Il j’accuse della Barracciu contro i “capibastone medievali”

Attacco durissimo dopo la rinuncia contro Antonello Cabras, Paolo Fadda e Renato Soru: “Esercizio medievale del potere”. E un annuncio: “Avrò l’ultima parola sul nuovo candidato”

Alla fine lo sfogo, durissimo. un atto d’accusa contro quelli che definisce “i capibastone”: Antonello Cabras (già senatore, oggi presidente della Fondazione del Banco di Sardegna); Paolo Fadda (già deputato, oggi sottosegretario alla Salute) e Renato Soru (ex presidente della Regione e suo sostenitore alle Primarie). E un annuncio perentorio: “L’ultima parola sul nuovo candidato – dice Francesca Barracciu – sarà la mia”. E ancora: “Gestirò in prima persona le liste e le alleanze. Non consentirò a nessuno di tagliare le teste dei miei compagni, specie a chi lo fece nel 2009, perdendo le elezioni… Non accetto che mi faccia la morale chi ha già pesantissimi rinvii a giudizio per processi che cominceranno nel maggio del 2014”.

Concordano quasi alla lettera le cronache dei due quotidiani sardi nel riferire il “dietro le quinte” dello psicodramma che si è compiuto ieri, a Oristano, nella sede del Partito democratico di via Canepa (leggi la diretta di Sardinia Post). Dove Francesca Barracciu, vincitrice delle Primarie del centrosinistra, poco prima della mezzanotte ha accettato di “rimettere in mandato” nelle mani della direzione del suo partito. Cioè di compiere il “passo indietro” che da più parti le era stato chiesto per via del suo coinvolgimento, con l’accusa di peculato, nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Cagliari sui fondi ai gruppi consiliari.

L’epilogo di un braccio di ferro cominciato a fine mattina, alla presenza di Stefano Bonaccini, responsabile nazionale degli Enti locali, inviato d’urgenza nell’Isola da Matteo Renzi per compiere il tentativo, rivelatosi vano, di chiudere il “caso Sardegna” in modo indolore. Bonaccini – dopo aver incontrato uno dopo l’altro i leader delle diverse componenti interne del Pd – verso le 18,30 è salito su un’auto diretta all’aeroporto. Abbastanza sconfortato: “Sapevo che era una situazione complicata – ha detto – ma non immaginavo fino a questo punto”.

Il giorno più lungo del Partito democratico sardo si è compiuto in uno scenario denso di simboli. A Oristano, la città di Eleonora d’Arborea, si è interrotto il percorso della prima donna sarda che, nella storia dell’autonomia, avrebbe potuto raggiungere la guida della Regione. E in un luogo, la sede del Pd, nel quale per ore si è svolto un confronto parallelo. Giù, nella sala, quello ufficiale della direzione del partito – un’ottantina di persone – e su, al primo piano, in un ufficio, quello “sostanziale”: la Barracciu ha incontrato per ore, prima assieme a Bonaccini, poi da sola, poi ancora con l’assistenza delle persone a lei in questa fase più vicine, come il parlamentare di Olbia Giampiero Scanu, quelli che poi ha definito “i capibastone”.  Quelli che – col sostegno del loro “braccio armato”, il segretario Silvio Lai – hanno messo in atto nei suoi confronti una “aggressione violenta e spietata”.

Non è mai comparsa nella sala della direzione. Dove per ore – a partire dal momento in cui nella relazione introduttiva il segretario Silvio Lai le aveva chiesto di compiere il “passo indietro – è stata attesa. Nella speranza che fosse lei direttamente, con l’annuncio del ritiro, a levare a tutti le castagne dal fuoco evitando un drammatico “voto di sfiducia”. La votazione, poi, è stata ugualmente evitata. Ma a dare l’annuncio è stato lo stesso Lai.

Nelle ore trascorse nell’ufficio al primo piano della sede democratica, Francesca Barracciu ha prima tentato di resistere, poi ha preso atto dell’impossiblità di farlo e ha cominciato a occuparsi del dopo, cioè di quanto accadrà nei prossimi giorni. Da oggi fino al 2 o al 4 gennaio – la data è ancora da definire – quando la direzione regionale si riunirà nuovamente per individuare il nome del nuovo candidato del centrosinistra al governo della Sardegna. Decisiva è stata, a tarda sera, una telefonata con Matteo Renzi.

Non se ne conosce il contenuto. Ma la perentorietà con cui la Barracciu ha affermato che sarà lei a dire l’ultima parola sul nuovo candidato e sulla composizione delle liste fanno intendere che questo sia stato il tema del colloquio. La Barracciu ha chiesto garanzie al segretario nazionale, ed evidentemente le ha ottenute. Abbandona la corsa al governo dell’Isola, ma ne avvia un’altra per il controllo del partito. L’indicazione nominativa dei suoi avversari lascia poco spazio a dubbi. In particolare il durissimo attacco contro Renato Soru con tanto di richiamo esplicito al processo (fissato appunto per il prossimo maggio) per evasione fiscale. E poi Antonello Cabras (ieri assente ma, nell’analisi della Barracciu, in realtà ancora presentissimo nella manovre interne) e Paolo Fadda, da sempre contrario alla sua candidatura al governo dell’Isola.

Due renziani (Cabras e Soru) su tre. Ecco un altro degli elementi emersi ieri fin dall’arrivo a Oristano del delegato (nonchè braccio destro) del segretario nazionale: nell’Isola dal punto di vista dei vertici romani del partito non c’è una “componente renziana”. Esistono antiche fazioni che per svariate ragioni negli ultimi mesi sono confluite sotto l’ombrello di Renzi. Ma sono divise tra loro. Bonaccini, non a caso, le ha incontrate separatamente.

Di certo si apre una nuova fase nel Pd sardo. Dopo le elezioni regionali si svolgerà il congresso. La posta in gioco è il controllo del partito. In questo clima il Partito democratico avvia la campagna elettorale più difficile della sua breve storia.

“Il mio – ha detto ancora la Barracciu – è stato un atto di responsabilità per evitare che il Pd, come volevano i capibastone, si spaccasse in due e che fossero in pochi a sovvertire l’esito delle primarie. Potevo oppormi a questo esercizio medievale del potere, non l’ho fatto per rispetto degli elettori, delle regole ma soprattutto della Sardegna, perché in questa situazione una divisione avrebbe spalancato le porte a una sicura sconfitta alle Regionali”. E ancora: “Con questa mia scelta, ho anche dimostrato che quando a fare politica sono le donne, non cercano vendette e tanto meno vogliono far scorrere il sangue. Questo è il mio atto di generosità verso il Pd”.

N.B.

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