Alla fine si è spaccato il fronte sardo contro l‘Italicum: in Senato solo Silvio Lai non ha votato la nuova legge elettorale. Luce verde, invece, da Giuseppe Luigi Cucca e da Luigi Manconi che, una settimana fa, erano nel gruppo dei 29 dissidenti Dem. Ma poi hanno deciso di allinearsi col premier-segretario Matteo Renzi.
Alla votazione Lai non ha nemmeno partecipato, come il resto della minoranza anti-Italicum guidata da Miguel Gotor. Un’opposizione che Renzi non è riuscito a piegare perché la nuova legge “non è coerente con l’impegno di superare davvero il Porcellum“. Il senatore sardo, ex leader del Pd isolano nonché bersaniano di ferro, chiarisce ancora: “L’Italicum è un‘occasione perduta. Si è scelto di fare questa legge con Berlusconi anziché con il Pd e il centrosinistra”. Alla conta finale l’Italicum è passato con 184 “sì”, 66 “no” e 2 astenuti.
Il pomo della discordia sono i capilista bloccati. Per Gotor e i 24 ribelli democratici, “il partito leader della coalizione che vince avrà alla Camera un 60 per cento di deputati nominati“. I dissidenti avrebbero voluto che la soglia venisse abbassata al 30, proprio per restituire agli elettori la possibilità di scelta”. I capilista invece vengono indicati dai partiti, quindi i cittadini si troveranno semplicemente a ratificare una decisione calata dall’alto. Tuttavia, Renzi difende la scelta mettendo le primarie a scudo della partecipazione.
L’Italicum, frutto del ribattezzato Patto del Nazareno, ritorna adesso a Montecitorio per il voto definitivo. Lì dove è già cominciata la discussione sulla riforma che porterà al superamento del bicameralismo perfetto. Il Senato sarà ridotto a 100 (da 325) e composto ugualmente da nominati, stavolta indicati dai Consigli regionali. Non a caso la posizione dei 23 dissidenti sulla nuova legge elettorale si incrocia pure con il complessivo riassetto istituzionale.
L’Italicum deve ripassare a Montecitorio perché al Senato è stato corretto rispetto alla versione votata dai deputati. I punti chiave sono quattro, a cominciare dal premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione che vince. E al primo turno serve raggiungere il 40 per cento dei consensi (inizialmente era il 37). Diversamente si va al ballottagio. “Una garanzia anti-inciucio”, sostiene il capo del Governo.
Ancora: la soglia di sbarramento alla Camera, per i partiti non alleati, è al 3 per cento e non all’8, come nella prima versione. E questo è certamente un vantaggio per i partiti più piccoli.
Al. Car.
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