Referendum lombardo-veneto, le reazioni della politica sarda

Reazioni anche in Sardegna all’indomani dei referendum sull’autonomia in Veneto e Lombardia. “Credo che le Regioni possano chiedere maggiori competenze, è sacrosanto e previsto dalla Costituzione. Diverso è chiedere il 90% delle entrate a prescindere: forse i governatori di Veneto e Lombardia dovrebbero chiarire quale è l’idea del referendum”, ha detto il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru. “Ho sempre detto che le Regioni che dimostrano di funzionare meglio di un ministero romano hanno tutto il diritto di farlo – aggiunge – ma se dietro referendum c’è l’idea ‘Ci teniamo tutto il residuo fiscale’ è un’opzione che non mi sembra particolarmente coerente con un’Italia delle Regioni”, chiarisce Pigliaru. Il governatore sardo sottolinea che in Sardegna “la spinta autonomistica è sempre pendente, molto percepita e sentita, e l’istituzione Regione in Sardegna è un valore per tutti”.

“Il risultato referendario in Lombardia e Veneto è il segnale di una spinta autonomista che prescinde dall’appartenenza politica. Può essere l’occasione per intraprendere la strada verso un rinnovato regionalismo, rivedendo i rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni, all’interno però della cornice costituzionale. È in quest’ottica che si deve orientare anche la Sardegna che, data la sua specialità e la condizione insulare, può rivendicare un’autonomia rinforzata”. Così invece il segretario del Pd in Sardegna Giuseppe Luigi Cucca. “Ci sono gli spazi per rivedere la ripartizione delle competenze e delle risorse, ma non è ammissibile la pretesa di ottenere il 90% del gettito fiscale, perché è contraria ai principi di solidarietà nazionale e di sussidiarietà, e mette a rischio la tenuta del Paese – osserva, mettendosi sulla stessa linea del governatore Pigliaru – Il messaggio che giunge dalle urne esprime, in modo inequivocabile, la volontà di superare un accentuato centralismo e di riaprire anche in Italia il dibattito federale. La Sardegna può inserirsi in questo contesto chiedendo maggiori spazi di autonomia e avviando un confronto leale e costruttivo con lo Stato. È una richiesta legittima, nel rispetto della Costituzione e dei Trattati europei, che non deve degenerare in contrapposizioni distruttive e illegittime come sta accadendo in Spagna”.

Secondo l’ex presidente della Regione, Ugo Cappellacci, coordinatore regionale di Forza Italia, “il referendum rappresenta una seconda vittoria dei territori verso una visione centralista dello Stato, avvenuta a poco meno di un anno di distanza da quella del referendum costituzionale. E’ la conferma che le riforme devono partire da una riscoperta delle specificità come elemento di ricchezza, dal rispetto delle identità e non dalla sopraffazione delle stesse. Se il giorno dopo il voto il Veneto rivendica i 9/10 delle tasse – prosegue Cappellacci – la Sardegna deve affrontare la sfida autonomista anziché continuare a subirla per chiedere anzitutto il rispetto di quanto già previsto nel nostro Statuto e soprattutto un rilancio della nostra specialità che incida nel quotidiano dei diritti dei sardi e principalmente sui trasporti, la zona franca, l’energia, la cultura. L’attuale maggioranza di centrosinistra non ha voluto cogliere il segnale forte lanciato dal popolo sardo, che nel 2016 ha espresso un dissenso alla riforma centralista di Renzi ancora più marcato rispetto a quello rilevato a livello nazionale e che ha svergognato la linea arrendevole di un presidente della Regione che ha rinnegato la nostra storia autonomistica”. Secondo il segretario dell’Unione Popolare Cristiana (Upc) Antonio Satta, “se Lombardia e Veneto vogliono tenersi i soldi delle tasse, penso che per la Sardegna sia il caso di riproporre ampie zone di esenzione fiscale. Con un fisco che agevoli chi vuole investire, la Sardegna, per la sua posizione nel Mediterraneo, può dare un contributo importante alla ripresa del paese. Serve trovare nuove vie, anche facendo ricorso al fisco, per rilanciare la produzione. La Sardegna per troppo tempo è stata ignorata”.

