Assemblea regionale del Pd, Soru bacchetta gli assenti

L’inutilità delle riunioni di corrente, il mancato rinnovamento, il silenzio delle classi dirigenti, l’incapacità di intercettare le richieste degli elettori: su questi punti si sono focalizzati gli interventi all’Assemblea regionale del Pd, alla quale erano presenti circa duecento persone (compresi 35 delegati, quasi tutti della corrente soriana). Assenti invece le altre due componenti del Pd: i popolari-riformisti di Cabras-Fadda e i renziani e gli ex Ds che formano il gruppo del segretario Giuseppe Luigi Cucca.

“Questa non è una riunione d’area – ha sottolineato l’ex segretario Renato Soru – ma un’assemblea convocata da un presidente autorevole, nel rispetto di una regola che tutela le minoranze: spero che ci siano altre assemblee alle quali prenderò parte anche se convocate dagli altri”. All’hotel “Su Baione” non c’era nessuno dei tre parlamentari sardi eletti col Pd. “Mi dispiace – ha detto Soru – tutti noi abbiamo votato e fatto votare il 4 marzo, questo è stato ripagato con l’assenza”.

Sul segretario Cucca, l’europarlamentare ha detto: “Quando ho appreso di essere un ostacolo per il partito, io mi sono dimesso due minuti dopo, c’è una regola nei partiti: se si perde ci si mette da parte, proprio per facilitare la discussione, ma l’insistenza con cui il segretario dimostra di stare in direzione, sembra fatta per ammazzare la discussione”. Su chi, come Silvio Lai, ha chiesto un rinvio dell’Assemblea per poter promuovere un referendum nei circoli e attraverso l’articolo 13 dar vita a un Pd sardo, Soru ha osservato: “Siamo già il Pd sardo, certo se stiamo a casa dimostriamo di essere solo dei rimestatori che non pensano al bene della politica in Sardegna”.

Tra dieci mesi, ha ricordato l’ex segretario, si vota per le regionali. “Di questi tempi, nel 2014 si facevano direzioni a Oristano per discutere di primarie e candidati, quindi è il caso che il congresso parta prima possibile”. Infine un’analisi del voto del 4 marzo: “Ci siamo dimenticati dei poveri, dei senza lavoro, dei disperati, degli esclusi e dei giovani. Li abbiamo persi di vista. Quindi loro si son dimenticati di votarci”.

“Ieri a Ottana si è tenuta una riunione molto partecipata, ma non ho ancora capito se fosse un incontro di sindaci, del Pds, o della Giunta, o di uno con il 3% che si candida a guidarci tutti con le sue idee folk”, ha evidenziato ancora Soru a proposito della direzione nazionale del Partito dei Sardi celebrata in segno di solidarietà con la crisi dell’area industriale del centro Sardegna. “Ho trovato molto curioso lo slogan ‘mai più divisi’ – ha continuato l’europarlamentare riferendosi al segretario Pds, Paolo Maninchedda – interessante sentirlo da chi ha diviso qualsiasi cosa in cui è stato: eletto col Progetto Sardegna, dopo qualche mese è diventato di destra ed è venuto qui al Nuraghe Losa per dare la bandiera a Berlusconi col Psd’Az, poi stanco di dividersi si è fatto un partito con il quale è in Giunta pur non partecipando ai vertici di maggioranza”. Poi però – ha aggiunto Soru – “ci spiega che lui è stato bravo ad amministrare. Il sindaco di Sennori può testimoniare: quando c’è stato un bando per finanziare le opere pubbliche del Comune, il sindaco è stato finanziato undici volte, e non stupirà che il sindaco di Sennori sia diventato un esponente importante del Partito dei sardi. A forza di sindaci di Sennori uno oggi può pensare di essere grande come un rospo che si gonfia, ma aveva e ha il 3%. Noi speriamo di ripartire dal 15% che comunque è cinque volte il 3%”, ha concluso Soru.

“Io non ho firmato la convocazione ma ho ritenuto di dover partecipare all’assemblea”, ha esordito Dolores Lai, che subito dopo la sconfitta del 4 marzo si è candidata alla segreteria del Pd in Sardegna.

“Il mio è stato un gesto d’impeto e irrituale – ha spiegato oggi – ma perché penso che non sia più accettabile attendere la ritualità di decisioni prese da capi d’area. La mia candidatura serviva a dar voce ai dem che si vogliono mettere in gioco. Il Pd che voglio – ha continuato – è un Pd riformista e di sinistra, laico, coraggioso e antifascista, un partito che garantisca la partecipazione di donne e giovani. Purtroppo a livello regionale la classe politica non si è rinnovata e il nostro partito risulta essere balcanizzato, ancor più di quello nazionale”. Sulla proposta lanciata dai popolari riformisti di un ricorso all’articolo 13 per fare un Pd sardo: “Esiste già, abbiamo organismi indipendenti, e prima di proporre referendum degli iscritti ai circoli, controlliamo se esistono questi iscritti, perché in alcuni circoli ce n’è solo uno”. E poi: “Sono disponibile a confrontarmi con chiunque, ma non farò alcun passo indietro di fronte alle maldicenze e alle minacce più o meno velate di chi mi invita a restare a casa, stavolta sono loro che devono rimanere a casa”.

L’ex deputato Giulio Calvisi ha parlato dell’assenza di un progetto e di un gruppo dirigente, “ma continuiamo ad accumulare ritardo senza guardare alle esigenze di chi non ci ha votato”. Sulla legge urbanistica ha avvertito: “Stiamo attenti a ciò che facciamo, se passa l’idea che si costruisce sulle coste, allora siamo spacciati”. Poi, “dobbiamo sposare la linea del congresso: il silenzio delle classi dirigenti non produce consenso elettorale”.

Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha sottolineato l’inutilità dei tatticismi: “Dobbiamo raccogliere le forze per essere uniti perché chi ci osserva da fuori pensa che siamo matti”. Quindi: “Finiamola con le riunioni d’area, riuniamoci secondo quanto previsto dallo statuto, proprio come stiamo facendo oggi”.

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