Migranti, Deiana (Anci): “Microaccoglienza e informazione per combattere la diffidenza”

Parlare con le persone, spiegare che il fenomeno dei migranti non è una novità e non è un’emergenza, far capire che l’accoglienza è un dovere ma può essere anche un’opportunità: è il lavoro costante, quotidiano, che Emiliano Deiana, sindaco del piccolissimo comune di Bortigiadas, porta avanti da tempo. Come amministratore, come presidente regionale dell’Anci ma anche come privato cittadino: poche settimane fa sul suo profilo Facebook ha pubblicato un lungo post in cui spiegava, nel dettaglio, cosa significa accoglienza diffusa e integrata dei migranti e perché è preferibile alle grandi concentrazioni di stranieri nei centri urbani. Il suo intervento ha raccolto centinaia tra commenti e condivisioni: “Parlare con la gente – ci ha detto – spiegare la differenza tra migrante, richiedente asilo e rifugiato, far conoscere la realtà e i motivi delle migrazioni è fondamentale, se vogliamo arginare l’isolamento e i sentimenti razzisti“.

Gli stessi temi sono stati discussi durante la conferenza tra Regione ed Enti locali convocata lunedì scorso per discutere l’ipotesi della creazione di un Cpr, centro governativo permanente per il rimpatrio degli stranieri irregolari, nell’ex carcere di Iglesias. Le stesse riflessioni, ampliate e chiarite, sono state poi inviate ieri al Presidente della Giunta regionale Francesco Pigliaru in una lettera-appello firmata anche da Andrea Soddu, sindaco di Nuoro e presindete del Cal – Consiglio delle autonomie locali, e da Massimo Zedda, sindaco della città metropolitana di Cagliari.

“Una delle domane più drammatiche che mi sento fare come amministratore è questa: ‘Perché accogliere altri, se già abbiamo crisi e disoccupazione tra le nostre comunità? La risposta è difficile: bisogna intanto far conoscere la realtà con numeri e dati. Ad esempio, le ultime informazioni che arrivano dall’agenzia europea Frontex parlano di numeri di migranti in diminuzione, eppure si continua a percepire come un fenomeno in aumento: ecco, è giusto dire la verità, spiegare cosa sta succedendo, cosa ci aspettiamo, chi sono queste persone e perché abbiamo il dovere di accoglierle. Io posso farlo come singolo, per mia volontà, ma credo che questo lavoro di informazione vada fatto a livelli più alti, a partire dalle istituzioni. Solo se le persone sono correttamente informate potranno accettare, capire. E fare poi propria l’idea dell’accoglienza anche in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo”.

I risultati che si ottengono con l’informazione e la conoscenza già si vedono: due anni fa erano solo tre i comuni sardi (Villasimius, Cagliari, Quartu Sant’Elena) dentro il circuito Sprar della accoglienza integrata per i richiedenti asilo e rifugiati, nel 2016 nove (ecco quali), quest’anno oltre cinquanta hanno fatto domanda per avere i finanziamenti. L’accoglienza diffusa, basata su piccoli numeri e progetti mirati, evidentemente funziona e conviene. “Se continuiamo così ci saranno sempre meno centri di accoglienza straordinaria concentrati nelle grandi città e sempre più piccoli Sprar, che garantiscono la vera integrazione e favoriscono un sistema di solidarietà interno all’Isola”.

Un dovere, certo, ma può essere anche qualcos’altro. “Una delle richieste che abbiamo inviato al presidente della Regione Pigliaru è quella di studiare un meccanismo di premialità per le comunità disposte ad accogliere: non vuol dire escludere gli altri ma studiare formule per cui chi si impegna riceve qualcosa in cambio. Questi risultati andranno a vantaggio delle comunità locali, delle persone senza lavoro, delle risorse da poter spendere”.

L’obiettivo, ora, è avere risposte certe dal Ministro dell’Interno sulla costruzione del Cpr a Igliesias, modello di concentrazione di stranieri su cui i sindaci isolani sono contrari: “Il presidente Pigliaru dovrebbe farsi portavoce della situazione sarda davanti al ministro Minniti al quale ha recentemente chiesto un incontro: da tempo soffriamo di un carico enorme di servitù militari, ambientali e carcerarie. Forse su questo si potrebbe avviare una trattativa: diamo già tanto allo stato, continuiamo a lavorare sulla microaccoglienza ma possiamo trattare sulla possibilità di non avere il Cpr, o magari averlo ma con numeri inferiori”.

Francesca Mulas

 

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