“Il prevedibile successo dei referendum autonomistici in Lombardia e in Veneto deve suonare come un campanello d’allarme per la Sardegna ed in particolare per la Giunta regionale: mentre le altre Regioni, forti anche di un maggior peso politico in quel di Roma, rivendicano spazi di autonomia sempre più ampi, soprattutto in materia di compartecipazione al gettito fiscale, noi restiamo fermi al palo, incapaci anche solo di far rispettare quanto è scritto nel nostro Statuto che è una legge costituzionale dello Stato italiano”. Lo afferma il capogruppo dei Riformatori per l’Europa, Attilio Dedoni. “Per assurdo – argomenta l’esponente dell’opposizione – corriamo il rischio che le altre Regioni, grazie al maggiore spazio di manovra consentito dagli statuti modificabili con legge ordinaria, ci sorpassino e riescano ad ottenere dallo Stato condizioni più favorevoli delle nostre, nonostante i limiti strutturali che ci troviamo ad affrontare a causa della condizione di insularità e degli atavici ritardi nello sviluppo economico ed infrastrutturale. Periodicamente ci rechiamo a Roma con il cappello in mano – denuncia Dedoni – invocando tavoli tecnici in cui contrattare una mitigazione delle vessazioni illegittime che il Governo di turno ci impone, come nel caso degli accantonamenti, quando invece dovremmo avviare un’unica mobilitazione dell’intero popolo sardo con due soli obiettivi: ottenere dallo Stato che quanto previsto dal nostro Statuto sia applicato alla lettera, a partire dal trasferimento integrale delle quote erariali, e che a questo si aggiunga il riconoscimento costituzionale dell’insularità”.

“Il risultato referendario in Lombardia e Veneto è il segnale di una spinta autonomista che prescinde dall’appartenenza politica. Può essere l’occasione per intraprendere la strada verso un rinnovato regionalismo, rivedendo i rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni, all’interno però della cornice costituzionale. È in quest’ottica che si deve orientare anche la Sardegna che, data la sua specialità e la condizione insulare, può rivendicare un’autonomia rinforzata”. Così il segretario del Pd in Sardegna Giuseppe Luigi Cucca. “Ci sono gli spazi per rivedere la ripartizione delle competenze e delle risorse, ma non è ammissibile la pretesa di ottenere il 90% del gettito fiscale, perché è contraria ai principi di solidarietà nazionale e di sussidiarietà, e mette a rischio la tenuta del Paese – osserva, mettendosi sulla stessa linea del governatore Pigliaru -. Il messaggio che giunge dalle urne esprime, in modo inequivocabile, la volontà di superare un accentuato centralismo e di riaprire anche in Italia il dibattito federale. La Sardegna può inserirsi in questo contesto chiedendo maggiori spazi di autonomia e avviando un confronto leale e costruttivo con lo Stato. È una richiesta legittima, nel rispetto della Costituzione e dei Trattati europei, che non deve degenerare in contrapposizioni distruttive e illegittime come sta accadendo in Spagna”.

“Partendo dal presupposto che non condivido nulla della Lega, rispetto però l’esigenza di far pronunciare democraticamente le persone sul proprio futuro. E in questo senso il pensiero va in Catalogna e alla futura possibilità di far esprimere il popolo sardo. E se veneti e lombardi hanno interesse all’autonoma, va rimarcato che per noi del Partito dei Sardi l’obiettivo è il superamento dell’autonomia come camicia di forza per andare verso una crescita dei poteri per costruire uno stato nuovo e diverso”. Lo ha dichiarato all’ANSA il segretario nazionale PdS, Franciscu Sedda, alla vigilia della direzione del partito che si riunirà il 24 ottobre – martedì – a Cagliari per discutere di Agenzia sarda delle Entrate (Ase), Finanziaria regionale 2018, riforma della rete ospedaliera e situazione politica regionale. Una data simbolica perché da un lato è prevista l’udienza pubblica davanti alla Corte Costituzionale sul ricorso presentato dal Governo contro l’articolo 3 della legge che istituisce l’Ase; dall’altro in Consiglio regionale dovrebbe essere approvata definitivamente la riorganizzazione dei servizi sanitari ospedalieri nell’Isola. “La legge istitutiva dell’agenzia sarda per le entrate è di alto profilo e non appena abbiamo spinto sull’acceleratore, lo Stato italiano ha impugnato la norma e sta cercando di tagliare le ali per autogoverno dei sardi – osserva Sedda – Domani daremo un segnale, mentre registriamo che da Roma non è arrivato nessun segno sul ritiro del ricorso: il che significa che c’è un conflitto in atto che non va a toccare solo il PdS o la legge, ma le prerogative del parlamento sardo e tutti i sardi”.

“Cosa è successo in Lombardia e Veneto? Una intelligente operazione di marketing politico finalizzata solo al rafforzamento del peso contrattuale delle due regioni”. Lo dichiara il capogruppo del Partito dei Sardi Gianfranco Congiu. “La ricerca di una mobilitazione popolare in un tema già disciplinato dalla Costituzione, l’articolo 116 comma 3-regionalismo differenziato che consente alle regioni a statuto ordinario di negoziare con lo Stato nuove prerogative e competenze, è esponenziale di una strategia finalizzata solo ad aumentare il livello di competitività di quelle regioni”. Ovvero, ha concluso Congiu, “proprio quello che qui in Sardegna non si vuol capire: i rapporti con lo Stato italiano devono seguire logiche di duro, anzi durissimo confronto altrimenti saremo destinati a soccombere”.

 

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