Caso Kyenge, Floris (Pdl): “E quando danno del nano a Brunetta?”

L’ex sindaco di Cagliari: “Chiediamo la stessa intransigenza quando la Santanché passa per essere una pitonessa e il presidente Berlusconi diventa il caimano”.

Un’ora e un quarto di dibattito, e tutti a rimproverare Roberto Calderoli e a ripetere che il vicepresidente del Senato ha sbagliato a paragonare il ministro Cécile Kyenge a un orango. Ma quando è toccato al Pdl, in Aula è arrivata una sorprendente condanna senza sanzione. «Fermo restando l’inaccettabile frase rivolta a una donna, è altrettanto vero che bisognerà smetterà di dare del nano a Renato Brunetta», riferisce Emilio Floris, unico berlusconiano sardo a Palazzo Madama. Di certo, Pd, Sel, Lista Civica, i socialisti e i Cinquestelle hanno chiesto le dimissioni del vicepresidente leghista. Ma siccome, per regolamento, non esiste una mozione di sfiducia contro un senatore, in Aula non si è votato nulla. Calderoli, piuttosto, dovrebbe fare un passo indietro da solo, è l’auspicio dei colleghi. Insomma, gli insulti contro la Kyenge passeranno in cavalleria, specie ora che si gonfia il caso di Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako rispedita in patria insieme alla figlioletta.

Dunque non ci sarà punizione per Calderoli, assente ieri da Palazzo Madama. Ufficialmente il senatore era impegnato a Milano in un vertice della Lega. Ma probabilmente lo scranno del vicepresidente sarebbe rimasto comunque vuoto. Tant’è: i parlamentari sardi, che pure si erano detti favorevoli all’eventualità di lasciare l’Aula, non si sono dovuti alzare dalle loro poltrone. Calderoli, appunto, non si è fatto vedere.

E se il centrosinistra ha gridato la sua indignazione contro il leghista, la richiesta di dimissioni si è conclusa con un nulla di fatto. Tuttavia, i senatori dell’Isola insistano. Silvio Lai, segretario del Pd sardo, ribadisce: «Condivido parola per parola l’intervento in Aula del nostro capogruppo Luigi Zanda, secondo il quale non si può derubricare a battuta infelice una netta affermazione razzista, uguale a quella che gli emigrati italiani subivano cento anni fa. Aggiungo che per Calderoli non sarà possibile dirigere l’Aula da questo momento in poi».

Sempre in quota democratica non indietreggia nemmeno Giuseppe Luigi Cucca, altro inquilino di Palazzo Madama, alla prima legislatura. «Francamente – sottolinea – le scuse date da Calderoli hanno peggiorato la situazione: non è un buon motivo dire che ha usato l’epiteto orango, perché stava parlando in un comizio». Luciano Uras (Sel) riflette «sull’imbarbarimento italiano: l’utilizzo di un certo linguaggio – dice – è la prova di quanto il nostro sia un Paese in crisi, con sempre meno valori e ideali di riferimento. L’insulto non può essere scambiato per uno strumento di confronto politico».

Con Calderoli assente, Floris non ha potuto dire la sua al collega leghista. «Lo farò appena avrò modo di incontrarlo – ripete l’ex sindaco di Cagliari -. Come ho spiegato ieri, il rispetto umano non c’entra nulla con il governare un Paese». Floris, comunque, sposa la linea del suo gruppo: «Noi chiediamo che la stessa intransigenza espressa contro il paragone tra il ministro Kyenge e un orango, venga manifestata anche quando la Santanché passa per essere una pitonessa e il presidente Berlusconi diventa il caimano». (al. car.)

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