Pd, sfiducia vicina per Cucca: si cerca nuovo leader. Lui: ‘Decida l’Assemblea’

Lo scenario più sfavorevole per il segretario del Pd sardo ha preso consistenza: Giuseppe Luigi Cucca sembra ormai a un passo dall’incassare la sfiducia e quindi perdere la guida del partito insieme ai renziani della prima ora e agli ex Ds. L’epilogo – quasi scontato per come si erano riposizionate le diverse componenti interne nelle ultime settimane – si è materializzato oggi nella Direzione regionale convocata a Oristano per analizzare il voto del 4 marzo. I lavori sono finiti alle 16,15, dopo cinque ore di dibattito.

Tecnicamente, come prevede lo Statuto del Pd e già si sapeva, in assenza di dimissioni volontarie da parte di un segretario, la palla passa all’Assemblea. Cioè al parlamentino dem che, con un voto a maggioranza, decide se ratificare o revocare la fiducia al leader. E la strada di Cucca sembra segnata, visto che oggi è ufficialmente finito in minoranza.

A sfilarsi dal sostegno a Cucca unendosi al gruppo dell’eurodeputato Renato Soru, sono stati i popolari-riformisti di Cabras-Fadda che nove mesi fa hanno eletto Cucca insieme ai renziani della prima e agli ex Ds. Ma nei giorni scorsi gli hanno fatto sapere, per il tramite del vicesegretario Pietro Morittu, di non considerarlo più un leader condiviso. E oggi lo hanno confermato, seppure senza sollevare mai i toni.

Anzi: è stata propria la apparente armonia, pur nella differenza di posizioni, a segnare il passo nella Direzione di Oristano, in cui a Cucca hanno chiesto apertamente di farsi da parte solo due soriani: Giuseppe Frau, dimissionario dalla segreteria l’8 marzo scorso, e la candidata delle Politiche al Senato, Daniela Porru, già presidente del partito. Tutti gli altri hanno mantenuto i toni bassi, malgrado la perentoria richiesta di mollare il timone del partito. Anche lo stesso Soru non è andato all’attacco del segretario, come è successo nell’ultimo anno in più occasioni (leggi qui). Scelta identica per il deputato uscente Francesco Sanna che pure, con un post su Facebook all’indomani della sconfitta del 4 marzo, era stato il primo a suggerire a Cucca le dimissioni (leggi qui):

In quota popolari-riformisti, hanno parlato il consigliere regionale Antonio Solinas e il senatore uscente Silvio Lai, i quali hanno detto di apprezzare la decisione del segretario di rimettere il mandato nelle mani dell’Assemblea”. E lo stesso ha fatto un altro soriano, Davide Carta.

Inutile dire che il gruppo Cucca ha provato sino all’ultimo a difendere la leadership del segretario. Franco Sabatini ha sottolineato: “Dobbiamo rilanciare una segreteria autorevole, ma non ora perché non serve. Subito dopo occorre individuare una coalizione e un candidato presidente per le Regionali”. Stessa posizione per diversi componenti dell’area e a intervenire sono stati i parlamentari uscenti Siro Marrocu e Ignazio Angioni più il neodeputato Gavino Manca e la consigliera comunale di Cagliari, Rosanna Mura, anche lei in corsa per Palazzo Madama alle Politiche del 4 marzo scorso.

I renziani della prima ora e gli ex Ds si sono messi sulla scia del segretario anche rispetto alla relazione introduttiva fatta dallo stesso Cucca. Che ha detto: “Il Pd è passato dal 36,20 per cento del 2008 al 25,15% del 2013 per arrivare al 14,82% di quest’ultima tornata elettorale. Il vertiginoso calo del consenso non può certamente essere attribuito ai nove mesi dell’attuale segreteria (qui l’intervento completo di Cucca)”.

La data dell’Assemblea non è stata decisa: durante la Direzione si è detto solo che sarà dopo Pasqua. E sul punto Silvio Lai ha proposto di non aspettare “la convocazione di quella nazionale”, appellandosi all’articolo 13 dello Statuto che riconosce alle Regioni la possibilità di una gestione autonoma e federata del partito rispetto agli assetti del Nazareno. Lai ha suggerito di “lavorare insieme alla nascita di un Pd sardo“.

La possibile sostituzione di Cucca, tuttavia, è solo una soluzione apparente perché nel Pd hanno adesso un nuovo nodo da sciogliere: cercare un leader che metta d’accordo tutti. “Un nome unitario”, è stato detto oggi. E si tratta di un percorso che nel partito sardo non evoca esattamente momenti radiosi, anche nel passato recente. Dopo le dimissioni di Soru nel 2016, per un anno intero i dem avevano cercato la convergenza su un leader condiviso, ma il progetto naufragò. la partita si decise solo con le primarie di aprile 2017, in un passaggio obbligato per superare l’impasse infinita.

Al momento non si fanno nomi. E nulla si è detto a Oristano sulla candidatura di Dolores Lai, la dem sassarese che nei giorni scorsi si è autocandidata alla guida del partito, ma forse è troppo organica ai popolari-riformisti per spuntarla (è la cugina di Silvio Lai). Di certo, il ragionamento su una leader donna risolverebbe anche il primo problema del Pd, ovvero quello di recuperare appeal dopo la sonora bocciatura arrivata delle urne del 4 marzo.

Al confronto di Oristano i dem si sono soffermati anche sulla giunta di Francesco Pigliaru: nessuno ha parlato di rimpasto, ma all’azione dell’Esecutivo regionale è stato attribuito un pezzo di sconfitta. Anche perché in Sardegna il Pd ha perso il 41,6 per cento di elettori, il peggior risultato in Italia.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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