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Fondi ai gruppi, l’inchiesta si allarga

Nuovo filone nell’indagine. Aperto un terzo fascicolo per peculato. Giorgio Oppi convocato come testimone. Apprensione nel Palazzo. Una mina giudiziaria sulla strada delle Regionali?

Una spettro che potrebbe rovesciare il tavolo della politica. Una bomba a orologeria sistemata in qualche punto non identificato della strada che conduce alle elezioni Regionali. Da settimane si parla in questi termini dell’inchiesta per peculato sull’utilizzo dei fondi destinati ai gruppi del consiglio regionale.

Di certo, conclusa la pausa estiva, l’indagine – condotta dal pubblico ministero di Cagliari Marco Cocco – riprende. Per l’11 settembre è stato convocato il leader dell’Udc Giorgio Oppi. Ma come “persona informata sui fatti”, cioè come testimone. La novità è che – secondo una cronaca molto informata che appare oggi su l’Unione sarda – la convocazione di Oppi si riferisce a un nuovo fascicolo e a una nuova indagine. Per il momento contro ignoti.

La nuova inchiesta sarebbe la terza sullo stesso tema: i criteri attraverso i quali sono stati amministrati i fondi destinati ai gruppi politici del Consiglio. L’arco temporale della prima indagine è quello della legislatura 2004-2009. L’ambito politico, quello del “gruppo misto”. L’ambito economico è una cifra che si aggira attorno al milione di euro. Per un quarto dei componenti dell’Assemblea sarda: i consiglieri coinvolti – e finiti sotto processo – sono venti (su ottanta): diciotto con rito ordinario, uno (l’ex senatore del Pdl Silvestro Ladu) in un autonomo procedimento che è stato stralciato, e un altro – Adriano Salis,  dell’Italia dei Valori – con rito abbreviato.

L’inchiesta bis è scattata proprio in seguito alle dichiarazioni fatte nell’ottobre del 2012, poco meno di un anno fa, dunque, da Adriano Salis nel corso dell’udienza preliminare. L’esponente dell’Idv – rispondendo alle domande del pm Cocco e del gip Cristina Ornano – sostenne che la pratica di distribruire ai singoli consiglieri i fondi destinati ai gruppi riguardava tutte le forze politiche. Al punto che la quota individuale (che si aggirava attorno ai 2500 euro mensili) era considerata alla stregua di una “voce stipendiale”.

Le dichiarazioni di Salis determinarono non solo  l’apertura dell’indagine-bis (estesa a tutti i gruppi consiliari) ma anche, nel novembre dell’anno scorso, la visita di carabinieri e finanzieri nell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale con l’acquisizione di una montagna di documenti. L’indagine si estese anche alla legislatura in corso andando a toccare un “ambito economico” di una ventina di milioni di euro.

Ma l’aspetto più rilevante della indagine-bis pare essere la modifica della prospettiva della magistratura rispetto alla vicenda. Se la prima inchiesta aveva riguardato soprattutto l’uso “allegro” dei fondi ed era simbolicamente rappresentata dal caso dell’ex senatore Silvestro Ladu che li utilizzò addirittura per rifare la carrozzeria del’auto della moglie, il nuovo filone di indagine riguarda le modalità di erogazione, anche indipendentemente dall’utilizzo.

C’è questa ipotesi investigativa alla base delle voci che si rincorrono dall’inizio dell’estate e che hanno ripreso vigore in queste settimane. Perché se la magistratura arrivasse alla conclusione che era illegale il sistema di distribuzione ‘pro quota’ (col trasferimento del denato nei conti correnti personali) ai singoli consiglieri, il numero degli indagati di estenderebbe enormemente. In sostanza sarebbe stato sufficiente essere all’interno di quel sistema per incorrere nel reato, indipendente dall’uso effettivo fatto del denaro.

Cominciata contro ignoti, l’inchiesta-bis ha avuto una svolta all’inizio dell’estate scorsa quando sono stati indagati l’assessore regionale alla Pubblica istruzione Sergio Milia (Udc), che nel biennio 2009-2010 era segretario del suo gruppo in consiglio regionale, e il segretario in carica, Sergio Obinu. Due settimane dopo è stata la volta dell’assessore all’Ambiente Andrea Biancareddu, del consigliere Alberto Randazzo e dell’ex consigliere Franco Cuccu.

Un nuovo filone, stando a questi nomi, tutto nell’ambito dell’Udc. Così come il terzo (per il momento contro ignoti) di cui si è appena avuta notizia per via della convocazione, come testimone, di Giorgio Oppi.

Ma anche la prima parte dell’inchiesta mosse i suoi passi da uno specifico gruppo (il gruppo Misto, appunto) per poi estendersi. Così il fatto che i nuovi indagati e testimoni siano solo di un gruppo politico, non è sufficiente a tranquillizzare gli altri. Specialmente in questa fase pre-elettorale.

Due giorni fa, un politico esperto e misurato come il presidente dei Rossomori Gesuino Muledda, nel mezzo di un’analisi sulla situazione del centrosinistra, ha inserito una frase che ha fatto saltare molti sulla sedia: “A tutto questo si aggiunge la nota questione dell’uso disinvolto dei fondi dei gruppi, che, pare, non lascia immuni da accuse componenti di tutti i gruppi consiliari di questa e della passata legislatura”.

N.B.

 

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