a Dea di primo livello, a partire dal 2018 e contestualmente al potenziamento della Rianimazione; il Segni di Ozieri sarà stabilimento di base rinforzato con un livello Dea per l’attività programmata (cioè la chirurgia). Previsto pure l’ospedale di comunità.

Tra i nodi sciolti anche gli ospedali di Bosa, Isili, La Maddalena, Muravera e Sorgono, definitivamente riconosciuti come strutture di zona disagiata. Avranno una chirurgia da venti posti letto separati dalla Medicina (a differenza di quanto prevedeva il ddl della Giunta). A La Maddalena era aperto pure il caso del punto nascita che conta 167 parti l’anno contro i 500 richiesti dal decreto ministeriale 70 perché il reparto possa essere considerato sicuro. Per le mamme e per i neonati. L’assessore alla Sanità, Luigi Arru, si è impegnato a chiedere una deroga al ministero della Salute.

Il Consiglio regionale tornerà a riunirsi domani (dalle 10) e si dovrebbe capire cosa succederà con la ripartizione dei 5.790 posti letto e quella soglia del 6 per cento di spostamenti tra la sanità pubblica (sulla carta ne ha 4.643) e quella privata (1.147). La questione è legata in primo luogo al Mater Olbia, la struttura del Qatar che sarà convenzionata col Servizio sanitario regionale. L’ex San Raffaele non viene visto di buon occhio soprattutto dal Partito dei Sardi che ha sollevato il caso e ottenuto ieri l’approvazione di un emendamento in base al quale i posti letto non attivati dal Mater entro il 2020 saranno destinati all’ospedale pubblico di Olbia. C’è la possibilità che la struttura finisca fuori dalla riforma. Ma i galluresi dell’Aula si sono mobilitati (leggi qui). Hanno anche il sostegno dell’assessore Arru. Il quale ha precisato in una nota: “Non c’è alcun aumento: si tratta solo di assicurazione maggiore dinamismo tra ospedali pubblici e assistenza privata, la quale in Sardegna ha un’incidenza del quattro per cento. È un valore molto basso rispetto alle altre regioni”.

In serata una nota l’ha mandata anche il consigliere Usula che ha presentato gli emendamenti per la promozione del San Francesco di Nuoro a un livello superiore. “La mia azione istituzionale concernente il riordino della rete ospedaliera si è indirizzata, come tra l’altro riconosciuto dalla gran parte dell’opinione pubblica, alla complessiva difesa della sanità sarda, in maniera trasparente e in coerenza con il programma politico, in materia, dei RossoMori e sulla base di valori e principi di natura generale che considero non negoziabili. Non nego, anzi ribadisco, una mia particolare sensibilità verso le zone centrali e più marginali della Sardegna, ma in un quadro generale d’insieme volto a garantire parità di accesso del diritto alla salute a tutti i cittadini, quale che sia la residenza, che prescinde da ogni interesse particolaristico territoriale. Ritengo, di conseguenza, assolutamente fuorviante e svilente della mia azione politica, fatta sempre assolutamente alla luce del sole, essere associato a presunte lobby trasversali o a interessi campanilistici, la cui pratica, mi sia consentito dire, sarebbe una negazione della mia cultura politica e della mia storia personale”.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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