Maninchedda si è dimesso. Lettera a Pigliaru: “Sono stanco e mi sento solo”

Paolo Maninchedda si è dimesso da assessore ai Lavori Pubblici. Il fondatore e leader del Partito dei Sardi lo ha annunciato al presidente della Regione, Francesco Pigliaru, attraverso una lettera protocollata alle 18.30. Una lettera di quattro pagine in cui l’ormai ex esponente della Giunta spiega le ragioni della scelta e sintetizza i suoi trentanove mesi di mandato.

“Le mie dimissioni – è scritto nell’incipit – hanno radici personali: sono molto stanco. Le leggi e l’attività tipica dell’ufficio non consentono periodi di riposo per gli assessori. Ti ringrazio moltissimo per la fiducia che hai riposto in me e non ho niente da rimproverarti. Non riesco però a liberarmi anche da un senso di solitudine molto profonda e inestinguibile”.

La missiva è costruita su una serie di cinque capoversi che cominciano con “è vero che”. Maninchedda scrive: “Ho tirato fuori Abbanoa dal tribunale fallimentare, invece è iniziato una sorta di tiro al piccione personalizzante, un clima di mistificazione”; “I primi cantieri delle aree alluvionate li ho aperti e conclusi io con i dirigenti del mio assessorato, ma ora sembra che la salvaguardia di Olbia riguardi solo me”; “Abbiamo sbloccato tanti cantieri sulle strade sarde, ma la grande questione Anas è lì che incombe sul nostro futuro”; “Ho lavorato tanto a mettere in ordine l’Agenzia regionale Area, ma so perfettamente di non godere del consenso politico per smontare l’antica e mai sopita articolazione dell’azienda abitativa della Sardegna in sultanati indipendenti coincidenti coi vecchi Iacp”; “Giunta e maggioranza, trascinati dal Partito dei Sardi, hanno iniziato a muoversi su terreni nuovi attraverso la legge per l’Agenzia sarda delle entrate e i rapporti internazionali con Corsica, Baleari, Ue e Cina. Ma la gravità delle conseguenze di questa crisi strutturale della Repubblica italiana non è entrata a pieno nell’ordine del giorno e nella coscienza della Giunta, lasciandomi una situazione di solitudine nel percepire l’urgenza di cambiamenti epocali per noi sardi”.

Maninchedda scrive ancora: “La questione sarda è la questione dello Stato sardo. Una sola cosa rende credibili questi ideali: il sacrificio. Ho patito profondamente – si legge ancora – la faciloneria con cui, in certi ambienti politici, non solo dei partiti ma anche della Giunta, si è sostenuto che in fin dei conti ero pronto ad accettare più o meno tutto, da parte dello Stato italiano, pur di mantenere il mio ruolo. Così, mentre lavoravo con dedizione per dimostrare che i sardi possono governarsi meglio se si assumono integralmente la responsabilità del loro autogoverno, vi era chi mi rappresentava come uomo di potere per il potere. Questa campagna per me calunniosa è stata ed è insopportabile. Mi spoglio di tutti gli incarichi e le responsabilità istituzionali. Da domani riprendo servizio all’università: leggo, studio, scrivo e faccio conferenze”.

L’addio di Maninchedda è arrivato a sorpresa in questa serata di lunedì. Ma a leggere in filigrana la mossa, l’insofferenza dell’assessore dimissionario si coglieva tutta nella dichiarazione fatta venerdì ad Alghero in un convegno. Maninchedda aveva detto: “Il problema della Sardegna è lo Stato italiano“. A distanza di due giorni la decisione di lasciare l’Esecutivo con una lettera in cui sono contenuti continui richiami a quel credo indipendentista che, certamente, vale un riposizionamento politico nello scacchiere isolano in vista delle Regionali 2019.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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