La commissione Difesa: “Le servitù portano povertà”. Ma non malattie

Dopo sei mesi di audizioni ecco la relazione scritta dalla commissione Difesa della Camera sugli effetti della presenza militare in Sardegna.

“A differenza di altre regioni, in Sardegna la presenza militare non ha avuto ricadute economiche positive. D’altra parte, quella del poligono è la forma di servitù che porta meno benefici a livello locale e anzi determina un impatto violentissimo sul piano ambientale”. Questo si legge nella relazione della commissione Difesa della Camera dopo sei mesi di audizioni. Ma a fronte di un’analisi economica così netta, l’incertezza è massima sugli effetti che la presenza militare ha per la salute dei cittadini. “Non sono certi – è scritto – i dati sulla situazione sanitaria dei territori che ospitano basi e poligoni“, dunque “è difficile esprimersi sull’impatto dei brillamenti di missili, bombe e ogive di ogni tipo”.

In questo quadro è praticamente impossibile prevedere l’esito della vertenza sulle servitù militari aperta a Roma dal presidente della Regione, Francesco Pigliaru. Infatti: da una parte la Commissione ammette criticità nelle zone che ospitano le basi, ma per un altro verso lo Stato Maggiore e il ministero della Difesa fanno da contrappeso, ribadendo l’importanza strategica dei poligoni, espressa anche nel Libro bianco che si apprestano a presentare.

Oltre all’assenza di benefici di carattere economico, “nel corso della discussione – si legge ancora nel documento – è emersa anche un’emergenza spopolamento che va di pari passo con quella del reddito pro capite delle popolazioni interessate dalla presenza delle strutture militari. In centri come Villaputzu, Sant’Antonio di Santadi e Teulada si registrano indicatori tutti negativi”. E non va meglio ad Arbus. Insomma: non si può affermare, secondo la Commissione che i poligoni nuocciono alla salute, ma le servitù certamente ingenerano una povertà, perché in quegli stessi territori non sono stati trovati modelli alternativi di sviluppo. Tanto che tante persone decidono di andare a vivere altrove.

A un certo punto della relazione, tuttavia, i commissari della Difesa analizzano il caso di Perdasdefogu e di Decimonannu per affermare che i poligoni non portano necessariamente povertà e spopolamento. “Senza l’aeroporto militare, tale comunità non disporrebbe di economie alternative”, sostiene il leghista Marco Marcolin membro della Commissione.

Sulla base di Capo Frasca, nell’Oristanese, è scritto che “sarebbero documentate forti e gravi violazioni delle norme minime di sicurezza dei lavoratori e un’elevatissima incidenza di tumori tra dipendenti sia civili che militari”. In questo caso la denuncia arriva dal deputato Michele Piras (Sel), che precisa: “ Gli operatori coinvolti nelle prime operazioni di bonifica di Capo Frasca hanno contratto tumori a causa del contatto diretto con i frammenti di materiale esploso. Non ci sono, in generale, dubbi che si tratti di area a fortissima contaminazione”.

La posizione di Piras è comunque un caso isolato. Perché andando avanti nella lettura, è scritto che la zona Quirra è senza rischi. “La maggior parte delle attività poste in essere a Quirra – si legge – sarebbero meno impattanti di quelle svolte presso altri poligoni”. Il riferimento implicito è alla perizia del professor Mario Mariani duramente contestata dal pm Fiordalisi nell’ambito del processo sui veleni del Poligono Interforze. Mariani negò il disastro ambientale e attribuì al vento la presenza di uranio e torio. Lo stesso vale per Teulada, nonostante le indagini del pm della Procura di Cagliari abbiano riscontrato quantitivi di torio superiori 20 volte il limite.

Per tornare agli esiti della vertenza aperta a Roma dalla Regione, non va dimenticata la posizione del Governo sulle bonifiche delle aree militari. Questa la conclusione della commissione Difesa di Montecitorio: “La tutela della salute è un prius rispetto all’esigenza di assicurare le necessarie attività addestrative e sperimentali dello strumento militare”. Quindi viene proposta “una rivalutazione sulla quantità e qualità delle attuali servitù militari”. È invece confermata “la validità degli obiettivi della dismissione dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca e la riqualificazione del poligono di Salto di Quirra”.

Nessun accenno invece alle bonifiche delle aree destinate alle esercitazioni militari, disciplinate col decreto legge 91/2014, ma gli emendamenti dei deputati Michele Piras (Sel) e Mauro Pili (Unidos) sono stati bocciati. In base al dl, infatti, le aree militari sono state equiparate alle zone industriali, dove è ‘lecito’ inquinare di più. Quindi anche la non necessità di un intervento straordinario di bonifica.

Quanto al Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, ecco la posizione del Ministero e dello Stato maggiore. “Non si può prescindere – si legge – dalla constatazione che, nel prossimo futuro, persisterà un notevole livello d’incertezza circa i potenziali rischi o minacce alla sicurezza e i tempi cui si potrebbero concretizzare”. Tradotto: le basi servono. Una posizione, questa, ribadita dal ministro Roberta Pinotti e dall’Ammiraglio e Capo di Stato Maggiore Luigi Binelli Mantelli, per il quale “le proposte riguardanti il trasferimento degli attuali poligoni in altre aree del Paese devono confrontarsi con l’alto tasso di urbanizzazione del territorio nazionale, oltre alla tendenza riassunta nella formula inglese not in my back yard”. Letteralmente significa “non nel mio cortile”. E ciò fa pensare che in Sardegna resteranno le basi militari. Non solo: per l’ampliamento di Teulada sono già pronti venti milioni di euro.

Piero Loi

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