I giudici su Diana (Pdl): “Notevole capacità a delinquere, pericoloso: resti in cella”

«Mario Diana appare come un soggetto dotato di notevole capacità di delinquere, privo di scrupoli, incapace di autocontrollo, indifferente rispetto ai controstimoli al delitto, insomma del tutto irresponsabile e inaffidabile». Quindi, può «riorganizzarsi per reiterare il reato» e «inquinare le prove».

Con queste motivazioni il collegio del Tribunale del Riesame, presieduto da Massimo Costantino Poddighe, ha deciso di lasciare in carcere Diana, indagato nell’inchiesta sui fondi ai gruppi e rinchiuso nel penitenziario di Massama (Oristano) dal 5 novembre. L’onorevole è accusato di peculato e falso idelogico. Ma quello stesso giorno in manette, a Cagliari, finirono pure Carlo Sanjust, altro consigliere berlusconiano tuttora in cella a Buoncammino, e l’imprenditore Riccardo Cogoni, l’unico a cui il Tribunale della Libertà ha concesso i domiciliari.

Sono stati gli avvocati di Diana, Mariano e Massimo Delogu, a presentare la richiesta di scarcerazione, respinta perché «perché il ricorso non ha fondamento». In tutto, sono quindici le pagine dell’ordinanza con la quale il Tribunale sostiene che «deve ritenersi provata, col grado di certezza sufficiente, l’appropriazione di denaro pubblico, amministrato da Diana come fosse cosa propria». Ovvero, personalità dell’indagato e «gravità del quadro indiziario» hanno spinto i giudici a non «assegnare a Diana l’ulteriore credito degli arresti domiciliari».

Per il Tribunale della Riesame, Diana , da ex capogruppo di An e del Pdl poi,  ha costruito «in questa e nella precedente legislatura una struttura di potere, con un modus procedendi scientificamente programmato e sperimentato con successo per tanti anni». All’onorevole di Oristano viene contestata «appropriazione complessiva di 630mila euro», attraverso «spese non giustificate» e «fatture emesse per operazioni risultate inesistenti». Nella lista nera, ecco intanto «la faraonica festa di matrimonio del collega di partito Carlo Sanjust», costata 23.340 euro. Ma anche «l’acquisto delle penne Montblanc (69), degli orologi Rolex (2) e dei libri antichi tramandabili ai suoi figli».

I giudici sono durissimi: «Mentre il Paese e, in particolare la Sardegna, si dibatteva in una crisi economica di rilevanti proporzioni, mentre moltissimi cittadini pativano la mancanza di un lavoro e di mezzi economici, mentre era in atto un drastico ridimensionamento dei servizi pubblici, l’onorevole consigliere, non pago degli emolumenti assegnatigli per la sua alta carica, si appropriava con disinvoltura anche della pecunia pubblica, destinandola anche al pagamento delle bollette di casa sua». Il collegio del Tribunale torna ancora sul banchetto di nozze di Sanjust e scrive: «Nulla si è risparmiato, dato che i soldi non erano i propri».

E se il peculato di cui Diana è accusato si riferisce al quinquennio 2009-2012 (con inizio e fine nel mese di settembre), il falso ideologico è collocato negli anni 2009, 2010 e 2011. «Sulla gestione dei fondi al gruppo – si legge ancora nell’ordinanza – Diana ha presentato rendiconti ideologicamente falsi, al fine di occultare il peculato». Per i giudici del Riesame, davanti al pubblico ministero Marco Cocco, titolare dell’inchiesta, l’onorevole di Oristano «si è dimostrato apparentemente collaborativo», salvo poi «fornire fatture e ricevute fotocopiate solo nel verso e nel nel retro», ma avrebbe anche «omesso di consegnare documenti rilevanti o corretti col bianchetto, al fine di fornire una rappresentazione parziale, fuorviante o falsa della realtà».

Per il Tribunale della libertà, l’ex capogruppo del Pdl è una persona «socialmente pericolosa» che agisce con «modalità spregiudicate, irremovibile determinazione e spregiudicatezza». I giudici ricordano pure «le condotte, tenute congiuntamente col coindagato Sanjust, nei confronti di Alessandro Pusceddu», un dipendente del gruppo Pdl. Stando a quanto si legge nell’ordinanza, a Pusceddu i due onorevoli hanno chiesto conto delle dichiarazioni rese al pm e poi l’avrebbero «intimorito facendogli intendere di avere con gli inquirenti un contatto diretto ad alto livello, grazie al quale loro avrebbero potuto tenere sotto controllo le indagini e magari orientarle in una direzione a loro favorevole».

Adesso l’attesa è tutta per Carlo Amat e Francesco Marongiu jr, legali di Sanjust, su cui ancora si attendono le motivazioni del Riesame. Idem per Anna Maria Busia e Massimiliano Ravenna, legali di Cogoni.

Alessandra Carta

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