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Referendum costituzionale, Comitato No attacca: “Addio autonomia sarda”

“Il Senato non scompare e diventa un organo non rappresentativo, i costi non vengono abbattuti perchè ci saranno i rimborsi e la macchina burocratica continuerà ad esserci ma la cosa più grave è che l’autonomia regionale viene di fatto soppressa con la clausola di prevalenza in favore del Governo”. Così il costituzionalista Andrea Pubusa ha spiegato le ragioni del No alla riforma della Costituzione presentando il Comitato costituito a Cagliari in vista del referendum di ottobre, al quale aderiscono anche la sezione sarda dell’associazione partigiani d’Italia (Anpi) e il consigliere regionale del Pcdi, Fabrizio Anedda. “Si tratta di uno stravolgimento identico se non peggiore di quello di Berlusconi del 2006 e non accettiamo insegnamenti da chi non ha mai lavorato – attacca Pubusa riferendosi al presidente del Consiglio – Renzi sta introducendo nel Paese tristezza e divisione e sarebbe stato meglio che non fosse mai nato politicamente”.

Il costituzionalista ne ha anche per il governatore Francesco Pigliaru: “la sua presidenza è tra le più tristi, prive di mordente e di personalità della storia autonomistica. Qui siamo oltre la piattezza, siamo di fronte a persone più anti autonomiste di chi propone le modifiche costituzionali. Al loro posto mi ritirerei”. Sul merito della riforma, il professore universitario spiega che “non è vero che oggi il percorso legislativo è in assoluto lungo e tortuoso: le leggi si fanno alla media in 53 giorni e quando ci impiegano di più si fermano perché le forze politiche non sono d’accordo”. Quanto al taglio dei parlamentari, “si sarebbe potuto fare in maniera più semplice – argomenta Pubusa – con la diminuzione del numero dei deputati e dei senatori”. Infine l’autonomia regionale: “viene avvizzita con la creazione di uno Stato neocentralista che comporta la riduzione di spazi regionali”, chiarisce il costituzionalista. Per gli avvocati Carlo Dore senior e junior, la modifica costituzionale rappresenta un “atto politico riconducile alla maggioranza relativa” e la Carta costituzionale, spiegano, “non è una legge comune e non può essere gettata nel cestino della cartastraccia”.

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