Lettera a Martina dal Pd sardo: “Serve un garante per il voto di venerdì 13”

In calce ci sono oltre novanta firme: è la lettera spedita al segretario Maurizio Martina dalla totalità della maggioranza che in Sardegna governa il Pd attraverso i renziani della prima ora e gli ex Ds (sono il gruppo Cucca) alleati con i popolari-riformisti di Cabras-Fadda. Nero su bianco una richiesta, dopo la rissa sfiorata nell’assemblea di lunedì ad Abbasanta: “Per il voto di venerdì 13 luglio sollecitiamo la presenza di un garante”.

Martina adesso ha due giorni di tempo per decidere se mandare o meno nell’Isola un arbitro che vigili sull’elezione del segretario regionale, unico punto all’ordine del giorno dell’assemblea nuovamente convocata ad Abbasanta.  Le candidature per guidare il Pd sardo si chiudono domani, giovedì 12, alle 20. Ma quello di Emanuele Cani, ex deputato, 50 anni, geometra sulcitano e popolare-riformista, rimane l’unico nome in corsa.

Il principale effetto degli urla e degli spintoni di Abbasanta è stato quello di ricompattare la maggioranza dem (sommano 110 delegati): meno di un mese fa proprio i renziani della prima ora, con in testa il deputato Gavino Manca, si erano opposti all’indicazione come leader di Pietro Morittu, attuale vicesegretario uscente, il quale ha poi fatto un passo indietro per non dividere il partito. Ma dopo la rissa sfiorata lunedì, lo stesso Manca ha fatto quadrato intorno a Cani attaccando duramente l’atteggiamento tenuto ad Abbasanta dall’eurodeputato Renato Soru, leader della minoranza interna (leggi qui).

La richiesta di un garante per la seduta di venerdì nasce dal fatto che per la maggioranza l’attuale presidente Lalla Pulga non viene più considerata tale. Lo ha scritto ieri, in una nota, Dino Pusceddu, vice della Pulga, che sempre lunedì ha riaperto l’assemblea dopo la rissa sfiorata e col voto di oltre 90 delegati (il numero legale era a quota 81) ha approvato l’ordine del giorno che riconvoca il parlamentino dem per questo venerdì. L’arbitro di Roma è sollecitato per vigilare sulle operazioni di voto e prima ancora sulla legittimità della seduta stessa.

Ai lavori di dopodomani non dovrebbe partecipare i soriani, per una ragione su tutte: lunedì. quando per la Pulga non c’era il numero legale, la presidente (qui la sua versione dei fatti e l’accusa di essere stata insultata) ha sciolto l’assemblea e lo stesso Soru ha affermato che nel Pd sardo cominciava la fase congressuale perché erano passati trenta giorni dalle dimissioni di Giuseppe Luigi Cucca e non era stato eletto un altro segretario (leggi qui). La componente dell’eurodeputato non dovrebbe dunque riconoscere la legittimità della nuova convocazione. Ma non si può escludere che le diplomazie siano al lavoro per provare a mettere pace nel partito. Almeno a far scattare un’ennesima tregua, evitando una frattura che, diversamente, rischia di non ricomporsi più, con pesanti ripercussioni sul voto alle Regionali del prossimo anno.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

LEGGI ANCHE: Rissa sfiorata nel Pd, Pigliaru: “Occorre dialogare, ma niente congresso”

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