E’ l’11 agosto quando in viale Trento a Cagliari, nel palazzo della Regione, insieme al resto della corrispondenza arriva una busta indirizzata al governatore Francesco Pigliaru: all’interno una lettera e un proiettile, integro, calibro 22. È la prima minaccia ricevuta dal presidente e finora mai svelata per volontà dello stesso Pigliaru. Ora, con il moltiplicarsi delle intimidazioni, anche questo tassello diventa importante.
La lettera era indirizzata direttamente al governatore. Un foglio scritto a mano in sardo con una serie di richieste precise e minacce esplicite: “Spiagge libere, acqua libera e parcheggi liberi. Altrimenti ti faccio saltare la testa”. Non si sa al momento se la prima missiva dell’11 agosto sia collegata a quella del 14 arrivata al Comune di Sassari e a quella del 21 giunta in Consiglio regionale a Cagliari. Gli investigatori della Digos mantengono la massima riservatezza su tutta la questione e stanno lavorando per trovare i punti comuni tra le tre intimidazioni e dare una chiave di lettura precisa.
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La prima lettera era scritta in sassarese. All’interno della busta, molto simile a quelle con quattro cartucce inviate al Comune di Sassari il 14 agosto e il 21 al Consiglio regionale sardo, un proiettile intatto e una pagina scritta a mano in limba. Ma le parole utilizzate per le richieste – spiaggia, acqua e parcheggi liberi – e per le minacce di morte al presidente sono in sassarese stretto. Un elemento questo, come la somiglianza della busta con le altre due spedite in seguito, che darebbe più peso all’ipotesi di una unica mano dietro alle intimidazioni e di una pista che porta direttamente al capoluogo del Nord-ovest Sardegna.