Fondi ai gruppi, nuovi tentativi di inquinare le prove

Non sono finiti i tentativi di “aggiustare le carte” e quindi di inquinare le prove dell’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari. A metterli in atto sono anche altri soggetti che dunque si aggiungono ai due consiglieri regionali – Mario Diana e Carlo Sanjust – finiti in cella lo scorso 5 novembre proprio per questa ragione e che, secondo l’accusa, devono restarci ancora.

Le motivazioni con cui il Tribunale del riesame ha negato gli arresti domiciliari a Diana raccontano un Palazzo della politica incupito dalla paura e dal sospetto. «Le indagini – scrive il giudice estensore Massimo Costantino Poddighe – sono in pieno svolgimento e stanno evidenziando la commissione di ulteriori attività simulatorie». Questo mentre, tra le persone che sono a conoscenza dei fatti,  «si sta diffondendo un clima di forte preoccupazione che potrebbe evolversi in atteggiamenti non collaborativi con gli inquirenti, se non compiacenti od omertosi».

Ed ecco un funzionario del gruppo del Pdl che chiede che le sue dichiarazioni non vengano messe a verbale. E poi una’imprenditrice cagliaritana (tra i tanti sentiti per verificare l’autenticità delle fatture) che appare alla polizia giudiziaria molto «preoccupata», tanto che gli investigatori si sentono in dovere di segnalare questo stato d’animo alla Procura della Repubblica.

Già nell’ordinanza di custodia cautelare veniva messo in evidenza questo clima con riferimento alle settimane precedenti gli arresti. Dalle motivazioni del Tribunale del riesame emerge che la situazione si è aggravata.

Il funzionario che ha chiesto che le sue dichiarazioni non siano verbalizzate, si chiama Alessandro Pusceddu ed è un dipendente del gruppo consiliare del Pdl. Il suo nome compariva già nell’ordinanza di custodia cautelare. Fu lui – quando si diffuse la voce che era stato sentito dalla polizia giudiziaria e aveva detto “qualcosa di troppo” – a essere apostrofato da Sanjust con un eloquente “Sei una merda”.

Il Tribunale del Riesame ricostruisce nei dettagli la vicenda. Diana e Sanjust, scrive  Poddighe, avevano «fatto intendere a Pusceddu di avere con gli inquirenti un contatto diretto e ad alto livello, grazie al quale essi avrebbero potuto tenere sotto controllo le indagini e magari orientarle in una direzione a loro favorevole». Il tutto «con l’ovvia implicita minaccia delle responsabilità che essi avrebbero attribuito a Pusceddu, se avesse osato continuare a collaborare con le indagini». Si capisce il perché della richiesta di non verbalizzare. Il funzionario sperava così di tenere nascosto il suo atteggiamento collaborativo con gli inquirenti e di attenuare se non interrompere il clima ostile che gli si era creato attorno.

L’imprenditrice “preoccupata” è  Daniela Collu, socia una cartoleria e di una cartolibreria. E’ stata sentita dalla polizia giudiziaria pochi giorni fa, il 14 novembre, e in quell’occasione (pur parlando della questione in “termini generici e ipotetici”) non ha nascosto la propria preoccupazione «sull’eventualità che certe fatture da lei rilasciate al gruppo Pdl potessero essere state emesse con un oggetto diverso rispetto a quello realmente ceduto». Così «dietro specifica e forzata richiesta dei committenti, al chiaro scopo di tenere occultato il reale oggetto delle transazioni».

Alla Collu, sottolinea il giudice Poddighe nelle motivazioni, è stato espressamente chiesto se la merce acquistata dal Pdl corrispondesse sempre a quella riportata in fattura. Lei ha risposto: «No, su espressa loro richiesta, talvolta venivano prelevati beni che non corrispondevano a quanto indicato in fattura. In pratica, un acquisto di un determinato bene veniva mascherato con la fatturazione di altri beni di cancelleria ordinaria».

Nella rivendita della Collu è stata acquistata anche una delle Montblanc che erano la passione di Diana. Precisamente una Fineliner. Tuttavia sul consigliere di Oristano l’imprenditrice ha detto «di non aver mai avuto modo di conoscerlo».  Quindi gli estimatori delle Montblanc erano anche altri. E in effetti, ha alla fine confermato la donna, nel suo negozio si rifornivano anche altri membri di vari gruppi del consiglio regionale. Non solo il Pdl, ma anche “Udc, Gruppo Misto, Psd’Az, Pd, Sardegna è già domani (la nuova formazione di Diana dopo che lasciò il Pdl), Riformatori e probabilmente anche altri”. E alla domanda se fosse prassi fatturare beni diversi rispetto a quelli realmente acquistati, l’imprenditrice ha detto ancora: «È capitato, ma non sono in grado di riferire con quali gruppi».

Alessandra Carta

 

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